Gli piace andare per funghi e allevare rare specie di uccelli canterini, ha organizzato concerti di musica congolese e spettacoli teatrali, è laureato in agronomia e specializzato in fitopatologia e comunicazione olfattiva tra gli insetti. Chi però lo ha seguito nel mondo dell'arte si è dovuto lanciare su scivoli coperti per centinaia di metri, dormire su letti rotanti all'interno di musei, accettare di vedere il mondo all'incontrario, attraversare corridoi luminosi da cui si esce sbandati e con un senso di nausea.
Carsten Holler (1961, Bruxelles) fa parte di quel gruppo di artisti eterogenei, emersi negli anni Novanta, che sono andati definendo l'arte come pratica della convivialità, creando una sorta di sovrapposizione fra l'arte e la vita. Insieme a lui Rirkrit Tiravanija, Philippe Parreno, Dominique Gonzalez-Foerster, Liam Gillick, Maurizio Cattelan, Angela Bulloch, Douglas Gordon, Pierre Huyghe e Jorge Pardo. Dopo i neo-movimenti degli anni Ottanta, puntavano a creare degli spazi di collaborazione aperti, sia fuori che dentro i musei e le gallerie. Non a caso il critico francese Nicolas Bourriaud li ha presi a modello della sua Estetica relazionale (1995) organizzando poi una mostra che ne esemplificava le nuove pratiche, «Traffic», nel 1996 al CAPC di Bordeaux, mentre più recentemente «Theanyspacewhatever» al Guggenheim di New York (2008) ha tentato di storicizzare questo che non si può definire un movimento, ma che sicuramente è stata una tendenza importante nel passaggio al nuovo millennio.
Holler proviene da questa esperienza e per lui la convivialità significa soprattutto creare un gioco in cui includere lo spettatore, un test percettivo che capovolge ogni sicurezza, provocando instabilità e spaesamento. Come nella grande sala al Macro di Roma dove, per la quinta edizione del Premio Enel contemporanea, installerà due enormi giostre colorate che muovendosi lentamente in direzione opposta, daranno l'impressione di una realtà rallentata, dove si perdono le coordinate del tempo. Questo moto rotatorio, costante e inutile fa pensare a Duchamp, e infatti l'artista stesso definisce le giostre un ready-made, ma le linee visive incrociate che decorano la stanza, insieme alle luci intermittenti dei due caroselli, rimandano invece a un'altra storia, quella dell'arte cinetica e del suo desiderio di dare evidenza a una realtà allucinata e stroboscopica, qualcosa insomma che agisce sui nostri sensi creando una sorta di estraniamento dal reale.
Ad aumentare questo senso di disorientamento, la sala sarà infatti ricoperta da una carta da parati che riproduce l'illusione di Zollner, un tipico esperimento percettivo per cui delle linee che noi crediamo parallele appaiono invece diagonali e, come Holler ci promette, seduti sulla giostra in azione ci sembreranno anche muoversi come scale mobili, ribaltando i ruoli della logica e della visione. Niente di nuovo o meglio, lo sono le due giostre che, comprate da vecchi luna-park e modificate per l'occasione, rimarranno nella collezione del Macro grazie a Enel. Ma negli anni Holler ci ha abituati al suo mondo illusorio fatto di esperimenti di ogni tipo e a quelle sue macchine che chiama "della confusione". Lui, infatti, è convinto che solo quando proviamo un senso di vertigine possiamo scardinare le nostre convinzioni, aderendo a una realtà in cambiamento costante dove lo spazio d'arte diventa un laboratorio dell'umano. Ci ha fatto stare sotto enormi funghi rotanti capovolti, attraversare non troppo indenni tutti e quattro i piani della Tate Modern su scivoli ripidissimi, indossare occhialoni che alterano la percezione spaziale, facendoci sentire letteralmente ubriachi, galleggiare in piscine d'acqua fino ad andare alla deriva e ora, nella mostra in corso fino al 15 gennaio al New Museum di New York, si può provare tutto insieme in un'unica "Experience". Che poi forse oggi, è il caso di dirlo, l'arte di Holler non è più nemmeno un artifizio. Se i dubbi, le perplessità e l'incertezza di questi giorni non ci bastassero, il video che l'artista sta girando oggi a porte chiuse al Macro mostrerà 50 coppie di gemelli monozigoti alternarsi sulle giostre, come a dire che niente in fondo è così casuale e la realtà non è che un insieme di elementi che devono essere ricomposti dallo spettatore-manipolatore. Gambe in spalla: facciamo parte di un grande esperimento e speriamo che vada a buon fine.
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Carsten Höller. Double Carousel with Zöllner Stripes, Roma, Macro, dal 2 dicembre al 26 febbraio 2012; info: enelcontemporanea@enelaward.com
il personaggio
Nato nel 1961 a Bruxelles, Carsten Höller concepisce l'arte come strumento cognitivo e utilizzando il disorientamento come caratteristica imprescindibile della maggior parte dei suoi lavori: dai funghi rotanti appesi ai cinque scivoli in acciaio Test Site. Vive e lavora a Stoccolma e ha rappresentato la Svezia alla 51ª Biennale di Venezia.
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