La fuga di Jakob Philipp Hackert insieme al fratello Georg da Napoli, a seguito della proclamazione della Repubblica Partenopea nel gennaio del 1799 e ai moti che portarono al saccheggio della sua residenza, fu abbastanza precipitosa anche se avvenne sotto la protezione del generale francese Rey. Fu questi a consigliarlo di appuntare un coccarda giacobina sul cappello, di radunare armi e bagagli e di imbarcarsi su un brigantino danese per Livorno.
In Toscana, dove poteva contare sull'appoggio dei Lorena presso i quali s'era rifugiata la corte dei Borbone, Hackert acquistò due poderi nei pressi di Firenze, a San Piero a Careggi, non lontano dalla famosa villa di Lorenzo il Magnifico, e s'improvvisò agricoltore provetto piantando vigne, allevando bestiame e rendendo prospera la piccola tenuta. Non per questo trascurò la pittura, anzi, seguendo il suo inveterato istinto per i luoghi solitari e gli incontaminati scenari naturali, out of the beaten track, come dicevano i suoi amici britannici, fece varie escursioni a Vallombrosa puntando quindi verso l'alto Casentino. Il paesaggio toscano delle colline di Careggi gli appariva un giardino troppo sobrio, ordinato e produttivo per ispiragli visioni grandiose e sublimi.
Dopo la citazione di Milton nel Paradise Lost, «le foglie di Vallombrosa» erano diventate una tappa obbligata per i forestieri di passaggio a Firenze. Inoltre l'abbazia vallombrosana s'era trasformata da qualche anno in una sorta di atelier en plein air dove lavoravano soprattutto i pittori francesi, da Fabre, a Gauffier, a Castellan. Ma il fiuto di Hackert è impareggiabile e, anticipando quello che diventerà un itinerario di culto, scavalca il passo della Consuma e s'inoltra nel Casentino, «la valle chiusa», come dice il nome, e allora relativamente remota. La sua meta sono due santuari sulle propaggini dell'Appennino, quello benedettino di Camaldoli e quello francescano della Verna, santuari della fede ma anche della natura. Lo scrive a Goethe in una lettera del maggio 1803: «Vallombrosa, Camaldoli e la Verna sono posti che forniscono molti motivi della bella e selvatica natura e mi sento ringiovanire quando li dipingo col massimo piacere». Dice ancora di aver fatto «migliaia di disegni» e in ogni caso la sua pittura raggiunge vette di grande livello, specie nell'ultima delle tre tappe, quella francescana della Verna dove s'impone il volto primigenio della natura e dove dipinge due straordinarie Grotte di San Francesco (musei di Francoforte e di Essen). La grotta è per altro un tema iconografico ricorrente nell'opera di Hackert, nella sua ombrosa cavità essa rappresenta infatti l'altro volto di una pittura dedita alla dilatazione luminosa di un vedutismo topograficamente celebrativo.
Quello espresso da Hackert alla Verna è un sentimento che viene messo in evidenza dai viaggiatori di quegli anni. Uno di essi, lo scozzese Joseph Forsyth, autore del più bel viaggio in Italia prima della Restaurazione (il giudizio è di Henry James), ne da una visione straordinaria: «Qui regna il volto terribile della natura: una montagna rocciosa, una rovina degli elementi frantumati, dilaniati e ammassati in sublime confusione, precipizi coronati a sommo da boschi annosi e oscuri, nere fenditure nelle rocce dove la curiosità rabbrividisce alla sola idea di sporgersi, caverne spiritate cui le croci conferiscono rinnovata santità, lunghe scale scolpite nel vivo sasso che riportano alla luce del giorno». Proprio come i due visitatori del dipinto di Essen, un uomo e una donna preceduti da uno scodinzolante cagnolino, che escono dalla grotta stralunati e accecati dalla luce.
Non sorprende quanto aggiunge Forsyth concludendo la descrizione della Verna, dov'è di passaggio nel 1804: «Questo scenario si trova ora a disposizione del pennello di Philipp Hackert, il prussiano che il riflusso dell'arte ha condotto dalla terra dei Vandali a deliziare l'Italia con i suoi paesaggi». Se avesse potuto vedere gli scenari dipinti da Hackert sul sacro romitorio francescano, il nostro viaggiatore sarebbe stato più cauto nel decantarne le delizie, dimenticando le croci.
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Il fascino del viaggio dal mito al rito. Lo spirito del luogo nell'attività editoria di Banca Etruria. Incontro con Attilio Brilli e Marco Carminati, 24 settembre (ore 11), Palazzo Re Enzo, Sala del Capitano
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