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Cuba contemporanea

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Cuba contemporanea

I segnali sono discreti, ma chiari: per quanto gli elementi di trasformazione vengano filtrati e tenuti sotto controllo, la realtà sta cambiando anche a Cuba.
Possiamo interpretare alla luce di questa considerazione le novità dell'undicesima Biennale dell'Avana, inaugurata l'11 maggio con il titolo Prácticas artísticas e imaginarios sociales a cura di Jorge Fernández Torres. Significativo anche dal punto di vista simbolico, come sottolineato dal curatore, il fatto che mentre nelle edizioni scorse la Biennale si concentrava nella Fortaleza San Carlos de la Cabaña, situata di fronte all'Habana Vieja, sul versante opposto della baia, quest'anno si è aperta alla città espandendosi in ogni sua parte con mostre, installazioni, eventi collaterali e concerti dal vivo. Gli spazi occupati sono interni ed esterni di varia natura: università, strade, piazze, e il Malecón. Questa disseminazione favorisce una fruizione informale e invita all'interazione. E infatti molti degli interventi della Biennale nascono dalla collaborazione e prevedono un confronto: quello di una personalità già solida con artisti in fase di formazione, come è stato il caso di Gabriel Orozco che come visiting artist ha condotto gli studenti dell'Isa, Instituto Superior de Arte, in una opera di riscoperta e di infiltrazione all'interno di un complesso architettonico tra i più stupefacenti che si possano immaginare; o di René Francisco che, ponendosi come vero e proprio conduttore di idee e di energie, ha attivato, in un giardino cittadino, la costruzione, da parte dei propri studenti, della Città Generosa, un insieme di strutture abitabili tutte uniche e diverse, ma organicamente articolate a prefigurare una città ideale.
Tutt'altro tipo di interazione è stata suscitata dall'artista sudafricano queer Steven Cohen, che ha realizzato per le strade una performance in cui, impedito da calzature impossibili, cerca di camminare, dando forma sensibile a un senso di pena dolorosa e di indicibile vulnerabilità. Cohen mette così alla prova la disponibilità emotiva del pubblico laddove un'espressione di necessità venga espressa. L'artista sostiene che a L'Avana lo spirito di empatia e le reazioni di generosità da parte del pubblico hanno sintomaticamente superato ogni aspettativa.
Felice e immaginifico, ma non privo di implicazioni politiche, è invece il lavoro di Glenda León, esponente dell'ampio nucleo di artisti cubani emergenti che vivono tra L'Avana e Madrid. León ha disegnato ai due estremi di una piscina le mappe di L'Avana e Miami: la piscina diventa un braccio di mare, "fare una vasca" diventa un modo per prefigurare un possibile rapporto tra due sponde separate da un secolo di tensioni; e sedersi a sorseggiare un Mojito sui bordi di questo mare in miniatura acquista il senso di un rinnovato assetto geopolitico e di una recuperata vivibilità.
I nuclei principali di opere selezionate dal curatore si trovano al Centro Wifredo Lam e al Gran Teatro de La Habana. Il primo ospita lavori dei maggiori artisti cubani: Carlos Garaicoa con i magnifici arazzi della serie Fin de silencio che replicano meticolosamente insegne e iscrizioni istoriate sui marciapiedi della città; María Magdalena Campos Pons e Neil Leonard che hanno realizzato una performance sui temi del viaggio e della trasmissione identitaria; e Jorge Pardo, che in una sala del museo ha installato una sofisticata falegnameria in cui si intaglia una boiserie che rivestirà progressivamente la sala. Il Gran Teatro ospita opere di artisti di provenienza variegata. L'impaginazione della mostra non è stringente, ma i Paesi rappresentati sono i più vari. Non si tratta di un fatto scontato.
Nata nel 1984, prima che la mostra seminale Magiciens de la Terre facesse emergere nell'arte le questioni del multiculturalismo, colonializzazione e postcolonialismo, la Biennale dell'Avana si presentò inizialmente come piattaforma per l'arte di zone geopolitiche allora non centrali, da Cuba stessa con tutta l'area caraibica all'America Latina, all'india. Poi, per alcune edizioni, con un contesto complesso e un'équipe curatoriale che stentava a rinnovarsi, la rassegna si era chiusa in sé e manteneva importanza come vetrina rivolta all'interno del Paese più che come evento incisivo sul piano internazionale. Quest'anno le presenze internazionali sono numerose, e comprendono gli Stati Uniti con grandi mostre come quella della collezione Ella Cisneros e quella dedicata alle videoartiste donne afroamericane, e con artisti invitati dal comitato curatoriale, ognuno con il relativo seguito di galleristi, curatori, collezionisti.
Tra le mostre collaterali c'è, presso il Museo del Ron, A Smell that Comes through my Window: Havana Cultura, lungimirante iniziativa di Havana Cultura Visual Arts Project a supporto di un gruppo di sei giovani artisti ai quali il progetto offre fondi e accompagnamento curatoriale per la realizzazione di un progetto. Presente anche l'Italia con un "Padiglione" a cura di Raffaele Gavarro, che ha invitato gli artisti Favelli, Mottola, Rocco Orlando, Senatore e Stampone.
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