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Quadri da stanza (da letto)

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Quadri da stanza (da letto)

di Marco Carminati
Nessuno dei quadri antichi che vediamo appesi oggi nei musei è stato concepito per un museo. I dipinti erano destinati agli altari delle chiese, incastonati in spettacolari cornici di legno o di marmo, oppure servivano d'arredo alle dimore nobiliari dentro le quali venivano collocati con criteri diversi da quelli delle moderne raccolte d'arte. Ad esempio, venivano appesi a centinaia alle pareti delle Gallerie (lunghi corridoi adibiti al passeggio invernale dei nobili) in modo da saturare tutto lo spazio disponibile. Di queste gallerie completamente tappezzate di quadri esistono ancora esempi intatti a Roma (sono le Gallerie Doria Pamphili e Colonna) e in Piemonte (è la Galleria Borromeo sull'Isola Bella di Stresa). Del tutto scomparsi sono invece gli allestimenti delle stanze più intime dei palazzi come le camere da letto, che pur prevedevano un buon numero di dipinti e di arredi appositamente pensati per esse.
La mostra «Virtù d'Amore. Pittura Nuziale nel Quattrocento fiorentino», curata da Franca Falletti e aperta dal prossimo 8 aprile alla Galleria dell'Accademia e al Museo Horne di Firenze, ci offre l'opportunità di vedere quali fossero i dipinti previsti nelle camere da letto in età rinascimentale.
Diciamo subito che tali camere venivano approntate in occasione delle nozze. Tra gli arredi – oltre ovviamente al letto – erano necessari cassoni e cassettine nuziali, spalliere, immagini devozionali e deschi da parto. Tutti questi arredi (eccetto il letto) venivano mirabilmente dipinti, sovente dai più grandi pittori della città. Nelle camere degli sposi, i cassoni e le spalliere avevano un ruolo predominante: qualche rarissimo cassone s'è conservato intatto (come il Cassone Adimari dell'Accademia di Firenze, dipinto dal fratello di Masaccio, Giovanni Scheggia), mentre assai più numerose sono le lunghe tavole frontali, unici frammenti superstiti di questi mobili da stanza.
Ma quali soggetti si dipingevano sui mobili nuziali? La mostra ce lo spiega con chiarezza. Si faceva, ad esempio, memoria dell'evento riproducendo scene di cortei (come sul già citato Cassone Adimari), di banchetti e di feste nuziali, spesso attualizzando conviti della storia antica, sacra e profana. Questi soggetti, collocati in «chamera», avevano il compito di ricordare agli sposi il fatidico momento del loro matrimonio. Altri temi servivano a sottolineare i pilastri dell'unione: la necessaria virtù delle spose (mai degli sposi), la conoscenza delle gioie e dei pericoli del matrimonio, il rispetto rigoroso dei ruoli maschile e femminile. E c'era persino un vistoso richiamo ai pericoli della «magia», ovvero il potere che i corpi e i gesti femminili esercitavano nell'ambito della vita di coppia. Un potere che andava conosciuto e dominato evocando le storie di caste eroine, di donne controllate e pazienti, di trionfi dell'Amore ideale.
Lo storico Giovanni Villani racconta che a Firenze le madri narravano ai propri figli le storie dei Troiani e dei Romani, convinte che nelle vene dei fiorentini scorresse ancora il sangue dei Cesari. All'orgoglio di appartenere a questa città si univa l'orgoglio di discendere da illustri casate. I mobili nuziali registrano spesso quest'orgoglio, non solo attraverso stemmi e armi di famiglia, ma anche presentando stirpi, battaglie e gesta della storia antica di cui – per traslato – il casato si sentiva erede diretto.
Se, dopo le cerimonie nuziali, gli sposi fiorentini chiusi in «chamera» si erano lasciati andare alla «magia», nove mesi dopo diventava necessario procurarsi un desco da parto. La rassegna ce ne presenta alcuni di forma rotonda o poligonale. I deschi da parto erano suntuosi regali donati alla puerpera in occasione del travaglio. Erano tavole dipinte su entrambi i lati e servivano da vassoi cerimoniali per servire alle mamme i primi alimenti dopo le fatiche del parto. Le scene predilette dei deschi erano le nascite "celebri" di Gesù o San Giovanni. Sul verso, invece, si preferivano immagini beneauguranti di bimbi paffuti, oppure elaborati stemmi araldici.
Dopo aver appreso che cosa fossero i mobili nuziali, è possibile vedere in quale contesto potessero essere collocati. La sezione della mostra aperta nel Museo Horne in via de' Benci serve proprio a questo: a farci toccare con mano l'intatto fascino di una dimora nobiliare del Quattrocento fiorentino dove il tempo s'è fermato all'età d'oro dei mobili nuziali.
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1«Virtù d'amore. Pittura Nuziale nel Quattrocento Fiorentino». Firenze, Galleria dell'Accademia e Museo Horne; dall'8 giugno al 1º novembre. Catalogo Giunti.

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