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Brueghel & dintorni

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Brueghel & dintorni

È in corso a Villa Olmo di Como, fino al 29 luglio, una spettacolare mostra che poi sarà a Tel Aviv, a Praga e a Miami: «La dinastia dei Brueghel». Un centinaio di opere (assicurati per oltre cento milioni di euro) documentano l'arte di una delle più importanti famiglie di pittori vissuti ad Anversa tra il XVI e il XVII secolo. Si chiamano tutti Pieter, Jan o Jan Pieter, ma hanno soprannomi diversi: Pieter il Vecchio o dei Contadini (1520/25-1569); Pieter il Giovane o degli Inferni (1564-1637/8); Jan il Vecchio o dei Fiori (1568-1625); Jan il Giovane (1601-1678) detto Jan II e i suoi undici figli, cinque dei quali entrarono in bottega e divennero pittori. Il percorso in Villa Olmo dà, quindi, conto degli eredi di questa tradizione, fino a Jan van Kessel I (1626-1679), che aveva sposato una Brueghel e a David Tenier il Giovane (1610-1690), genero di Ambrosius Brueghel.
I quadri fiamminghi non lasciano indifferenti. O si amano o si odiano; sono dipinti in punta di pennello, hanno soggetti di genere o moraleggianti, brulicano di personaggi in paesaggi o di nature morte dai colori squillanti. Michelangelo Buonarroti, ad esempio, li riteneva roba per persone devote, per donnicciole e per «certi uomini gentili che non possiedono il senso musicale della vera armonia». Giudicava la pittura fiamminga «fatta solo di verzura, di campi, di ombra d'alberi e di ponti, di fiumi, con qualche figura qua e là»; insomma non vi trovava simmetria, né proporzioni, né disinvoltura: «una pittura senza sostanza né nerbo».
Il suo parere negativo, però, era già superato 30 anni dopo la sua morte (1564).
Nel 1594, infatti, un intellettuale raffinato come il Cardinale Federico Borromeo (1564-1631) incontrava a Roma Jan Brueghel dei Fiori e ne diventava il più assiduo collezionista e protettore. Nella Pinacoteca Ambrosiana, inaugurata a Milano nel 1621, conservava una ventina di Brueghel, uno dei quali, la Madonna con Bambino in una ghirlanda di fiori (dipinta verso il 1616 a quattro mani con Rubens) è ora in mostra a Como.
Che cosa ci trovava l'arcivescovo di Milano nelle opere dei Brughel? In quelle enciclopedie di minerali, essenze arboree, fiori e animali, dipinti magistralmente ma in modo arbitrario e fantasioso, senza rispettare né stagioni, né latitudini, il cardinale vedeva un'allegoria della Creazione. I quadri di Brueghel erano per lui uno strumento scientifico, etico ed estetico per far conoscere la realtà e il suo significato ultimo. Con il suo ottimismo cristiano Federico Borromeo vedeva nella bellezza "sensibile" delle creature lo stratagemma con cui Dio attira tutti a sé e concepiva l'opera d'arte come un appello a farsi stupire dalla vita per contemplarla, in silenzio, fino a sentirla palpitare nella carne del proprio cuore.
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La dinastia dei Brueghel, Como,
Villa Olmo fino al 29 luglio.
Catalogo Silvana Editoriale

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