ArtEconomy24

Pietromarchi: «Largo ai giovani»

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Pietromarchi: «Largo ai giovani»

Bartolomeo Pietromarchi sarà il curatore del Padiglione Italia alla prossima Biennale di Venezia. La notizia è stata data qualche giorno fa dal Ministero che ha scelto il suo progetto fra quello di altri sei candidati (Beatrice Merz, Chiara Parisi, Letizia Ragaglia, Gianfranco Maraniello, Vincenzo Trione e Francesco Manacorda che, nominato, non ha però presentato il progetto giudicando l'impegno incompatibile con il suo incarico alla Tate Liverpool). Pietromarchi va così ad aggiungersi alla rosa già corposa degli italiani in Biennale; insieme a Lorenzo Benedetti per il Padiglione olandese, c'è Ilaria Bonacossa che cura il Padiglione islandese e Alfredo Cramerotti per quello del Galles. Nulla centra con il fatto che il direttore della cinquantacinquesima edizione della Biennale è ancora un italiano, Massimiliano Gioni, ma certamente dobbiamo esultare che ci sia così tanto genius loci in questo che rimane l'evento mondiale più importante dedicato all'arte contemporanea.
La lista dei nomi è ancora top secret, ma il numero di artisti non sarà esiguo perché Pietromarchi intende sfruttare tutti i duemila metri quadri del Padiglione ed è già all'opera con la rosa dei fortunati che presenteranno molte opere inedite.
«In questo momento storico, con un'attenzione così alta verso l'arte italiana – Boetti al Moma, Penone a Versailles, i risultati delle Italian sales – non possiamo perdere la possibilità di far emergere i caratteri distintivi della nostra giovane arte. Proprio per questo il mio progetto non vuole essere una presentazione monografica di qualche artista, né dividere rigidamente in movimenti, ma intendo mostrare attraverso le opere una storia diacronica e fluida, un'analisi per temi che sia anche un dialogo tra generazioni diverse e che punti a far conoscere al mondo quali sono le tendenze su cui si muove l'arte italiana». Questa in sintesi è l'idea del curatore romano e, in effetti, è proprio quello che manca all'Italia se pensiamo che, globalizzazione a parte, molti paesi hanno puntato sulla costruzione di un'identità forte per i nuovi movimenti: Young British Art, l'arte cinese, la scuola di Los Angeles, eccetera.
Sull'idea di identità si basa anche l'ultimo libro di Pietromarchi, Italia in opera (Bollati Boringhieri, 2011), che affronta gli ultimi cinquant'anni di storia dell'arte italiana facendo dialogare opere distanti nel tempo a partire da soggetti comuni come l'autoritratto, la famiglia, il paesaggio, l'immaginario popolare, la memoria collettiva. Fra le righe del testo s'intuisce la grande mostra collettiva che è nella testa del curatore. Vi troviamo i grandi come Pistoletto, Penone, Fabro, Paolini, Boetti, De Dominicis, Mauri, Vaccari, la generazione di mezzo con Arienti, Pietroiusti, Cattelan, Maloberti, Paci, Favelli, fino ai più giovani come Rossella Biscotti, Gianluca e Massimiliano De Serio, Rosa Barba, Massimo Grimaldi, Francesco Arena.
Tutti insieme hanno lavorato per costruire quell'immagine dell'Italia che si offre al mondo, in bilico costante fra ciò che siamo e come ci guardano gli altri. Che sia la volta buona che il meglio della nostra arte va in pasto ai grandi del mondo?
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata