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Alechinsky e Constant i suoi sogni nel cassetto

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Alechinsky e Constant i suoi sogni nel cassetto

«Il mio interesse per il gruppo CoBrA si rinnova, dopo un primo avvicinamento negli anni Settanta, cinque o sei anni fa. Mi sembrava un movimento molto trascurato sul mercato con buone occasioni e quadri eccellenti». Così Casimiro Porro, decano delle case d'aste italiane – tra i fondatori di Finarte nel 1959 e nel 2002 padre della Porro & C, casa d'aste per il segmento più alto del mercato dell'arte – comincia a seguire gli autori del gruppo CoBrA in tutte le aste del gruppo Bruun Rasmussen di Copenhagen e della Bukowskis di Stoccolma.
Su quali artisti si focalizzò?
Soprattutto su Pierre Alechinsky, eccentrico rispetto agli altri, meno espressionista e più misurato nel segno e nel colore non violento. Ho cercato spesso di comprarlo in quelle aste, secondo le indicazioni dei cataloghi, offrivo il massimo della valutazione e venivo sempre battuto (oltre i 150mila euro, ndr) così non sono mai riuscito a comprarlo; mi sarebbe piaciuto avere anche un'opera di Anton Constant Nieuwenhuys.
Perché le interessava questo gruppo?
Era una reazione all'Astrazione geometrica e al Realismo socialista, promotrice di un'arte spontanea, che li portò al rifiuto di ogni intellettualismo e dogmatismo teorico a favore della libera sperimentazione di modi espressivi diretti e intuitivi. Seguivo anche Christian Dotremont, l'intellettuale del gruppo, il più sofisticato e meno aggressivo.
Il mercato del gruppo è sempre stato in crescita?
La spinta al rialzo è durata dagli inizi degli anni 2000 fino al 2008, poi il mercato si è fermato per il sopravvenire della crisi economica mondiale e i prezzi sono calati, però contemporaneamente non ho più visto, nelle aste, quadri importanti. Oggi varrebbe la pena di comprare non solo il gruppo CoBrA ma soprattutto gli artisti ante anni '50.
Nella sua collezione personale ci sono opere del gruppo CoBrA?
Non ho dipinti a olio, ma ho un pastello di Asger Jorn.
Tornerà sul gruppo CoBrA?
Su Alechinsky sicuramente.
Cosa colleziona oggi?
Ho osservato bene la crisi, tutto l'informale dopo il grande trionfo degli anni 2000 è un po' regredito e l'interesse va alla contemporaneità più avanzata. Ho convissuto sempre con la contemporaneità dal Trecento ai nostri giorni, e ho avuto molti dubbi, necessari per chi sa giudicare il percorso artistico. Ma resto un collezionista di opere del XIV secolo, colleziono di tutto, dal disegno antico alle sculture di Canova, fino a Wildt, Martini, Della Robbia o Melotti. In pittura prediligo il XIV secolo toscano, riminese, veneto, o i lombardi dal XV al XVII secolo, nella realtà tutto ciò che è un po' straordinario. Ho continuato ad acquistare sempre; questa mia curiosità la devo ai critici con i quali ho lavorato da Carlo Volpe a Federico Zeri, da Giovanni Testori a Giuliano Briganti, da Mauro Natale a Marco Valsecchi. Visitavo con loro raccolte private e mostre e compravo quello che aderiva a una selezione di alta qualità. Della contemporaneità classica colleziono Gianfranco Ferroni, Fontana, Asger Jorn, Cy Twobly e Arshile Gorky: le intuizioni erano giuste.
La sua attenzione ai pittori del nord Europa viene da lontano?
Ho scoperto i pittori nordici negli anni Settanta in occasione di un viaggio di studi nel Nord Europa con Carlo Volpe, che stava terminando il suo libro sulla pittura riminese. Da Amburgo ci spingemmo fino a Copenhagen nella Fondazione Thorwaldsen e nel Museo d'Arte Danese nel Castello di Christiansborg, presso la Fondazione Carlsberg incontrammo Eckersberg e Köbke, grandi maestri, soprattutto il secondo, per la purezza del colore, la singolarità delle prospettive, la scelta dei soggetti. Come pure ho grande interesse per un artista della fine del XIX secolo, Vilhelm Hammershøi, interprete metafisico e simbolista d'interni che anticipa pittori surrealisti come Magritte o del realismo metafisico alla Ferroni.
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