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L'art performance contagia gli artisti

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L'art performance contagia gli artisti

  • –di Riccarda Mandrini

Nati nella seconda metà degli anni '60 del Novecento, sotto il nome di performance si sono raccolti differenti modi di fare arte, spesso connessi alla fisicità più intensa e coinvolgente. Le accezioni storiche comprendevano la Body Art, Land Art, gli Happening e Fluxus.
Le performance aprirono la strada a inediti modelli concettuali, restava però un duplice problema: come documentare e, quindi, conservare il lavoro e anche cosa offrire al mercato, visto che la più parte delle performance in quegli anni si tenevano nelle gallerie d'arte. Si ricorse al perfetto metodo del video. Nel numero di Plus in edicola sabato 6 marzo presentiamo un approfondimento sul mercato di questa forma d'arte.
Oggi la performance, alle quali si avvicinano nuove forme d'arte come ‘le azioni artistiche', registra "una crescita costante" fa notare la gallerista Ida Pisani, e sono entrate a far parte del linguaggio di numerosi artisti che lavorano anche con altri medium.
"La scelta non si basa mai sul fatto se un artista è un performer o meno, gli artisti si scelgono sulla qualità del lavoro" spiega Massimo Minini, gallerista storico che aprì la sua galleria a Brescia nel 1973. "La vera performer che rappresentiamo in galleria è Vanessa Beecroft. Jota Castro realizza sia performance, sia installazioni e Nedko Solakov presenta delle performance soprattutto nei musei" chiarisce.
Ma cosa resta dopo una performance?
"I relitti" continua Minini, "ognuno lascia tracce diverse. Un vero performer è stato Tino Seghal, di cui ho fatto la prima mostra in Italia cinque anni fa. Finita la performance non restava niente. L'opera di Seghal appare tutte le volte che noi la facciamo apparire nominandola. Ma la galleria era completamente vuota.
Nel caso della Beecroft vendiamo le foto, ma il lavoro è rappresentato dalla performance vera e propria e solo chi vi assiste vede il lavoro.
Il collezionista che acquista questo genere di opere in genere è piuttosto idealista e vuole creare una collezione che sia la rappresentazione più evidente degli ‘ismi' del nostro tempo" conclude Minini.

Nell'ex chiesa di San Matteo , a Lucca, il suo storico spazio, per anni Ida Pisani ha ospitato numerosi performer. Nel 2005 ha deciso di aprire a Milano una seconda galleria, Prometeo gallery. "Tra i miei artisti la performer è Regina Galindo - il Museo d'arte Contemporanea di Bucarest presenta una personale dell'artisti, co-prodotta da Ida Pisani -, con la quale lavoro da sei anni. Santiago Sierra, come Anibal Lopez o Alterazioni Video ad esempio realizzano azioni artistiche. Dei loro lavori in galleria espongo fotografie e video. Mi è anche capitato di non esporre niente, perché la performance era troppo legata all'esperienza vissuta. I miei collezionisti" continua Pisani "privilegiano i video e quindi anche le riprese delle performance".

Tra i top performer del momento vi sono Eva e Franco Mattes aka 0100101110101101.ORG (in mostra a PS1 di New York), rappresentati da Fabio Paris nella sua galleria di Brescia.
La copia di artisti lavora nell'ambito delle performance virtuali. "Le Synthetic Performances" spiega Paris "sono sessioni di gioco live eseguite da Eva e Franco Mattes nel mondo virtuale online di Second Life con il tramite dei loro avatar, che riproducono fedelmente il loro aspetto fisico. Il progetto è iniziato con la rimessa in scena di fondamentali lavori di Performance Art degli anni Sessanta e Settanta, come Imponderabilia di Marina Abramovic, Seedbed di Vito Acconci e The Singing Sculpture di Gilbert&George. I Mattes hanno proseguito mettendo in scena le "loro" performance, come I cant find myself either e I know that it's all a state of mind. Così il pubblico può partecipare alle performance live connettendosi al videogioco da ogni parte del mondo" conclude Paris. L'arte si crea insieme al pubblico.

Prezzi delle opere



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