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La mirabile Pinacoteca di Eugenio

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La mirabile Pinacoteca di Eugenio

«Eugenio Maurizio, sposa Olimpia Mancini celebre nipote di Mazarino, ne viene avvelenato, ma mette al mondo il principe Eugenio, generale e collezionista a Vienna, con una quadreria poi lasciata alla nipote povera Anna-Vittoria che esce di convento, sposa un Sassonia minore e scapestrato e rivende le tele ai parenti di Torino, donde l'interesse di una nuova mostra». L'auspicio di Alberto Arbasino fatto in occasione della bella rassegna torinese Diana Trionfatrice (1989) viene raccolto dopo più di vent'anni nella Reggia di Venaria.
Il 18 marzo scorso, la Galleria Sabauda aveva chiuso le sue porte, incalzata dalla brama di spazio del museo Egizio assai prima che venissero ultimati i lavori per la sua nuova destinazione. Sotto il titolo I quadri del re e fino al 9 settembre, un centinaio delle sue opere più celebri è presentato al pianterreno della manica nuova del Palazzo Reale che sarà la sua nuova sede, mentre una buona parte di quelle che appartennero al principe con intelligenti integrazioni di arazzi, stampe, sculture, libri, porcellane e armi sono esposte nella Reggia sotto il titolo Le raccolte del principe Eugenio condottiero e intellettuale.
A suo tempo, Prinz Eugen era l'uomo più celebre d'Europa, personaggio dai molti volti: abile diplomatico, statista e grande stratega che seppe scuotere – scrive Voltaire – «la grandeur di Luigi XIV e la potenza degli Ottomani». Sodale e compagno d'arme del duca di Malborough, il leggendario Malbruch che spesso aveva messo in scacco il Re Sole, vincitore di tante battaglie a capo dell'esercito imperiale contro i turchi, i francesi, gli spagnoli, i bavaresi, celebrate in una incalzante serie di tele dall'olandese Jan Huchtenburg, ma anche curioso delle scienze e delle arti, vero "filosofo guerriero". Amico e corrispondente di Leibniz, e di Montesquieu, protettore di Giannone e frequentatore del nunzio papale a Vienna il futuro cardinale Passionei giansenista, avversario dei gesuiti e illustre bibliofilo i cui 60mila volumi costituiscono il fondo più importante della romana Biblioteca Angelica. Anche Eugenio sull'esempio dell'amico prelato e del proprio aiutante di campo barone di Hohendorf, fu un bibliomane scatenato: la sua biblioteca, la Eugeniana, ha oggi un posto d'onore nella Österreichische Nationalbibliothek e la sua collezione grafica, ora all'Albertina di Vienna, «superiore a quante altre di simil sorte si ammirano in Europa», a detta del Passionei, fu raccolta con l'aiuto dei più celebri esperti i parigini Jean e Pierre-Jean Mariette. Fu protettore e committente dei grandi architetti che segnarono il volto della Vienna barocca: Johann Bernard Fischer von Erlach, che costruì nella capitale il suo palazzo di città e Johann Lucas von Hildebrandt il suo architetto preferito creatore dello splendido complesso dei due palazzi e del giardino del Belvedere minutamente illustrati e documentati nelle novanta suntuose tavole delle Residences Memorables De l'incomparable Heros de nôtre Siecle ... Son Altesse Serenissime Monseigneur Le Prince Eugene Francois Duc de Savoye et de Piemont di Salomon Kleiner stampate ad Augsburg tra il 1731 il 1740.
Era nato a Parigi e con Parigi aveva mantenuto stretti contatti, era in relazione con mercanti, collezionisti e artisti, era stato governatore della Lombardia e dei Paesi Bassi imperiali, aveva eccellenti rapporti con i principi elettori di Baviera, Max Emanuel II e, soprattutto, del Palatinato, Johann Wilhelm che aveva fatto di Düsseldorf sua capitale un centro artistico di importanza europea. Era un grande ammiratore dei pittori fiamminghi e olandesi di cui aveva «quasi vuotato l'intera Fiandra e l'Olanda» e di cui generosamente offerse a Eugenio splendidi esemplari.
