ArtEconomy24

HangarBicocca verso il futuro

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

HangarBicocca verso il futuro

Ha riaperto HangarBicocca dopo una temporanea sospensione delle attività. Riconfigurato l'assetto societario, risultano rinnovati e destinati a servizi per il pubblico alcuni spazi, in particolare l'ingresso con un infowall digitale progettato dall'artista Claudio Sinatti, un'area per le attività creative per bambini e una sala polifunzionale attrezzata anzitutto per la lettura. Rinnovato, soprattutto, l'impegno nei confronti della città, con l'apertura gratuita, orari estesi fino alle 23.00 di sera e attività dedicate a diverse fasce di età, dai percorsi creativi al Cinema da Scoprire, ai campus estivi. Pare non resti che da potenziare il sistema di mobilità per raggiungere il luogo.
Il programma di apertura e quello dei prossimi mesi, concepiti da Chiara Bertola, direttrice dell'Hangar fino a fine 2012, sono pregnanti. Attualmente visibili l'installazione Shadow Play di Hans-Peter Feldmann, artista tedesco tra i più stimati, e la retrospettiva dedicata a Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi (fino al 10 giugno).
Shadow Play è un'installazione consistente in un tavolo su cui piccoli oggetti di ogni genere, montati su piedistalli girevoli, ruotano su se stessi. Una serie di faretti li illuminano, proiettandone, sulla parete bianca retrostante, l'ombra in continua metamorfosi. Le figure s'intrecciano, s'innestano le une sulle altre, si dissolvono per lasciare spazio a sempre nuove, transitorie presenze. Combinando l'atteggiamento concettuale che gli è usuale con il riferimento a mezzi espressivi del passato, dalla lanterna magica al teatro d'ombre, Feldmann realizza un'opera singolarmente poetica capace di richiamare l'aleatoria, evanescente condizione umana e di esprime il senso della fine, della sparizione, del tempo e della memoria.
Intensa, potente, asciutta, aliena da qualsiasi strategia seduttiva è invece l'opera di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, filmmaker italiani notissimi fuori dal paese cui l'Hangar dedica una dovuta retrospettiva. Il titolo NON NON NON equivale a una denuncia: «non-politico, non-estetico, non-educativo, non-progressivo, non-cooperativo, non-etico, non-coerente: contemporaneo», recita un manifesto realizzato ad acquerello che apre la mostra. Politico, invece, si vuole il loro lavoro. Un lavoro che prende le mosse dall'interesse l'idea di archivio e di catalogazione per raccontare un mondo cupo e indecente la cui unica via d'uscita consiste nell'affinare lo sguardo e adottare un'attitudine di vigilanza critica.
La mostra si snoda a tappe, nell'impositivo spazio dell'Hangar: La marcia dell'uomo, dissacrante analisi sulle repressioni culturali e sui grandi rimossi della storia; i 4 Frammenti elettrici (Rom, Vietnam, Corpi, Nuova Caledonia), che sono "elettrici" per via della scossa che provocano se li osserviamo con attenzione; Visions of the Desert, diario di viaggio occidentale in quello che i registi definiscono "continente senza difese", l'Africa; il Trittico del Novecento con le conseguenze dei disastri della guerra; Terrae Nullius, il cui titolo fa riferimento alla definizione che gli inglesi diedero all'Australia al loro arrivo in quella terra, nel 1788; e Topografie, basata su materiali provenienti da un volo aereo nel l'area del Trentino durante la Prima Guerra Mondiale.
Le immagini sono dedotte da archivi storici o amatoriali, i dettagli isolati, quindi rimontati rallentati, ricolorati, rinquadrati affinché i margini diventino il centro, le comparse diventino protagonisti e recuperino la possibilità di rappresentazione di cui la storia le ha private. Si palesa così come accanto ai cliché del benessere economico, persistano contraddizioni, abusi di potere.
Dedicate ai popoli misconosciuti, alla controparte antieroica della storia, le visioni di Gianikian e Ricci Lucchi sono per lo più accompagnate da colonne sonore appositamente realizzate. Solo il silenzio accompagna invece i disegni che hanno sempre accompagnato il loro lavoro di filmmakers; mentre suoni ambientali accompagnano lo struggente video Carrousel de jeux: un paio di mani scartano i pacchi in cui, uno per uno, sono conservati giocattoli risalenti al periodo dalla Prima Guerra Mondiale agli anni Cinquanta.
Si tratta della collezione degli artisti, 10.000 pezzi trovati nella zona delle Dolomiti. Espressione della società che li generò e della sua ideologia, marchiati con indicazioni di provenienza come marchiati furono, nel fisico e nell'anima, gli uomini che in quell'epoca, in quei luoghi vissero; carichi di memoria, molti segnati o rovinati dal tempo, forse dalla guerra, questi oggetti evocano corpi feriti e ormai accantonati ed esprimono prossimità, contingenza, transitorietà, un senso di perdita, di abbandono. Parrebbe una conta dei morti che solo un sguardo di solo sobrietà e di attenzione può resuscitare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata