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Così Giotto copiò il paliotto

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Così Giotto copiò il paliotto

Nessuno dei grandi cicli di mosaici e di affreschi a soggetto sacro che vediamo rifulgere nelle chiese italiane furono concepiti dagli artisti. Gli artisti si limitarono, diciamo così, a realizzare storie e idee figurative concepite da altri, e questi altri erano sovente i pontefici, i vescovi, gli abati, i priori, i padri generali degli Ordini, che – affiancati e assistiti da teologi di loro fiducia – stabilivano nei minimi dettagli che cosa dipingere sulle pareti dei luoghi di culto. Era compito loro, ad esempio, indicare esattamente quali episodi della vita di Maria o di Gesù si dovessero selezionare, oppure quali fatti e miracoli di un santo si dovessero evidenziare. E spesso si entrava anche nello specifico di come andassero raccontati i singoli episodi. Pittori e mosaicisti entravano in azione quando le decisioni iconografiche erano prese e le mettevano in figura. Su che cosa si basavano? Senz'altro su meticolose descrizioni verbali o scritte fornite dai committenti; ma, qualche volta, potevano anche contare su modelli, ovvero disegni, miniature o ricami, che contenevano chiare indicazioni su come procedere.
A questa regola non sfuggì, ovviamente, uno dei cicli d'affreschi più imponenti e celebri di tutta l'arte italiana: le Storie di San Francesco nella Basilica Superiore di Assisi. Chi indicò a Giotto (o a chi per lui, visto che la paternità del ciclo è discussa) la selezione di episodi della vita del Santo da rappresentare? E chi indicò come andavano impaginate e realizzate le singole scene?
Sino a oggi si sapeva che la fonte scritta su cui sono basate le storie è la Vita di San Francesco redatta da San Bonaventura da Bagnoregio. Mentre è ormai unanimemente accettato che il committente del ciclo sia stato Niccolo IV, il primo papa francescano della storia, che regnò dal 1288 al 1292. Ma come fece il papa a trasmettere dalla sede di Roma ai confratelli in Assisi gli "ordini figurativi" su cui basare le storie francescane da affrescare sulle bianche pareti della Basilica Superiore?
Chiara Frugoni – notissima studiosa di arte e civiltà francescana – lo ha brillantemente intuito affidando a un saggio le sue intrigantissime conclusioni, degne di un piccola spy story artistica (C. Frugoni, «Gli affreschi della Basilica Superiore di Assisi: su una possibile committenza di papa Niccolo IV», in Arbor ramosa, studi per Antonio Rigon, a cura di L. Bertazzo D. Gallo, R. Michetti, A. Tilatti, Centro Studi Antoniani, Padova 2011, pagg. 215-223).
Vediamo i fatti. Dopo un conclave lungo e travagliato (così lungo e travagliato che un terzo degli elettori fece in tempo a morire prima di vederlo concluso), nel febbraio del 1288 venne finalmente eletto il nuovo papa: era il frate Gerolamo Masci, un francescano, il primo fraticello a sedere sul trono di Pietro. Appena consacrato, il nuovo papa – che si era scelto il nome di Niccolò IV – indirizzò ai confratelli «in Assisio» una bolla piena di affetto, allegandovi un po' di danaro e alcuni preziosi regali, pescati – disse – tra le cose in suo possesso: in particolare, paramenti sacri e argenterie da usare nelle liturgie.
Un anno e mezzo dopo, il 7 agosto 1289, il papa spedì ad Assisi una nuova bolla e questa volta la fece accompagnare da un dono ben più impegnativo, realizzato appositamente per l'occasione: si trattava di uno spettacolare paliotto ricamato con oro e argento, e trapuntato di perle. Dalla bolla si intuisce che la funzione di questo strepitoso aurifrisium fosse quella di ornare il punto più sacro della Basilica, la tomba del santo.
