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Roma, la crisi non incrina la domanda di cultura

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Roma, la crisi non incrina la domanda di cultura

  • –di Silvia Anna Barrilà

Il Presidente della Fondazione Maxxi di Roma Pio Baldi si è dimesso ieri, 9 maggio, poiché si è incrinato il necessario rapporto di fiducia tra il Ministero dei Beni Culturali e la Fondazione da lui presieduta. Lo hanno seguito il Vicepresidente Roberto Grossi e il Consigliere Stefano Zecchi. Appena ieri gli stessi Baldi e Grossi erano intervenuti alla presentazione della ricerca promossa da Federculture (di cui Grossi è Presidente) e dalla Camera di Commercio di Roma "Cultura, impresa e territorio: la cultura nell'economia romana per il sistema delle imprese ed i cittadini", dalla quale è emerso un quadro più che positivo per il settore culturale nella provincia di Roma. Si pensi, per esempio, che i visitatori degli istituti statali tra il 2002 e il 2010 sono aumentati del 63%, contro una percentuale nazionale del 23%. Negli stessi anni i visitatori dei musei civici romani sono saliti addirittura dell'80,4%, da 873mila a 1,5 milioni.
Dalla ricerca, elaborata su dati relativi al periodo compreso tra il 2002 e il 2010, sembra profilarsi l'immagine di un settore resistente alla crisi, sicuramente anche grazie alla consistente dotazione di patrimonio artistico-culturale di cui gode il territorio: 225 luoghi di cultura, di cui 65 istituti statali (il 16% di quelli italiani) e 160 non statali (appartenenti ad enti pubblici o ad istituzioni private, il 4% di quelli italiani). Solo negli istituti di cultura statali i visitatori nel 2010 sono stati più di 13 milioni, vale a dire il 36% del totale nazionale, con un incremento del 39% tra il 2006 e il 2010 contro un misero 8% in più a livello nazionale. Sempre nel 2010 gli introiti lordi (i biglietti al lordo di eventuali royalties) degli istituti statali hanno raggiunto i 45 milioni di €, il 43% degli introiti nazionali, mentre i servizi aggiuntivi hanno fruttato 16,4 milioni di € per un totale di circa 4 milioni di clienti.


I risultati della ricerca promossa da Federculture


Anche in tempi di crisi, quindi, la cultura si mostra come un asset strategico in grado di dare slancio all'economia locale, al turismo e al terziario. Per quanto riguarda il turismo, ad esempio, sebbene questo settore abbia risentito della crisi (tra il 2006 e il 2010 la provincia romana ha registrato un calo degli arrivi del 7,3% e delle presenze del 4,8%), gli arrivi di Roma e provincia sono stati superiori rispetto alle altre città d'arte italiane. La domanda straniera a Roma rappresenta circa il 10% di quella nazionale; secondo dati della Banca d'Italia, la spesa dei turisti stranieri nel territorio romano nel 2010 ha superato i 5 miliardi di €.
Positivi anche i dati relativi all'industria culturale: a Roma e provincia opera il 12% delle imprese culturali attive sul territorio nazionale, in grado di produrre, nel 2009, un valore aggiunto pari a più di 9 miliardi di € e di occupare più di 170mila lavoratori. Per la provincia si tratta dell'8% del totale del valore aggiunto (un primato in Italia).
Ma da dove vengono le risorse per la cultura?
Circa il 50% delle risorse complessive viene dal Comune di Roma che nel 2010 ha stanziato per la cultura 189 milioni di €. La Regione partecipa con quote intorno al 20% del totale mentre la partecipazione della Provincia è marginale (4-6%).
Ma la spesa pubblica ha subito - come tutti sanno - gravi tagli. Per il Comune di Roma le spese in conto capitale sono passate dal 44% nel 2003 ad una media del 14% nel periodo 2004-2010; nel caso della Provincia tra il 2008 e il 2010 gli impegni sono stati ridotti del 40%.
Positivo l'andamento delle erogazioni delle fondazioni bancarie nella provincia di Roma: da poco più di 7,7 milioni di € nel 2005 ad oltre 16,5 milioni del 2010, ma queste rappresentano una quota pur sempre esigua delle risorse complessive, il 5% del totale.
Se la domanda tiene nonostante la crisi rischia, invece, l'offerta di cultura di essere penalizzata dai tagli e di diventare inadeguata nel prossimo futuro. Un problema da porre a chi oggi governa e parla di sviluppo.

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