ArtEconomy24

Anti, il buon «repubblichino»

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Anti, il buon «repubblichino»

di Antonio Paolucci
Durante il Ventennio gli intellettuali italiani erano fascisti. In maniera più o meno convinta, più o meno opportunista, ma fascisti. Questo vale anche per i maestri dei nostri studi, per gli eminenti storici dell'arte e archeologi degli anni Trenta. Con la sola eccezione di Lionello Venturi, emigrato in America, e di Carlo Ludovico Ragghianti schedato dal- l'O.V.R.A. come sovversivo e perciò impedito di partecipare, nel 1938, al concorso per ispettori storici dell'arte, tutti gli altri avevano trovato con il Regime un modus vivendi più che soddisfacente. Ricordiamo Giulio Carlo Argan, Roberto Longhi, Ranuccio Bianchi Bandinelli: il ministro Giuseppe Bottai amava circondarsi di consulenti d'altissimo rango. Le cose cambiano radicalmente (e tragicamente) dopo l'8 settembre 1943. Gli intellettuali ex fascisti che si trovavano nella parte d'Italia "liberata" fecero presto a riposizionarsi sotto nuove e più convenienti epigrafi politiche. Per i colleghi rimasti al Nord sotto l'occupazione tedesca e la Repubblica di Salò non fu altrettanto facile cambiare casacca. Chi poteva permetterselo si ritirò a studiare nelle case di campagna in attesa che passasse la tempesta. Chi serviva nelle Università e nella Amministrazione si adeguò con comprensibile mimetismo al nuovo clima. Qualcuno (persone per bene con specchiati curricula e prestigiose benemerenze) fece l'errore di accettare dal Governo repubblichino incarichi di alta responsabilità. Firmando con ciò la sua rovina.
È il caso di Carlo Anti che fu Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti sotto il Governo di Salò dal 17 gennaio 1944 al 25 aprile 1945. Nato nel 1889, era archeologo di riconosciuti meriti scientifici, responsabile di scavi prestigiosi in Libia e in Egitto, autore di una pubblicistica imponente e ancora oggi apprezzata sulla civiltà etrusco-italica e sul teatro greco arcaico. Nel 1922, a trentatré anni, era ordinario di archeologia a Padova e poi Rettore di quella Università a quaranta da poco compiuti.
Avrebbe potuto concludere la sua carriera fra gli onori accademici, gli affetti famigliari e il piacere della ricerca, e invece nel gennaio del '44 accetta l'incarico che il ministro di Salò Biggini gli aveva offerto con insistenza. Si badi che Anti non era particolarmente fascista. Lo erano stati molto di più i suoi colleghi romani, all'epoca già diventati comunisti. Durante il suo servizio di Direttore generale non prese mai la tessera del partito di Pavolini. Eppure alle offerte del ministro di Salò «lo sventurato rispose», verrebbe da dire parafrasando il Manzoni.
Carlo Anti accetta perché i suoi colleghi universitari e soprintendenti lo vogliono a quel posto e quindi lo supplicano di accettare. Hanno bisogno di un referente certo nel caos e nell'anarchia del Governo repubblichino. Accetta perché pensa, in perfetta buona fede, che il patrimonio artistico debba comunque avere una qualche forma di amministrazione. Accetta forse anche per umana vanità, perché lo lusinga l'idea di essere utile alla Patria in circostanze così drammatiche. Certo è che per i sedici mesi dell'incarico, svolge il suo lavoro con minuzioso scrupolo. L'ultima sua missione di servizio è del 23 aprile 1945 a due giorni dalla Liberazione. L'argomento sono le opere d'arte dei musei italiani trasferite dai tedeschi in fuga in Alto Adige.
Dopo la guerra Carlo Anti fu sottoposto al Tribunale delle Epurazioni. Fu per lui un percorso umiliante e penoso. Aveva cercato di salvare il patrimonio contrastando, nella situazione data, i tedeschi e le polizie fasciste, tenendosi in continuo contatto con i colleghi archeologi e storici dell'arte e ora, alla soglia dei sessant'anni, si trovava sottoposto a giudizio, destituito dall'incarico universitario, privato dello stipendio. Lui che non aveva beni di fortuna e che solo di stipendio aveva sempre vissuto.
Naturalmente il processo si concluse con la sua riabilitazione. La onestà e la correttezza di Anti risultarono agli occhi di tutti inattaccabili. Tuttavia, il dovuto risarcimento alla persona e all'opera di un grande studioso che ebbe la disgrazia di trovarsi nel momento sbagliato dalla parte sbagliata, ci viene dai Diari in due volumi che l'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona ha pubblicato per la cura di Girolamo Zampieri. È la storia, documentata giorno per giorno, di un Direttore generale delle Belle Arti nell'Italia della Repubblica Sociale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1 «Diari ed altri scritti di Carlo Anti», a cura di Girolamo Zampieri, Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, Verona, 2 volumi, pagg. 1.664, S.i.p..

© Riproduzione riservata