Che cosa raffigurava il paliotto? Ce lo dice un inventario dei beni della Basilica, redatto nel 1388: l'aurifrisium era «ornatum... cum ystoria beati francisci», cioè vi erano ricamate sopra le principali vicende della vita di San Francesco, vicende che il papa e i suoi teologi avevano iconograficamente definite a Roma e poi inviate ad Assisi attraverso il grande ricamo, un oggetto facile da trasportare e destinato ad abbellire ed esaltare la tomba del Poverello.
Attenzione: quando l'aurifrisium venne collocato davanti alla tomba del Santo – siamo nel 1289 – le pareti della Basilica Superiore erano ancora tutte bianche. E qui sta il punto: secondo Chiara Frugoni i soggetti che vennero scelti per gli affreschi delle Storie francescane derivavano direttamente dal paliotto mandato dal papa ad Assisi. In altre parole, il papa usò quel paliotto come "modello" per indicare ai pittori che cosa raffigurare sulle pareti della Basilica Superiore.
Le prove di tale affermazione – racconta Chiara Frugoni – stanno nelle curiose vicende che videro protagonista il paliotto stesso.
Dopo oltre un secolo di onorato servizio, il ricamo di Niccolo IV iniziò a deperire. Già nel 1430 (ce lo dice un inventario) l'aurifrigium pontificio appariva molto compromesso e mancavano all'appello 126 perle, tra grandi e piccole. Al principio del Seicento la situazione di precarietà dovette farsi drammatica visto che il drappo venne spedito a Roma per tentare un restauro.
Evidentemente il restauro riuscì perché a metà Seicento il paliotto non solo esisteva ancora ma, per nostra fortuna, finì al centro di una bizzarra polemica di... sartoria ecclesiastica. Nel 1648 il francescano conventuale Nicolò Catalano si era messo in testa di dimostrare che San Francesco era vestito ab origine con l'abito dei conventuali, contrassegnato dal cappuccio tondo e dalla mantellina sul davanti, e questo in rovente polemica con il frate cappuccino Zaccaria Boverio, che invece sosteneva che Francesco aveva sempre indossato il cappuccio a punta tipico dei cappuccini. Per supportare la bontà delle sue tesi, il frate Catalano aveva fatto incidere da Giovanni Paolo Zampa due scene cavate dal l'antichissimo e malandato aurifrisium di Assisi. Senza saperlo, il frate aveva compiuto un gesto profetico: di lì a poco il paliotto di Assisi sarebbe andato definitivamente in frantumi e quelle due incisioni sarebbero rimaste le uniche testimonianze superstiti del celebre manufatto assisiate.
Ebbene, proprio osservando queste due incisioni Chiara Frugoni è giunta al dunque: la figura del santo nell'episodio della Morte di Francesco, cavata dall'aurifrisium e riprodotta nell'incisione secentesca, corrisponde quasi esattamente al santo riprodotto nella Morte di Francesco e anche nell'Accertamento delle Stimmate affrescati sulle pareti della Basilica. Un indizio troppo potente per non arrivare a un'ipotesi conclusiva: che il paliotto di Niccolò IV, giunto solennemente da Roma ad Assisi nel 1289, possa essere considerato davvero la fonte dell'ispirazione papale per gli affreschi con le Storie di San Francesco, che gli storici più accreditati ci dicono realizzati tra il 1290 e il 1297.
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per approfondire
la basilica di san francesco ad assisi a cura di Giorgio Bonsanti Franco Panini, Modena pagg.1.984| € 990,00
francesco e l'invenzione delle stimmate Chiara Frugoni Einaudi, Torino pagg. 436| € 68,00
le storie di san francesco, guida agli affreschi della basilica superiore di assisi Chiara Frugoni Einaudi, Torino pagg. 198|€ 26,00
vita di un uomo: francesco d'assisi Chiara Frugoni Einaudi, Torino pagg. 172| € 11,00

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