Il 26 giugno Javier Peres, gallerista di origini cubane fondatore di Peres Project a Los Angeles, ha chiuso la galleria californiana con una mostra di Dorothy Iannone per aprire un seconda sede nel quartiere Mitte di Berlino accanto a quella già esistente a Kreuzberg.
Perché?
Il motivo principale è personale. Dal punto di vista professionale Berlino è diventata così importante che val la pena di concentrarsi lì.
Ha a che fare con il mercato di Los Angeles?
In parte. Avere due gallerie così lontane è caro e nel clima attuale conviene tagliare i costi e concentrarsi dove c'è più attività. Se la galleria di Los Angeles vendesse tonnellate di arte la terrei aperta, ma la realtà è che i miei clienti sono sempre stati sulla Costa est e in Europa. Ho grandi clienti a LA, ma li incontro alle fiere.
Prima di diventare gallerista, lavorava come avvocato. Quando e perché ha deciso di aprire una galleria?
In seguito alla mia visita all'incredibile mostra di Eva Hesse al MoMA di San Francisco nel 2002. Esercitare la professione di avvocato non era mai stata tra le mie intenzioni, ma neanche avere una galleria. Quando ho visto la mostra di Hesse sono rimasto impressionato dalla storia della sua vita e dalla sua morte prematura per un tumore al cervello e ciò mi ha fatto pensare che non volevo morire dietro a una scrivania da avvocato e, siccome colleziono arte da quando ero un adolescente, mi è sembrata la cosa più logica da fare. Senza sapere niente sulla gestione di una galleria, ho deciso che era ciò di cui avevo bisogno e, siccome mi piaceva vivere a San Francisco, ho iniziato lì. Dopo meno di sei mesi ho deciso di spostare la galleria a Los Angeles, dove avevo vissuto prima del college e della scuola di legge, e dove c'era una piccola scena artistica incentrata intorno all'area di Chinatown.
Lei gestisce anche una galleria a Berlino e un project space a New York e Atene. Ci può dire di più sulla sua attività in questi luoghi?
Berlino è stata la mia galleria più importante dal 2005, quando ho inaugurato il mio spazio lì con la mostra "Mein Tod, Mein Tod" di Terence Koh. L'isolamento fisico di Los Angeles dagli altri maggiori centri artistici al mondo, New York e Londra, aveva iniziato a costarmi delle perdite e volevo essere più vicino all'azione principale. Berlino, con la sua posizione perfetta al centro dell'Europa, gli ampi spazi a costi bassi e la sua natura accomodante, era il luogo perfetto. Quindi mentre ho continuato a portare avanti la mia galleria a Los Angeles, è diventato più un project space che una galleria vera e propria. Per quanto riguarda New York, lo spazio, che si chiama Asia Song Society (ASS), era gestito da me insieme a Terence Koh e ci concentravamo su mostre molto sperimentali e spesso eventi che mostravano vari aspetti dell'opera di Terence Koh ma li presentavamo sotto pseudonimo, così che non era chiaro che si trattava del lavoro di Terence. Lui ha continuato a fare mostre al ASS, ma io non sono stato più così coinvolto perché non vado a New York così spesso come facevo prima. Per quanto riguarda Atene, anch'essa è stata un'idea di progetto molto temporaneo. Fondamentalmente ho organizzato grandi mostre in estate, ma duravano solo tre mesi, e in un certo modo era un modo perfetto di trascorrere una lunga vacanza in Grecia e mischiare un po' di lavoro. Parlando seriamente, queste mostre mi hanno permesso di sperimentare nuovamente presentando lavori collaborativi di artisti che rappresento o che mi piacciono e con cui volevo fare qualcosa ma con cui per varie ragioni non avevo fatto a Berlino. Per esempio è qui che abbiamo mostrato per la prima volta grandi progetti di collaborazione tra Dan Colen e Nate Lowman e Agathe Snow and Rita Ackerman.
Lei ha anche un'importante collezione. Quante opere possiede? Quali artisti colleziona? Ci può dare un'indicazione di valore? E attinge dalla Sua collezione per la sua attività di gallerista?
La mia collezione è sempre in mutamento per cui non so esattamente quante opere possiedo, ma le opere di artisti contemporanei sono circa 400-500. Ho anche collezionato outsider art/art brut, così come arte primitiva africana e pre-colombiana, ma da un paio di anni non penso a espandere quelle collezioni. La mia collezione di contemporaneo in questo momento si concentra sugli artisti che rappresento con la mia galleria, Dean Sameshima, Terence Koh, Kirstine Roepstorff, Joe Bradley, Dorothy Iannone, John Kleckner, Dan Attoe, AVAF, Bruce LaBruce, Antonio Ballester Moreno, Mark Flood, Dash Snow, ecc., ma anche artisti quali John Waters, George Condo, Josh Smith, Gardar Eide Einarsson, quindi prevalentemente giovani artisti della mia stessa generazione con qualche eccezione qua e là. A livello di valore, è difficile da dirsi perché non l'ho mai registrato, ma sicuramente vale di più di quanto l'ho pagata.
