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Rivoli, nuovo allestimento

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Rivoli, nuovo allestimento

di Ada Masoero
Il Castello di Rivoli cambia volto. E si aggiorna puntando sull'arte più recente. A quattro mesi dal l'insediamento, Andrea Bellini e Beatrice Merz danno un segno forte del nuovo corso che intendono imprimere a quello che è storicamente, il primo museo italiano di arte contemporanea. Possono far conto del resto su una collezione ricca e aggiornata e su un contenitore juvarriano dal fascino intatto: un miracolo incompiuto di equilibrio e misura. Ed è proprio sul rapporto stretto tra la collezione e gli ambienti del castello che ha lavorato Beatrice Merz, a cui si deve il nuovo allestimento museale (titolo, eloquente, «Tutto è connesso»), destinando a ogni artista una sala, con due sole eccezioni: Mario e Marisa Merz, il cui lavoro si intreccia in un'unica, emozionante installazione del 2002, e l'incipit, che vede dialogare il Rivoli Mud Circle di Richard Long con il sofisticato lavoro fotografico di Simon Starling dedicato alla diga svizzera della Grande Dixence e alle implicazioni economiche, fin troppo astute, di cui è motore (il lungo titolo spiega tutto. Ma lasciamo al visitatore il gusto della scoperta).
Del vecchio allestimento sono rimasti il magnifico The sun has no money, 2008, di Olafur Eliasson e le sale permanenti, da Sol LeWitt a Lothar Baumgarten. E una, la stanza di Nicola De Maria, 1985, che era stata scialbata, è stata recuperata e restaurata. Con esse ora dialogano una quarantina di grandi opere del museo mai esposte prima, molte acquisite grazie alla Fondazione Crt, o prestate a lungo termine dagli artisti e dai collezionisti privati: tutte dell'ultimo decennio. Per allestirle Beatrice Merz ha chiamato gli artisti stessi, ottenendo così, anche dove restano lavori già esposti, un'inedita reinterpretazione: accade nella sala di Pistoletto, dove i monumentali specchi del 1990 riflettono opere nuove e più recenti, scelte da lui. E accade nella magica sala in cui Giovanni Anselmo ha riletto il suo Mentre la terra si orienta, aggiungendo una costellazione di blocchi di pietra: ne è nato un lavoro nuovo. Giuseppe Penone ha allestito un'opera, Scrigno, 2008, in cui convivono il cuoio e il bronzo di un suo albero, aperto però a mostrare l'oro della sua "linfa". E Giulio Paolini ha puntato su un lavoro nuovissimo, Detto (Non) Fatto, 2010: lo abbiamo visto all'opera mentre lo montava, obbedendo ai suoi imperscrutabili, perfetti equilibri.
Spiega Beatrice Merz: «Intendevo mostrare come la collezione si sia sempre aggiornata, senza mai perdere di vista, però, né la storia dell'arte né la storia del museo. Molti dei lavori esposti sono opere recenti di artisti che hanno fatto la storia dell'istituzione: ecco perché abbiamo chiesto ad Hamish Fulton e a Mona Hatoum, che avevano avuto qui una personale ma di cui non possedevamo opere, di concederci un loro lavoro. Vorremmo in qualche modo recuperare lo spirito degli esordi, quando Fuchs chiamava a raccolta gli artisti e loro rispondevano generosamente. La collezione è un patrimonio straordinario ma non è immobile; è un organismo dinamico attraverso cui vogliamo continuare a leggere il presente».
Legate dal filo di uno sguardo nuovo, sfilano così le opere mai esposte di Mario Airò, Susan Philipsz, Tracey Emin, Richard Long, Mimmo Paladino, Marzia Migliora; film e video di Tacita Dean, John Bock, Regina José Galindo ed Emily Jacir e le installazioni di Reinhard Mucha, sulla memoria, e di Goshka Macuga, che invita i visitatori a confrontarsi sul tema del potere e della guerra. Altri lavori sono stati riallestiti, come quelli di Gilberto Zorio, Rebecca Horn, Thomas Struth, Massimo Bartolini, Lara Favaretto o l'ulivo di Maurizio Cattelan, mentre all'ultimo piano Marcella Beccaria ha ordinato, con l'artista, una personale di Vito Acconci, attingendo al ricco fondo di film e video del museo, che ne acquisisce ora altri due: tutte opere degli anni 60 e 70, quando Acconci apriva tante strade alle generazioni successive.
Per l'autunno, due nuovi appuntamenti: «Exhibition, Exhibition», dal 21 settembre, ideata dal nemmeno trentenne Adam Carr per la "difficile" Manica Lunga (sei metri per 160 di lunghezza). E dal 3 novembre, un'assoluta anteprima europea con la personale di John Mc Cracken curata dallo stesso Bellini e Daniel Baumann.
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1«Tutto è connesso»; «Vito Acconci. Film=Landscape, Video= Close Up», Castello di Rivoli; dall'8 giugno al 9 gennaio 2011.

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