Il principe morì nel 1736 e i suoi beni passarono a una nipote che si affrettò a vendere all'imperatore la biblioteca e la raccolta di stampe, mentre la collezione di quadri – o per meglio dire una gran parte di quelli che erano a Vienna e nei pressi, nello Schlosshof – fu acquistata dal re di Sardegna Carlo Emanuele III e giunse a Torino nel 1741 un po' intaccata da precedenti cessioni. Nella Storia Pittorica della Italia l'abate Luigi Lanzi ricorda come la quadreria di Torino fosse stata arricchita dall'arrivo di «quattrocento pezzi di Fiamminghi che ... si distinguono dagli altri dal finissimo intaglio e da tutto il gusto delle cornici». La figura, la storia, il gusto del Principe sono ben evocati e rappresentati nella mostra della Venaria e nel suo catalogo buono e maneggevole, curato da Carla Enrica Spantigati insieme a eccellenti collaboratori, in cui la raccolta viennese viene contestualizzata nel confronto con quelle parigine (e superbe) della duchessa di Verrua, la Pompadour transalpina, già amante di Vittorio Amedeo II, e del dissipato scialacquatore Vittorio Amedeo di Savoia Carignano che ne aveva sposato la figlia naturale. Di esse sono presenti radi esempi, ma aiuta il confronto il denso saggio del catalogo.
Un'antologia della corrispondenza e degli inventari del principe e un ampio corredo illustrativo permettono di integrare ciò che è esposto a ciò che non lo è, o perché mai arrivato a Torino, o perché portato in Francia al tempo di Napoleone e mai più ritornato (tra l'altro la Visitazione di Rembrandt oggi a Detroit, la Donna Idropica di Gerard Dou oggi al Louvre che per lungo tempo fu il dipinto seicentesco olandese più celebrato), o perché se ne sono perse le tracce, o perché attualmente presentato nella mostra di Palazzo Reale come la Santa Margherita di Poussin, I quattro tori di Paul Potter uno degli eroi dei Maitres d'autrefois di Fromentin, Amarilli e Mirtillo di Van Dyck, La ragazza alla finestra di Dou. Capolavori che a Venaria avrebbero contribuito non poco all'immagine del principe amatore d'arte.
Grazie all'ingegnosa trovata di proiettare le incisioni di Kleiner sulle pareti e sul soffitto di una saletta, il visitatore può entrare virtualmente nelle stanze del Belvedere e verificare la disposizione dei dipinti. Quindi di fronte agli originali potrà riconoscere i vari aspetti del gusto del principe: l'amore per il classico che gli faceva cercare Guido Reni, Albani i bolognesi e Poussin, l'interesse per i maestri fiamminghi e olandesi, del Seicento per la virtuosità dei "pittori di fino" di Leida, per le scene di genere di Teniers, per le battaglie di Wouwerman o del Borgognone, per le nature morte di de Heem o di Abraham Mignon, per le smaltate eleganze di van der Werff, per i paesaggi di Paul Bril, di Roelandt Savery, per i rami dipinti da Jan Brueghel dei Velluti e per i microcosmi del singolare Jan Griffier. Di questo olandese anglicizzato che visse e dipinse per anni in un'abitazione galleggiante sul Tamigi, naufragò presso Rotterdam perdendo opere e beni ma riuscì a riprendersi e a tornare a Londra dove era assai apprezzato, Eugenio aveva una splendida raccolta. I suoi cieli cangianti, i suoi visionari paesaggi dove si svolgono fiere, approdano traghetti, si pattina sul ghiaccio, dove emergono tra i fumi degli spari le chiese, i castelli e i bastioni di una città assediata, dove ampi fiordi tortuosi scorrono sotto montagne bianche sulle cui cime si addensano tempeste, sono superbe rivisitazioni dei magici paesaggi fiamminghi del primo seicento visti da un occhio partecipe e, al tempo stesso, lontano nel tempo. L'interesse dal principe per la sua pittura conferma che «ora siano richiesti i dipinti più curiosi» come si legge nella contemporanea corrispondenza scambiata da due mercanti, e forse anche quelle splendide cornici intagliate che ancora in parte sussistono e che inquadrano, come una gabbia dorata, i piccoli dipinti boreali rinviano al medesimo atteggiamento che l'aveva spinto ad acquistare stipi giapponesi e a ordinare in Cina piatti di porcellana o lacche con i suoi stemmi.
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I quadri del Re. Una quadreria alla Reggia: le raccolte del Principe Eugenio condottiero e intellettuale, Venaria Reale, fino al 9 settembre

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