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Il Macro adesso è al massimo

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Il Macro adesso è al massimo

di Fulvio Irace
Apre alla grande la stagione dell'arte contemporanea romana. Con un'inaugurazione gemellata, il 28 e il 29 maggio si inaugurano infatti contemporaneamente il Maxxi (Museo nazionale dell'Arte del XXI secolo) e il Macro (Museo comunale d'arte contemporanea), i due nuovi super-motori del sistema museale della capitale.
Oltre alla dimensione, un'altra caratteristica mette in relazione i due nuovi musei: tutti e due sono stati progettati da donne di forte piglio e di uguale generazione, la cinquantenne francese Odile Decq (Macro) e l'anglo-irachena Zaha Hadid (Maxxi). Due visitors che propongono un'interpretazione dall'esterno dell'eterno problema che affligge il moderno in Italia: quello di doversi confrontare con l'emergenza di un passato che può essere una risorsa ma anche un peso, come dimostra la non felice soluzione della discussa teca di vetro dell'Ara Pacis dell'americano Richard Meier.
Nel caso del Macro e del Maxxi, il passato non è quello delle illustri radici romane, ma quello più modesto dell'eredità ottocentesca e industriale della capitale (le caserme di via Guido Reni per l'opera della Hadid, l'ex-fabbrica della Peroni per quella della Decq). Tuttavia, il condizionamento ambientale è pur sempre forte e ha posto il problema del raccordo delle nuove architetture con un paesaggio urbano stratificato. Nel Macro il vecchio e nuovo tentano di trovare un accordo consensuale: la nuova ala mantiene in essere le facciate storiche lungo le vie Cagliari e Nizza legandosi con un collegamento fluido al nucleo già operante di via Emilia.
Esponente di una generazione di architetti francesi nati sotto il segno di Nouvel, Odile Decq ha assaporato il gusto piena della notorietà nei primi anni 90 con la Banque Populaire de l'Ouest a Rennes, considerata da molti il manifesto di un programma d'avanguardia realista, capace di mescolare con sicurezza tensioni utopiche e pragmatismo. La notorietà apre le strade ad altri cantieri (la Facoltà di scienze economiche a Nantes, il viadotto di Nanterre, il centro ricerche di Aubervilliers, eccetera) o ad allestimenti specifici, come il Padiglione francese alla Biennale veneziana del 1996 oppure l'installazione HyperTension al Centre Nationale d'Art di Grenoble.
Qui a Roma Odile Decq si trova per la prima volta a dover sperimentare la sua abilità applicata a un contesto vischioso come quello italiano, dove un cantiere dura in media dieci anni e le tensioni della politica si scaricano sul parafulmine dell'architettura in un defatigante processo di stop and go. Alla fine però Odile Decq ce l'ha fatta e non c'è dubbio che Roma si arricchisce di un'opera che non ha solo pretese estetiche, ma soprattutto un desiderio di servire, di funzionare senza creare problemi.
A dispetto della sua mise da dark lady post punk, la Decq non posa da primadonna e neppure da astrale archi-star. Si capisce che il tema del funzionamento della macchina-museo (dagli spazi per gli allestimenti ai depositi per la raccolta delle opere, agli impianti di controllo) le interessi come un tema d'architettura e non un fastidio da evitare. Come ha scritto Michel Vernes nella bella monografia Electa, quella del museo romano è «un'architettura-paesaggio» non «un'architettura-santuario»: un luogo che, dall'atrio-foyer alla terrazza-paesaggio all'ultimo piano, sfrutta la folgorante idea della promenade architecturale di Le Corbusier per istruire una serie di percorsi che, qui a Roma, possono anche sembrare un omaggio a una sorta di Piranesi addomesticato.
Come nel Museo ebraico o nel Reichstag di Berlino, il pubblico del Macro potrà spostarsi lungo rampe, scale, ascensori, passerelle che connettono i piani degli spazi espositivi e delle varie attività promosse dal museo, offrendo in fondo l'esperienza di uno spazio pubblico sempre più raro nelle intenzioni dell'architettura contemporanea.
La nuova ala del Macro viene aperta al pubblico, in anteprima, solo due giorni il 29 e il 30 maggio (previa prenotazione on line obbligatoria: www.macroeventi.org). L'intera nuova ala sarà allestita con importanti opere di artisti nazionali e internazionali per sottolineare le potenzialità degli spazi. L'apertura definita del Macro ingrandito è prevista per l'autunno 2010.
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Tutte le mostre dell'estateL'apertura in anteprima della nuova ala del Macro progettata da Odile Decq coincide con l'avvio del nuovo ciclo di mostre del Museo di Arte Contemporanea di Roma. Dal 1 giugno, nell'ala storica del Macro – quella dell'ex Fabbrica Peroni ora rinnovata cromaticamente e segnata dall'opera permanente di Daniel Buren – saranno presenti installazioni di sette artisti.
Aaron Young offrirà uno spaccato della propria ricerca con la mostra «Slippery When Wet», che comprende video, sculture in bronzo e un'opera a pavimento appositamente concepita per una delle sale del Museo (in concomitanza, l'artista presenterà anche una scultura monumentale al Teatro Marcello).
Creata per l'occasione è anche l'opera Silence Still Governs Our Consciousness di Jacob Hashimoto, una grande installazione di elementi sospesi all'insegna del movimento e della fluidità.
Lo spagnolo Jorge Peris realizzerà un laboratorio per la creazione di un ambiente salino: Micro, Aureo, Adela per sottolineare che il sale è minerale fondamentale per la vita, e dunque bene comune per il consumo umano.
Dal Portogallo arriva João Louro, figura emblematica del presente lusitano, che con la personale «My Dark Places».
Gilberto Zorio, uno dei principali esponenti dell'Arte povera, ri-penserà gli spazi del Macro con una grande opera che metterà in contatto il pubblico del Museo con l'energia del maestro.
Luca Trevisani inaugurerà un nuovo progetto speciale per le pareti curve degli atri che si affacciano sulla hall.
Infine, torna il ciclo espositivo MacroWall con il progetto Eighties are Back! Il primo appuntamento vedrà come protagonista Alfredo Pirri.
www.macro.roma.museum

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