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Leonardo nel blu dipinto di blu

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Leonardo nel blu dipinto di blu

Gli antichi dicevano: ars non habet inimicos nisi ignorantes, l'arte non ha nemici se non gli ignoranti. Oggi aggiungerebbero un nemico in più: la fretta. I milioni di visitatori che si catapultano al Louvre esclusivamente per assieparsi pochi minuti davanti alla Gioconda (e guai ad essere più bassi della media, fa notare spiritosamente Philippe Daverio) che cosa vedono e che cosa comprendono di questo quadro super famoso? Poco o niente. Ma allora, che cosa si dovrebbe fare per rendere accessibile a tutti la Monna Lisa? La ricetta è semplicissima. Innanzitutto la Gioconda andrebbe restaurata: non è galante dirlo ma la Monna Lisa è terribilmente lercia. E poi, una volta ripulita, la gran dama andrebbe messa al centro di una mostra-dossier che andasse a illustrare con chiarezza tutte le possibili chiavi di lettura del dipinto. Ne verrebbe fuori una rassegna davvero "epocale", e i visitatori uscirebbero dal Louvre – per la prima volta dal giorno del big bang – pienamente consapevoli del «quadro più famoso del mondo».
La cosa singolare è che il modello di come andrebbe fatta questa mostra è già sotto gli occhi di tutti in questi giorni, e proprio dentro le mura del Louvre. L'Ala Napoleon del museo parigino ospita infatti, fino al 25 giugno, una spettacolare rassegna-dossier dedicata alla Sant'Anna Metterza, altro supremo capolavoro di Leonardo da Vinci conservato al Louvre e regolarmente messo in ombra dalla star parigina.
La mostra della Sant'Anna scaturisce dal restauro dell'opera, iniziato nel 2010 ed affidato alla restauratrice italiana Cinzia Pasquali (formatasi all'Icr di Roma) con un immancabile strascico di scoppiettanti quanto inutili polemiche. Diretto da Vincent Pomaréde (responsabile del settore pittura del Louvre) e supportato da un comitato scientifico di venti esimi leonardologi (uno, italiano, è Pietro Marani), questo restauro ha fatto discutere perché, nel bel mezzo dei lavori di pulitura, due membri del comitato scientifico, ovvero Jean-Pierre Cuzin (ex direttore del dipartimento di pittura del Louvre) e Ségolène Bergeon Langle (già responsabile del servizio restauri del Louvre negli anni Ottanta) hanno platealmente dato le dimissioni. Motivo? Per protestare contro i metodi di pulitura a loro avviso «troppo spinti», che certamente avrebbero esaltato i colori del quadro, ma a scapito – dicono – dei sottissimi e fragilissimi strati di "sfumato" stesi da Leonardo.
Il Louvre assicura che nulla di tutto ciò è avvenuto, e ora che il quadro è sotto gli occhi di tutti appare evidente che l'alleggerimento dalle vernici ingiallite (quelle che affliggono mortalmente anche la Gioconda) ha ridato alla Sant'Anna una nuova luminosità e una nuova dimensione spaziale. Le figure sono tornate a manifestare un aspetto scultoreo, i dettagli di natura (come le pietre in primo piano o il vello dell'agnello) hanno ritrovato una potente dimensione di verità. Per non dire dei colori del quadro, tornati a risplendere: i rosa degli incarnati, i rossi delle vesti, i blu lapislazzulo dei manti, i differenti verdi della vegetazione e il colore indefinito dell'atmosfera, tra l'azzurro-blu e il grigio, che modella le montagne e pervade il cielo sullo sfondo. Osservare il quadro adesso è, francamente, un'emozione.
Attorno al dipinto restaurato si dipana la rassegna, curata da Vincent Delieuvin. Si tratta di una mostra-dossier coi controfiocchi, di sorprendente ricchezza e completezza, che vede presenti nelle sale, oltre al quadro protagonista e al grande cartone con il medesimo soggetto eccezionalmente prestato per l'occasione dalla National Gallery di Londra, altri ben 130 numeri di catalogo, tra dipinti, disegni, sculture e preziosi documenti d'archivio. Tutte opere selezionate dai musei e dagli archivi di mezzo mondo e convocate a Parigi per raccontare in sintesi due grandi storie: la genesi e l'esecuzione del dipinto e la sua incredibile influenza attraverso i secoli.
Tra il 1500 e il 1501 (alcuni documenti d'archivio presenti in rassegna lo confermano) Leonardo si impegnò a Firenze a elaborare la scena di una Sant'Anna Trinitaria o Metterza, cioè «messa per terza» dopo la Vergine e il Divino Bambino. Tale elaborazione, che fu lenta, complessa e quasi faticosa, gli fece produrre un discreto numero di schizzi progettuali con diverse varianti, di disegni preparatori di singoli dettagli e un grande cartone che attirò subito l'attezione dell'intera comunità artistica fiorentina dei primissimi anni del Cinquecento. Attraverso i disegni e i cartoni (tutti spettacolarmente presenti in mostra) Leonardo elaborò varianti del soggetto, un tema iconografico oggi semidimenticato ma allora di gran moda sia in Italia che nel Nord Europa, come dimostrano dipinti, sculture e smalti coevi chiamati in rassegna. Il primo quesito (che però la mostra non riesce a risolvere) è per chi Leonardo abbia concepito questo quadro. Il committente fu il re di Francia Luigi XII? Oppure furono le Magistrature fiorentine che lo commissionarono per la Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio a Firenze? Mistero, le carte d'archivio per ora tacciono caparbiamente.
