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Pittor per gioco

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Pittor per gioco

di Ada Masoero Era un pittore della domenica, un artista naïf e sprovveduto, come per anni ripeté, ridendone apertamente, anche la critica più avvertita, o era l'inventore di dirompenti innovazioni formali, come sostenevano i giovani campioni dell'avanguardia parigina (Picasso, Delaunay, Léger, Vallotton...) e i loro sofisticati amici letterati? Era davvero un ometto ingenuo e sprovveduto, o era un astuto ingannatore che creava a bella posta immagini spiazzanti per attirare l'attenzione su di sé? Che Henri Rousseau fosse un mentitore compulsivo, un inguaribile bugiardo lo sapevano bene i suoi amici, ai quali raccontava improbabili storie di fantasmi che lo avrebbero tormentato nel dazio parigino in cui lavorava, piccolo impiegato. Apollinaire racconta di «un fantasma che lo sfotteva, faceva marameo, emetteva venti maleodoranti che gli davano la nausea», e ne sorrideva. Ma lo stesso Apollinaire non dubitò mai dei racconti con cui Rousseau si costruì una storia da eroe nella guerra Franco-Prussiana e di combattente in Messico, dove avrebbe percorso le giungle dei suoi dipinti più famosi. In realtà non era mai stato nell'esercito e tanto meno in Messico, e le sue giungle erano copiate da illustrazioni popolari. Eppure, almeno dal Salon d'Automne del 1905 – quello dello scandalo dei Fauves –, quando espose il monumentale Le lion, ayant faim, se jette sur l'antilope, Rousseau venne posto dagli artisti più avanzati, tutti in cerca di una nuova "verginità" dello sguardo dopo tanto accademismo, fra i padri fondatori della modernità.
Quel dipinto, acquistato nel 1906 dal potente mercante Ambroise Vollard e poi giunto nel 1988 nella collezione di Ernst e Hildy Beyeler, è l'opera intorno alla quale ha preso forma la mostra appena inaugurata nella Fondation Beyeler, nella quale i dipinti del «Doganiere» entrano in risonanza con i capolavori qui conservati degli artisti che lo amavano, esposti a fargli corona nelle sale contigue. I curatori, Philippe Büttner e Christopher Green, l'hanno strutturata con un ordinamento tematico: i ritratti, i piccoli paesaggi francesi e i grandiosi dipinti di giungla. Hanno però rotto talora questo schema, mettendo a confronto opere di generi diversi, per dimostrare i singolari meccanismi – sempre gli stessi, in opere apparentemente diversissime – con cui Rousseau costruiva sapientemente i suoi dipinti. Perché è vero ciò che intuirono da subito i giovani artisti parigini, non meno di Kandinsky, che lo considerava il padre di un «realismo totale» e che acquistò alcune sue opere (una è in mostra), al pari di Picasso (quattro sono qui), di Delaunay, di Soffici e di altri grandi artisti del tempo. È vero cioè che Rousseau fu un raffinato, meticoloso tessitore di composizioni calibratissime, oltreché di armonie cromatiche degne dei maestri del passato (esemplare il cielo color peltro di Vue de Malakoff). I suoi dipinti sono infatti costruiti con artifici che spiazzano l'osservatore, sottraendosi ai codici consueti. Intanto sono quasi sempre bipartiti da un setto che separa l'universo per lui rassicurante della quotidianità urbana, dove anche la natura è ordinata (i suoi lindi giardinetti con le aiuole, i vialetti, gli steccati) dal regno di una natura selvatica e paurosa, cupa e impenetrabile, anche nella sua domestica Francia: un luogo di fantasmi. Lui che nel suo dazio parigino era un guardiano della "soglia" della città, anche nei dipinti si sofferma costantemente sulla soglia simbolica – e allarmante – che divide l'ordinario dall'"esotico", il familiare da ciò che è altro da noi. Non solo, ma a quel disagio somma una sorta di fastidio visivo provocato da altri dispositivi da lui messi costantemente in atto: come l'uso di una finitura laccata, forbita, da pittura accademica, per questi suoi dipinti così "sgrammaticati"; o l'appiattimento artificioso dei piani (poi ripreso dai cubisti); o i deliberati scarti di scala e di proporzioni tra le figure. Oppure i nonsense prospettici e la luce senza ombre: tutti artifici con cui Rousseau crea ad arte un diaframma tra la realtà e la sua rappresentazione, aprendo la strada alla pittura del XX secolo.
1 «Henri Rousseau», Basilea, Fondation Beyeler, fino al 9 maggio. Catalogo Fondation Beyeler. www.beyeler.com

Il personaggio

1 Henri Rousseau nasce nel 1844 a Laval. Frequenta il liceo e si impiega come ufficiale nel dazio di Parigi: di qui il suo soprannome.
1 Nel 1885 espone al Salon des Refusés, poi dal 1886 regolarmente al Salon des Indépendents. Nel 1893 si ritira anticipatamente in pensione per dedicarsi alla pittura.
1 Solo nel 1905 espone nel prestigioso Salon d'Automne. Conosce Apollinaire e Delaunay che, con Picasso, diventano i suoi sostenitori. Da allora conosce un discreto successo. Muore nel 1910.

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