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Mercato Ue poco competitivo

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Mercato Ue poco competitivo

Per contrastare la crisi economica la via delle liberalizzazioni è necessaria anche nel mercato dell'arte? Gli italiani in un sondaggio commissionato dal l'Istituto Bruno Leoni (IBL) restano indifferenti al problema, una conferma indiretta che il mondo del collezionismo italiano si va lentamente assottigliando o meglio preferisce comprare direttamente all'estero.
Nell'Indice delle liberalizzazioni 2012 dell'IBL, il confronto sulla competitività del mercato del l'arte tra l'Italia e il Regno Unito, scelto come benchmark, si gioca tra l'esistenza di istituti giuridici che limitano la proprietà privata (D.L. n. 42 del 22 gennaio 2004); l'applicazione del Diritto di seguito (Dds); la presenza di restrizioni all'esportazione di oggetti d'arte; il regime fiscale e l'accesso alle professioni dell'art dealing. L'esito è un avvicinamento leggero tra i due mercati. Merito del l'Italia?
«No, le variazioni al 31 dicembre scorso sono poche rispetto allo studio dell'anno precedente – spiega Filippo Cavazzoni, autore della ricerca insieme a Martha Friel – nel Regno Unito è aumentata l'aliquota Iva passata dal 17,5% al 20%, mentre in Italia è salita dal 20 al 21%, questo avvicinamento ha prodotto un aumento dell'indice complessivo (dal 56%) al 58 per cento».
In realtà quest'anno nell'indicatore è stata aggiunta una nuova voce: le professioni. E proprio un sistema di accesso liberalizzato in entrambe i paesi ha tirato su il dato complessivo. «Il problema non è legato all'esercizio delle professioni e all'ingresso in questo mercato, questa verifica ci consente di affermare con sicurezza che la zavorra in Italia resta quella della circolazione delle opere d'arte. Dopo un anno non è cambiato nulla a fronte di una domanda di maggiore trasparenza nelle procedure sulle dichiarazione di interesse culturale e su di una confrontabilità tra le procedure» prosegue Cavazzoni.
L'istituto della notifica, infatti, influenza l'andamento del mercato dell'arte italiano, così come le procedure di esportazione e importazione di opere d'arte hanno il loro peso negativo poiché lunghe e complesse.
A omologare tutti i mercati del l'Unione europea c'è poi la fine della deroga dal 1° gennaio 2012 del Dds sugli eredi nei mercati inglese, irlandese, austriaco e olandese. «Questa novità pareggerà ulteriormente il confronto tra i due paesi il prossimo anno, poiché la normativa comunitaria sul Dds allinea i paesi Ue» afferma Friel. Del resto la Commissione è convinta che non vi siano evidenze chiare di un collegamento fra l'armonizzazione delle disposizioni sul Dds e la perdita di una piccola quota della Ue sul mercato globale dell'arte moderna e contemporanea. «Sono talmente tante le variabili negli scambi che non si può attribuire il calo degli scambi al Dds» afferma un recente studio della Commissione Ue (Plus24-ArtEconomy24 25 febbraio 2012). Sebbene poi ammetta che all'interno dei paesi Ue, i costi amministrativi del Dds sostenuti dai soggetti economici arrivano a 50 euro per transazione. Per molti economisti infatti, dopo averne analizzato le conseguenze economiche, è uno strumento inefficiente. «Commissioni di gestione – 20% della Siae in Italia e in media il 15% dei diversi gestori inglesi – e modalità di riscossione rendono lo scenario competitivo svantaggioso per l'Italia». E se anche il Regno Unito peggiora la sua attrattiva con l'armonizzazione alle direttive Ue, guadagna spazio la vicina Svizzera, priva di Dds e con un'Iva all'8 per cento.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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