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Cavalcare i cavalieri

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Cavalcare i cavalieri

di Marco Carminati
La parola cavaliere evoca un lontano passato ma è allo stesso tempo attualissima. Oggi si è cavalieri se ci si comporta in modo ineccepibile nei confronti del gentil sesso, se si sono accumulati alti meriti nel campo del lavoro, oppure se ci si è distinti in determinate campagne militari (ricordate i cavalieri di Vittorio Veneto?). Gli Stati repubblicani, le monarchie e persino il Papa continuano a dispensare "cavalierati" a chi abbia conseguito meriti speciali. Ma c'è di più: l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, la sovranità appartiene al popolo e al governo – guarda un po' – c'è un Cavaliere. E in Spagna, nelle toilettes, i maschietti sono ancor'oggi invitati a seguire le indicazioni caballeros. Sull'attualità del termine, mi pare, non vi siano dubbi. Semmai, a essere completamente spariti dall'orizzonte sono i gagliardi quadrupedi da cui la parola cavaliere ad evidentiam discende.
Chi vive facendosi delle domande, a questo punto potrebbe chiedersi: ma quando e dove è nato il concetto di "cavaliere"? E come è sopravvissuto attraverso i secoli? E ancora: perché il cavaliere ha perso il cavallo?
Le risposte a tali interrogativi si trovano tutte in una mostra davvero bella, curiosa e a tratti spettacolare allestita al terzo piano della Reggia di Venaria Reale alle porte di Torino, in spazi appena restaurati e destinati alle rassegne temporanee. I curatori sono Alessandro Barbero e Andrea Merlotti, due storici non solo bravissimi e competenti ma anche capaci di tradurre la complessità della storia in racconti semplici, avvincenti ed efficaci, documentandoli visivamente con pezzi originali e di particolare impatto. La mostra di Venaria è un esempio di questa felice attitudine didattica, a partire dallo stesso contesto: scusate ma dove, se non in una magniloquente reggia sabauda, si potevano meglio narrare le imprese mirabili di «cavalier, arme ed eroi»?
Insomma, a Venaria lo spettacolo è assicurato, come pure la possibilità di apprendere cose nuove con facilità, stupore e persino divertimento. La rassegna è volutamente divisa in tre parti. Nella prima si illustra la nascita dei cavalieri, che sorsero subito dopo l'anno Mille come «cavalieri di Cristo», ovvero monaci-soldati a cavallo benedetti dal Papa con l'arduo compito di liberare Gerusalemme e la Terra Santa dal giogo maomettano. In sequenza molto ravvicinata nacquero l'Ordine Ospitaliero di San Giovanni (poi mutato in Ordine di Malta), l'Ordine celeberrimo dei Templari e l'Ordine Teutonico. Nella rassegna statue, acquamanili, polittici, reliquiari, codici miniati e lastre tombali attestano le sembianze di questi potenti monaci-soldati a cavallo, che segnarono fortemente l'immaginario medievale ma che, a un certo punto, caddero anche tremendamente in disgrazia: come accadde agli strapotenti e ricchissimi Templari, che al principio del Trecento vennero processati e annientati in roghi e bagni di sangue. In mostra sono presenti documenti e miniature sconcertanti che attestano questa carneficina. Il concetto di «cavaliere di Cristo» evolve tra Trecento e Quattrocento in qualcosa di diverso. Siamo ora nella seconda sezione intitolata «I cavalieri del re». D'ora in poi sono appunto i re o i duchi a nominare i cavalieri, con lo scopo precipuo di legare a sé in patti di solida fedeltà i nobili e i dignitari di corte e contare su di loro soprattutto in caso di guerre. Alle spade e ai mantelli crociati si aggiungono ora i collari, gli speroni, i tosoni, le giarrettiere (in mostra ne vediamo di preziosi e antichi), cioè le insegne che simboleggiano gli ordini reali e sono al tempo stesso strepitosi gioielli da parata, da ostentare con il massimo orgoglio nelle occasioni ufficiali o nei ritratti (per inciso: il cavallo ancora resiste). Dipinti, mantelli, armature, stemmi, sigilli e persino mobili presenti in mostra ostentano vistosamente le insegne degli Ordini più celebri: l'Ordine di Cristo del re del Portogallo, l'Ordine della Giarrettiera del sovrano d'Inghilterra, l'Ordine del Toson d'Oro, che dal duca di Borgogna passò agli Asburgo di Spagna, l'Ordine danese dell'Elefante e quelli francesi di San Michele e Santo Spirito. Anche le signorie italiane sfornarono Ordini importanti, come il sabaudo Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l'Ordine di Santo Stefano del Granduca di Toscana, il gonzaghesco Ordine del Redentore e il farnesiano Ordine di San Giorgio. Importa sottolineare, a questo punto, che a documentare in mostra quest'eccezionale fioritura di cavalieri ci sono capolavori della ritrattistica di Tiziano e di Rubens, di Mattia Preti e di Goya.
Tra Seicento e Settecento, però, il concetto di cavaliere segna un ulteriore e importante passo in avanti. Adesso si può diventare tali anche senza essere nobili o aver compiuto imprese religiose e militari a servizio del re. Per essere cavaliere basta meritarselo, ovvero basta essersi distinti nelle arti o nella musica, nella letteratura o nella poesia, e oggi aggiungeremmo nell'impegno sociale e nel lavoro. Insomma, fa breccia nella storia il concetto di «cavaliere al merito» (terza e ultima sezione) che Napoleone sintetizzerà nell'istituzione della Legion d'onore. La mostra chiude proprio su Napoleone e sulla sopravvivenza degli Ordini cavallereschi anche dopo il crollo dell'Antico regime (e il definitivo pensionamento dei cavalli). Però è un peccato: forse qualche bella foto dei nostri nonni «cavalieri di Vittorio Veneto» e dei nostri "papi" «Cavalieri del Lavoro» avrebbe meglio rievocato l'attualità del tema, e reso forse più easy il finale della rassegna.
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Per la visitaLa mostra «Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati e cortigiani» è aperta nelle nuove Sale delle Arti della Reggia di Venaria Reale fino all'11 aprile.
La rassegna è curata da Alessandro Barbero e Andrea Merlotti, allestita da Gianfranco Gritella e Stefania Giulio e accompagnata da musiche originali del maestro Nicola Campogrande. In rassegna sono esposte 120 opere tra dipinti, sculture, abiti, armature, gioielli, insegne, manoscritti miniati, su cui spiccano per importanza ritratti di Tiziano, Carracci, Rubens e Goya, accanto a spettacolari gioielli. Il catalogo è edito da Electa.
Info: 0114992333,
www.lavenariareale.it.

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