di Pia Capelli
I Chapman Brothers sono famosi per molti motivi. Per aver dato volto a tutti gli inferni possibili (futuri e passati), dalle torture naziste alle mutazioni genetiche più morbose. Per aver accostato Eros e Thanatos in un'estetica dell'orrore che non risparmia nemmeno i bambini. Per aver messo in discussione il ruolo "progressista" e didattico dell'arte, arrivando a sostenere che per entrare nelle gallerie e nei musei bisognerebbe superare un test. Per aver (quasi) partecipato alla versione vip del Grande Fratello inglese. Per aver acquistato nel 2003, e poi "sfigurato" in chiave horror, una serie originale di incisioni di Goya. Per aver comprato all'asta gli acquerelli fatti dal giovane Hitler, averli ritoccati e esposti nel 2008 in una mostra dal titolo «Se Hitler fosse stato un hippie saremmo più felici». E quasi nessuno ha ancora visto il lavoro che i due stanno facendo in questi giorni su una tela uscita dalla bottega di Bruegel, in cui ogni personaggio si sta trasformando in mostro, alieno ermafrodita, insetto, cadavere, criminale... Commissionato da un collezionista, è ancora appeso in uno dei loro studi: loro definiscono questo filone «una conversazione con la storia dell'arte, in cui tutto è connesso e eternamente ritorna».
Figure di culto nell'art world, i Chapman sono tra i pochi contemporanei capaci non solo di fare lavori indimenticabili, nel bene e nel male, ma anche di innescare dibattiti filosofici con le loro uscite contro l'Illuminismo, il Darwinismo, il Cristianesimo, la crudeltà mentale dei film di Walt Disney (Bambi in testa).
La loro vena irriverente era già chiara nella mostra «Sensation», del 1997, in cui presentarono una serie di figure efebiche in cui ani, peni e vagine prendevano il posto dei lineamenti. Ma il loro capolavoro, e lavoro ormai di oltre un decennio, è Hell. Enormi teche in cui va in scena un nazismo perpetuo, un'apocalisse senza fine orrendamente comica e terribilmente splatter, in cui si affollano scheletri, crocefissioni e mostruosità in miniatura. La prima versione del 2000, 5mila figurine impegnate in atrocità varie, pagata da Charles Saatchi 500mila sterline, è andata a fuoco in un magazzino nel 2004. Quattro anni dopo, il loro Inferno è ricomparso più potente che mai (e il prezzo è salito a sette milioni e mezzo). Ora ce n'è in lavorazione una versione monumentale, in un grande capannone di East London dove interminabili scaffali di figurine – teschi, cadaveri con caschi nazisti, teste impalate, alberi e scheletri – attendono di prendere il loro posto nelle composizioni.
È Dinos, solitamente il più taciturno dei due, a spiegare che il loro lavoro non ha a che fare né con la provocazione né con il fascino del Male: «Noi riflettiamo il mondo che c'è, deprimente com'è. Questo non è il momento storico di fare dei lavori "carini". Da sempre, poi, l'arte tende a essere più distopica che utopica, la speranza non le appartiene. Per noi anzi è stato scioccante scoprire che il nostro lavoro era scioccante. A noi sembrava estremamente ragionevole. Era il suo momento, del tutto appropriato. Ma in ogni caso abbiamo sempre tenuto in considerazione solo l'opinione di un pubblico molto ristretto. Oggi lavoriamo l'uno per l'altro, per divertirci. Per quanto dark sia il risultato, è sempre illuminato dallo humor».
Ma davvero i Chapman sono convinti che l'arte non sia per tutti? «Diciamo che "elitismo" è una parola parecchio fraintesa. Anche il calcio, o l'arte di disporre i fiori, sono cose per pochi, nel senso che devi conoscerne le regole, sennò come fai a capire? La gente si lamenta perché l'arte contemporanea è "difficile". Ma se gli artisti si appellassero sempre al minimo comune denominatore della comprensione popolare, perderebbe il suo senso».
Loro amano descriversi come persone cordiali e amabili: «Abbiamo delle belle famiglie, non picchiamo i nostri figli, ci piace fare conversazione». Che i Chapman però siano dei "bastian contrari" è evidente. Basta guardare UnHappy feet, l'opera principale di Il sole splenderà brillante sul vostro cadavere marcio mentre le vostre ossa risplendono al chiaro di luna, la mostra personale che li porta a Milano dal 25 maggio al 16 luglio, alla galleria Project B di Emanuele Bonomi. Tutti parlano di surriscaldamento globale? E loro si immaginano un pianeta interamente sottozero, in cui i pinguini (ve li ricordate teneri e sfigati nel film Happy Feet?) risalgono dal Polo Sud in cerca di cibo, e finiscono direttamente al Polo Nord a fare strage di cetacei e orsi polari. La scena è cruenta, balene sanguinolente dilaniate tra blocchi di ghiaccio alla deriva, su cui vagano piccoli orsetti candidi e terrorizzati.
Ma tra tutti questi inferni, quale sarebbe il paradiso personale dei fratelli Chapman? «Una casa col giardino, e nel giardino un albero con appese le teste mozzate dei nostri nemici». Ah, ecco.
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Ragazzi, che carriera!Jake e Dinos Chapman, figli di un professore di storia dell'arte e di una greca cipriota ortodossa (i loro nomi sono le abbreviazioni di Iakovos e Konstantinos), sono due artisti concettuali inglesi. Dinos è nato a Londra nel 1962, Jake a Cheltenham nel 1966. Hanno frequentato entrambi la University of East London e poi il Royal College of Art, dove sono diventati assistenti della coppia Gilbert and George.
La loro collaborazione come team è iniziata nel 1992, e la loro ascesa verso i gradini più alti del successo in patria e all'estero è stata osteggiata in modo accesissimo da una parte della critica britannica, sia per la crudezza dei loro lavori che per le loro posizioni filosofiche anti-illuministiche.
Oggi espongono in tutto il mondo, dalla Tate alla Royal Academy di Londra, dalla Kunsthaus di Bregenz al PS1 di New York, e hanno preso parte a diverse biennali veneziane. Il più piccolo dei loro lavori vale decine di migliaia di sterline, i più articolati superano il milione.
Sono rappresentati, come molti dei loro colleghi della cosiddetta Young British Art (young negli anni Ottanta), da Jay Jopling della galleria White Cube, mentre in Italia lavorano con Project B di Milano, dove li vedremo tra poco in una mostra personale.
Fanno parte delle collezioni pubbliche e private più importanti, Saatchi e Pinault inclusi. Sono noti anche per il carattere scontroso, il che non impedisce loro di apparire nelle cronache mondane: Jake ha sposato la modella Rosemary Ferguson (tra gli ospiti al matrimonio, Kate Moss e gli Oasis) e Dinos la stilista Tiphaine de Lussy.
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