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India Art Fair, il contemporaneo indiano cerca sponde in Occidente

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India Art Fair, il contemporaneo indiano cerca sponde in Occidente

  • –di Silvia Anna Barrilà

Un'opera del pakistano Rashid Rana (1968) è stata tra le prime ad essere vendute all'India Art Fair , la fiera per l'arte indiana contemporanea già nota come India Art Summit, la cui quarta edizione si è appena conclusa a Nuova Delhi (26-29 gennaio).

Gli organizzatori, guidati dalla direttrice Neha Kirpal, tirano le somme e si dicono soddisfatti: l'80% delle gallerie ha riportato vendite d'arte non solo indiana, ma anche internazionale con prezzi a partire da 55mila sino a superare i 6 milioni di rupie (circa 850 € e 90mila €). Molto richieste le installazioni, le fotografie e i video. Hanno partecipato 91 gallerie di cui più della metà indiane, tra cui le major Nature Morte, Vadehra Art Gallery e Gallery Espace da Nuova Delhi, Experimenter da Calcutta e Gallery SKE di Bangalore. Mentre dall'estero sono arrivati dealer importanti come White Cube e Lisson da Londra, Arndt da Berlino e Krinzinger da Vienna. Solo una galleria a rappresentare l'Italia: Continua da San Gimignano, sempre attenta ai mercati non occidentali. "Le gallerie hanno anche acquistato opere l'una dall'altra - dicono gli organizzatori - alcune si sono offerte di ospitare mostrare di artisti dei colleghi".

Un artista molto scambiato è stato lo scultore Ravinder Reddy che, secondo l'"Hindustan Times" , è stato l'artista più esposto in fiera. Il "Daily Mail" , invece, ha riportato vendite di opere di Barthi Kher da Hauser & Wirth per un price range di circa 100mila-150mila €, di Sanjay Sundaram (circa 4.000-4.300 €) e Princess Pea (circa 3.000 €), mentre non ha trovato acquirente - sempre secondo il quotidiano inglese - l'opera "Green Black" di Anish Kapoor (circa 710mila €).

Tali tentativi di creare nuove alleanze globali dimostrano le aspirazioni internazionali della fiera e dell'arte indiana contemporanea. Anche l'Art Institute di Chicago ha annunciato in questi giorni una partnership con il governo indiano che ha sponsorizzato 500mila dollari per sostenere un programma di scambi della durata di quattro anni tra lo staff del museo americano e professionisti dei musei indiani. È la prima volta che un museo americano riceve una sovvenzione dall'India. Anche da parte di altri musei internazionali non manca l'interesse nei confronti dell'India. Tra i 26 musei in visita c'erano la Tate, il Guggenheim , il New Museum , il Pompidou , il MoMA e il Singapore Art Museum.

Uno degli acquirenti più vivaci è stato il Kiran Nadar Museum of Art di Delhi , un museo privato inaugurato durante l'edizione dell'India Art Fair dell'anno scorso da Kiran Nadar, moglie del barone della tecnologia, il miliardario Shiv Nadar.

Altri collezionisti presenti erano Guy Ullens, che dopo aver abbandonato il focus sull'arte cinese si è dedicato all'arte indiana, lo sceicco del Qatar Hassan Bin Mohamed Al Thani e, naturalmente molti nomi indiani come Vineet Jain, uno dei due fratelli alla guida del gigante dei media Bennett & Coleman , Shobna Bhartia, presidente dell'Hindustan Times, Amrita Zaveri, Shalini Passi e molte altre personalità del mondo del business e dell'arte indiana.

Tra gli italiani c'era Antonio Stellatelli, collezionista di Monza che, dopo aver collezionato arte italiana e cinese, acquista ora arte indiana. Un libro su questo segmento della sua collezione è stato presentato durante la fiera all'Istituto Italiano di Cultura di Nuova Delhi .

"Un nuovo trend è interessante: molte gallerie hanno riportato vendite e commissioni da parte di compagnie private" dicono i portavoce della fiera. Il fenomeno è stato molto discusso anche dalla stampa economica indiana, soprattutto dopo che FICCI , la Federazione delle camere del commercio e dell'industria indiana, ha pubblicato un rapporto sul mercato dell'arte in cui si dice che il valore del mercato artistico indiano ammonta a 400 milioni di dollari e sta crescendo del 25% all'anno. Inoltre FICCI ha costituito la National Committee on Art and Business of Art con il fine di impegnare l'industria nel sostegno dell'arte in questo momento di crescita del settore. Per raggiungere questo scopo la commissione ha raccolto una serie di consigli su come migliorare le politiche fiscali e legislative. Tra le raccomandazioni la commissione segnala la necessità, avvertita da molti galleristi anche internazionali, di abolire i dazi e le tasse sull'importazione di opere d'arte e uniformare l'Iva sull'arte in tutte le regioni della nazione all'1%.

E che il mercato dell'arte indiana non sia solo rose e fiori emerge anche dall'ultimo rapporto di ArtTactic (novembre 2011), la società di ricerca sul mercato dell'arte con sede a Londra. Secondo ArtTactic la fiducia nel mercato indiano è scesa del 28% con la crisi economica, ma è rimasta comunque stabile rispetto ai valori di aprile 2011. È il comparto moderno a reggere meglio - l'indicatore della fiducia è a 78 (sul valore medio di riferimento pari a 50), sale dell'1% rispetto all'ultima rilevazione -, mentre quello del contemporaneo è a 52 ma è stabile, dopo essere sceso del 10,8% tra maggio e ottobre 2010. Il barometro del rischio, invece, è salito del 10%, il che è dovuto ai timori che il mercato delle aste non sia in grado di mantenere i livelli raggiunti nel 2009-2010. È interessante notare che Rashid Rana è la star anche nel rapporto di ArtTactic, posizionandosi al primo posto nella classifica della fiducia nel settore contemporaneo (a maggio era al 5° posto, il suo mercato è cresciuto del 18%). Accanto a lui, gli artisti indiani contemporanei più presenti sul mercato internazionale sono Jitish Kallat, Bharti Kher e N.S. Harsha, e ciò viene attribuito al fatto che sono rappresentati da gallerie internazionali come Lisson, Haunch of Venison e Hauser & Wirth.



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