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Forti potenzialità per l'arte africana

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Forti potenzialità per l'arte africana

L'interesse per l'arte africana contemporanea è recentissimo, e arriva con grande ritardo. È da sottolineare subito che esistono due mercati d'arte africana distinti: quello per l'antico, con una lunga tradizione sulle piazze occidentali (Christie's e Sotheby's battono aste due volte l'anno a Parigi e New York), e quello per il contemporaneo, nato negli ultimi anni. Secondo Claude Simard della Jack Shainman Gallery, che tratta arte africana a New York, l'interesse deriva dai recenti studi sull'arte contemporanea nel contesto globale. Secondo Ross Douglas, direttore della fiera Joburg Art Fair, svoltasi il 26-28 marzo scorso, l'attenzione è stata risvegliata da mostre quali «Africa Remix» (itinerante, 2004-07), dalla prima presenza del Padiglione africano a Venezia nel 2007, da Documenta a Kassel – nel 2002 espone George Adéagbo, Benin classe 1942, per poi arrivare nel 2009 a Venezia (i valori delle sue istallazioni arrivano sino a 60mila € da Frittelli arte) – e dal lavoro di musei americani come lo Studio Museum of Harlem. Altre mostre pionieristiche sono state «Les Magiciens de la Terre» al Pompidou (1989); «Africa Explores» al New Museum di New York (1991); «The Short Century» (itinerante, 2001-02); le Biennali di Johannesburg e di Dakar (apre il 7 maggio) e Documenta del 2002 (curata da Okwui Enwezor). Di certo ci sono segnali positivi soprattutto per la pittura, com'è emerso anche all'ultima Joburg Art Fair, ma non esiste ancora un mercato strutturato e, secondo Douglas «un ostacolo rimane l'assenza di musei».
Una spinta allo sviluppo dell'arte attuale – che con i sudafricani William Kentridge e Marlene Dumas registra anche un riconoscimento di mercato – è stata data dal colonialismo che ha dato vita a nuovi generi, che si sono mischiati a quelli tradizionali, e a scuole sotto patrocinio europeo, tuttora influenti. Tra queste, il movimento Oshogbo in Nigeria, la Scuola di Frank McEwen in Zimbabwe, l'Hangar di Pierre Romain-Desfossés in Congo e il Polly Street Centre a Johannesburg. Per i mondiali di calcio in Sudafrica da giugno si attende un flusso di turismo internazionale, di cui potrebbe beneficiarne anche l'arte.
Ma quali artisti osservare? Oggi è molto seguito El Anatsui (375.000-1.200.000 $ da Jack Shainman), che insegna in Nigeria, e in fotografia il Bang-Bang Club. Da tre anni la Joburg Art Fair ha un ruolo primario: quest'anno ha ospitato 23 gallerie, tra cui Michael Stevenson, Goodman Gallery, October Gallery e Ralf Seippel, 400 artisti e 10mila visitatori. Le vendite sono salite del 10-25% rispetto al 2009. Gli artisti più ricercati sono stati Penny Siopis, William Kentridge, Colin Richards, Karel Nel, Johannes Phokela, Zwelethu Mthethwa, Mbongeni Buthelezi, Hasan e Husain Essop e Sanell Aggenbach. Secondo Douglas gli acquirenti sono per lo più internazionali nel caso di artisti noti come Yinka Shonibare, William Kentridge e El Anatsui, mentre gli emergenti sono seguiti dai locali. Sul mercato secondario la prima apparizione è stata nel 1999 alla vendita della collezione di Jean Pigozzi da Sotheby's, che in Sudafrica collabora con la casa locale Stephan Welz & Co. Bonhams ha tenuto la prima vendita a New York il mese scorso con buoni risultati per Ben Enwonwu (top lot con «Dancing Boys» per 91.500 $ e altre 5 opere nella top ten), Bruce Onobrakpeya (record con «Environmental Regeneration» per 42.700 $) e Yusuf Grillo («Sabada» battuta per 57.950 $). Il prossimo appuntamento è da Phillips de Pury a New York il 15 maggio. Tra gli highlights ci sono «Man on Unicycle» di Yinka Shonibare (stima 40-60mila $); «Rimology» di Satch Hoyt (80-120mila $); «J'aime la Couleur» di Chéri Samba (60-80mila $); «Bicycle Kick» di William Kentridge (50-70mila $) e «MS. PU-SE-KAT #1» di Mickalene Thomas (15-20mila $).
Silvia Anna Barrilà
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