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Seicento fiorentino a Manhattan

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Seicento fiorentino a Manhattan

L'eccellenza toscana nel mondo può essere espressa da giovani antiquari come Fabrizio Moretti – una laurea in storia dell'arte e botteghe a Firenze, Londra e New York – oppure da storici dell'arte come Roberto Contini, curatore alla Gemäldegalerie di Berlino, e da Francesca Baldassari, la massima esperta al mondo di pittura fiorentina del Seicento e del Settecento, un campo che iniziò a indagare vent'anni fa, sotto la guida di Mina Gregori e del poeta e collezionista Piero Bigongiari, di cui è l'erede.
L'occasione per scrivere di loro è data da una mostra spettacolare, in corso fino al 18 maggio nella galleria newyorkese di Moretti (24 East 80th Street; www.morettigallery.com): Seicento Fiorentino. Allegorie Sacre e Profane, curata appunto dalla Baldassari (catalogo bilingue edito da Centro D), che torna a proporre una ventina di inediti capolavori provenienti da collezioni private di New York. Sul tema gli studi sono progrediti, nuove figure codificate e da vent'anni in qua anche i valori delle opere dei pittori attivi a Firenze per la corte medicea dei granduchi Cosimo II e Ferdinando II sono cresciuti fino al 7.000 per cento. Basti pensare agli 869.800 euro messi a segno da Lorenzo Lippi (1606-1665) con Il trionfo di Davide da Dorotheum di Vienna, lo scorso 18 aprile. Nel 1991 una Santa Caterina di Lippi quotava 24,4 milioni di vecchie lire (circa 12mila euro), un San Gerolamo di Carlo Dolci 305 milioni (circa 150mila euro) e un Ritratto d'artista di Cesare Dandini passava di mano nel 1994 da Sotheby's New York per 122 milioni (60mila euro). Oggi quotano dieci volte tanto.
I pittori degli "ultimi Medici" sviluppano una poetica sofisticata e producono grandi ed eleganti tele da stanza, destinate a intellettuali o a uomini di spettacolo. È nella Firenze del melodramma e delle prime rappresentazioni teatrali (in cui si recita cantando) che matura, infatti, questa scuola pittorica e non è un caso che due capolavori in mostra, l'Orfeo di Lorenzo Lippi e l'Apollo di Cesare Dandini, rimandino proprio alla sfera musicale. Anche i temi religiosi, tratti dall'Antico Testamento, diventano un pretesto per mettere in scena – o dipingere sulla tela – l'ambiguità dei sentimenti umani. Tra i temi desunti dai poemi cavallereschi la mostra presenta un vertice di Simone Pignoni: Rinaldo impedisce il suicidio di Armida, soggetto tratto dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, e due mezze figure di donna come allegorie: la Scultura di Francesco Lupicini e l'Astronomia di Giovanni Martinelli. Spicca tra tutti L'angelo custode, capolavoro giovanile del cattolicissimo Carlo Dolci che – si dice – dipingeva pensando a Dio: ogni pennellata era una preghiera.
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