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Se i padri concettuali quotano meno dei figli

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Se i padri concettuali quotano meno dei figli

Il primo segnale che qualcosa sta succedendo intorno all'arte meno conosciuta degli anni 60 e 70 è arrivato da Frieze: tra le acquisizioni più importanti, quella della Tate di tre opere da 40mila sterline del polacco Jiulius Koller (1939-2007). Segnalato da un giovane connazionale, Roman Ondak, e rappresentato dalla GB Agency di Parigi - Koller è la punta dell'iceberg di un fenomeno di riscoperta critica e di mercato che riguarda un'intera generazione di artisti scomparsi dalla scena maggiore dell'arte, ma considerati veri e propri padri putativi dai giovani autori. Ed è Artissima, in corso in questo week end, nella nuova versione di Francesco Manacorda, a lanciare per prima la sfida in maniera sistematica; una sezione, «Back to the Future», in cui 24 gallerie italiane e straniere, selezionate tra circa 50, hanno proposto una mostra monografica dedicata a nomi gloriosi negli anni 1960-1979, e ora trascurati, se non dalla critica, sicuramente dal mercato. Da Dadamaino a Francesco Baruchello, da Gianni Pettena a Paolo Icaro, questi artisti rappresentano un'anomalia: affacciatisi al successo in un momento storico di grande complessità culturale e teorica, sono diventati figure di culto per poi essere quasi dimenticati e sostituiti dall'arte spesso più immediata e "glamour" dei decenni successivi. «Le ragioni possono essere molto diverse – dice Francesco Manacorda – da quella più banale di una continua ricerca del nuovo da parte di galleristi e collezionisti, a scelte personali che soprattutto in quegli anni spingevano molti a ritirarsi dal circo mediatico e dal mercato per lavorare in isolamento. Ma il fatto che molti di questi nomi non siano mai ricomparsi sul mercato non significa che non abbiano un valore che può essere anche molto stabile».
Perché investire su artisti non più giovani o addirittura scomparsi, spesso quasi assenti dalle aste o poco rappresentati con opere non significative?
Le motivazioni, per Manacorda, sono molteplici: «Rispetto all'investimento su un artista emergente questi sottostimati hanno un margine di sicurezza maggiore perché esiste solo un numero limitato di opere, perché hanno prodotto poco. C'è poi la constatazione che questo momento storico sta attraversando un periodo di forte riscoperta e rivalutazione: sono gli emergenti che sempre più spesso segnalano un artista al proprio gallerista, il quale a sua volta investe notevoli energie e rischia sul suo rilancio. Tra gli esempi più eclatanti degli ultimi anni, mi vengono in mente Agostino Bonalumi e Carol Rama».
La scommessa, per il direttore di Artissima, è creare una proposta unitaria che possa dare una spinta al rilancio di uno dei periodi più fecondi dell'arte dei decenni passati, favorendo, per i collezionisti più attenti, la costruzione di una continuità tra "padri concettuali" e artisti contemporanei. Tra le molte proposte, l'Italia si distingue per la presenza di nomi tutt'altro che "dimenticati": primo tra tutti Gianfranco Baruchello (1924), artista e filmmaker residente a Parigi, riscoperto da Maurizio Cattelan e Massimiliano Gioni con la loro «Wrong Gallery» già nel 2007, che la berlinese Michael Janssen porta con tre opere storiche (1965-1979) da 80mila a 250mila €, prezzi comunque non da poco. Più abbordabili altri nomi del periodo, tra cui Anna Maria Maiolino, performer , videomaker e fotografa italo-brasiliana, proposta da Raffaella Cortese con fotografie che vanno dai 7mila fino ai 45mila € e video dai 22-26mila fino ai 35mila €; o Gianni Pettena, visionario esponente dell'architettura radicale proposto da Enrico Fornello (i prezzi restano purtroppo top secret); Dadamaino, rappresentante dell'arte cinetica e programmatica, vicina al gruppo Azimuth e Manzoni, è offerta dalla galleria torinese Carlino con le tele monocrome note come "volumi" che vanno dai 28mila fino ai 95mila €, mentre Nanni Balestrini, poeta ed artista del Gruppo 63, viene presentato dalla Galleria Giacomo Guidi & MG Art con opere del 1965 e 1966 che vanno dai 3mila ai 20mila €; mentre Massimo Minini partecipa con una grande installazione di Paolo Icaro, dal titolo «Gabbia Pliniominio», al prezzo di 200mila €.
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