Lei rappresenta molti artisti giovani ma già di successo, per esempio Terence Koh. Le sue scelte sono anticonvenzionali ma Lei si è fatto un nome come una personalità che condiziona il gusto con consapevolezza critica. Come descrive il Suo programma, e da che cosa si fa guidare nelle Sue scelte?
Il mio programma è sempre stato concentrato su artisti della mia generazione che rappresentino una voce unica e forte. Sono attratto da artisti il cui lavoro è una visione completa, quasi come gli artisti brut, che sono completamente sommersi dalla loro stessa pratica artistica, con poco e addirittura senza riguardo per la pratica di chiunque altro e creano così lavori che possono essere fatti solo da loro e rappresentano il loro luogo e il loro tempo.
Quali sono le forze trainanti della scena artistica contemporanea a Los Angeles? Quali sono i suoi caratteri distintivi? E quali sono le differenze sostanziali rispetto alla Costa Orientale e all'Europa?
La scena artistica a Los Angeles non è tanto una scena, quanto una serie di eventi isolati. Il paesaggio culturale di LA è stato sempre dominato dall'industria dell'intrattenimento con poco riguardo per la cultura materiale contemporanea. Di conseguenza, gli artisti che lavorano a LA hanno veramente sviluppato una forte consapevolezza di sé e una capacità sorprendente di sviluppare la propria pratica artistica con poco e senza sostegno. Persino i musei hanno dedicato poca attenzione agli artisti locali negli stadi iniziali della loro formazione. Ciò è cambiato recentemente con l'Hammer Museum e il MOCA in misura minore. E proprio questo fattore di isolamento mi ha attratto a LA e mi ha portato alla decisione di fare lì il gallerista a lungo termine. New York e Berlino al contrario hanno una scena artistica molto sviluppata, con molte "scuole" in ciascuna città e infrastrutture sviluppate per creare e presentare lavori d'arte contemporanea in una varietà di scenari, dalle gallerie ai musei agli spazi indipendenti. Hanno qualsiasi cosa tu voglia. Quindi è piuttosto difficile confrontare le scene perché sono come il giorno e la notte.
Come si sta sviluppando la scena artistica a Los Angeles? Quali sono gli artisti più promettenti secondo Lei? E quali sono i posti per cercare i nuovi artisti e seguire i nuovi sviluppi dell'arte?
La scena artistica a LA è dominata dalle sue grandi scuole d'arte, Art Center, UCLA, CalArts e le più recenti USC, Irvine e Ottis. La scena artistica in città comincia e finisce in queste scuole, sono veramente i posti migliori per vedere la nuova arte locale. La cosa fantastica di queste scuole è che attingono da un gruppo di talenti da tutti gli Stati Uniti, con nuovi studenti che provengono da tutti i paesi perché queste scuole hanno solitamente ottime facoltà e artisti famosi che risiedono a LA come Mike Kelley, Paul McCarthy, ecc. e inoltre ci sono sostegni generosi per studenti che arrivano da fuori per cui è più conveniente studiare qui che a New York.
Ci sono delle tendenze o scuole? Quali artisti hanno influenzato di più i loro contemporanei o le generazioni più giovani e hanno fatto scuola?
La scena artistica di LA è stata tendenzialmente dominata dall'arte concettuale, dalla performance art e dalla scultura e queste tendenze sono ancora molto sentite dai migliori giovani artisti che lavorano in città.
In che misura l'arte a Los Angeles è stata colpita dalla crisi? E la sua attività di gallerista?
La scena dell'arte contemporanea a LA è molto piccola per cui la crisi non l'ha colpita tanto come in luoghi quali New York o Londra dove la crisi si è sentita veramente. LA non ha mai avuto tonnellate di pubblico che viene a vedere le mostre, quanto meno non da LA, e coloro i quali sostengono la scena artistica vengono dall'industria dell'intrattenimento, che è rimasta piuttosto robusta durante la crisi. Questo è un fatto interessante del mercato artistico di LA, e cioè che è sostenuta e dominata da gente che lavora nell'intrattenimento. Il mio business è sempre stato poco esposto ai collezionisti dell'area di LA, anche quando ho avviato la galleria nel 2003 avevo più clienti in Europa che in LA e ciò non è cambiato. Ho un certo numero di grandi sostenitori nell'area, che hanno continuato gli affari più o meno come al solito, invece abbiamo notato gli effetti più negativi con i nostri collezionisti di New York, della Grecia e di Londra. In altre parti, specialmente in Germania, Italia e Scandinavia, la nostra attività è rimasta ben salda.
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