Niente paura. Ci sono altre entusiasmanti piste di indagine da percorrere. Ad esempio la genesi del quadro e le sue varianti. Gli studi di insieme, le possibili diverse soluzioni compositive e i successivi studi per i singoli dettagli della composizione (con disegni mirabili di putti, teste, mani, piedi, panneggi, alberi e paesaggi) documentano il lento e tormentato processo creativo dell'opera, che subito venne recepito come tale dai grandi artisti coevi a Leonardo e gravitanti su Firenze in quegli anni, come Raffaello Sanzio, Michelangelo e Fra Bartolomeo (tutti presenti al Louvre con opere molto significative), così come i primi esponenti della maniera fiorentina, Pontormo in testa. Il cuore della rassegna è segnato dal confronto ravvicinato tra il cartone di Londra e il dipinto di Parigi, a evidenziare il potente sforzo creativo che venen messo in campo per "fabbricare" un'immagine destinata a passare alla storia.
Leonardo optò per la soluzione che corrisponde al quadro di Parigi, ma si guardò bene dal portare a compimento l'opera e dal consegnarla al suo misterioso committente. La Sant'Anna Metterza – come anche il ritratto di Monna Lisa – rimase sempre di proprietà di Leonardo, il quale ogni tornava a prenderla in mano e vi apponeva qualche colpo di pennello.
Quando Leonardo si rimise in viaggio per Milano nel 1508, la Sant'Anna Metterza faceva parte del suo bagaglio. Lo sappiamo (e lo mostra ce lo conferma) perché a Milano il soggetto del quadro venne preso letteralmente d'assalto dai pittori della scuola locale, i cosiddetti Leonardeschi, che produssero copie e varianti in grande quantità. Le varianti prodotte dai pennelli di Bernardino Luini, Cesare da Sesto e Andrea Solario spiccano per qualità esecutiva, ma la mostra non ha paura di documentare anche gli epigoni della fortuna milanese del soggetto, attraverso quadri di oscuri maestri anonimi, francamente non troppo attraenti.
Gli ultimi anni di vita Leonardo li trascorse in Francia. Tra i quadri portati con sè nel suo ultimo viaggio c'è anche la Sant'Anna. Il 10 ottobre 1517 il cardinale Luigi d'Aragona, in viaggio per la Francia, fece tappa ad Amboise e volle far visita a Leonardo da Vinci. L'incontro tra i due avvenne in casa del maestro ed è documentato da un celebre passo del diario di Antonio De Beatis, segretario del cardinale (il diario è esposto in mostra). Racconta il De Beatis che a un certo punto della visita Leonardo mostrò al porporato tre suoi quadri: la Gioconda, il San Giovanni Battista «et uno de la Madonna et del Figliolo che stan posti in gremmo di Santa Anna».
Leonardo non riuscirà a portare a compimento la Sant'Anna che rimase quindi incompiuta al momento della morte, sopraggiunta nel 1519. Il restauro di Cinzia Pasquali ha confermato pienamente lo stato di incompiutezza dell'opera. Non si è potuto invece risolvere il nodo storico di come il quadro sia giunto nelle collezioni di Francesco I. Fu lasciata da Leonardo all'allievo Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì e da questi venduta al re di Francia? O le cose sono andate diversamente? Anche in questo caso, le carte d'archivio non offrono chiarezza. Ciò che è evidente, invece, è che gli artisti italiani giunti poco dopo in Francia come Andrea del Sarto, e molti artisti operanti nel Nord d'Europa (da Joos van Cleve a Michel Coxcie) dimostrano di conoscere bene il quadro, offrendone ulteriori varianti.
L'ultima grande riscossa della Sant'Anna avvenne quando dipinto giunse al Louvre. La mostra dell'Ala Napoleon ci fa comprendere molto bene che Delacroix, Manet, Carpeaux, Odilon Redon e persino Max Ernst non restarono insensibili al suo fascino.
Chiudiamo con una nota orgogliosamente patriottica: chi ha restaurato la tavola è un'italiana (Cinzia Pasquali), il bellissimo catalogo è un prodotto italiano (Officina Libraria), lo sponsor unico della mostra è italiano (Salvatore Ferragamo) e Leonardo è un grande italiano. Nei beni culturali, noi italiani, ogni tanto, sappiamo essere veramente in gamba.
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La Saint'Anne. L'ultime chef-d'oeuvre de Léonard de Vinci, Parigi, Louvre, fino al 25 giugno. Info: www.louvre.fr

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