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Il fuoco accende i prezzi

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Il fuoco accende i prezzi

Il fuoco visto non come elemento distruttivo ma come strumento creativo. È quello che hanno fatto molti artisti dal Dopoguerra a oggi, con successi anche di mercato. Primo tra tutti è stato l'italiano Alberto Burri con la serie delle Combustioni. Se un tempo esisteva una chiara gerarchia nel mercato di Burri, secondo cui i Sacchi erano più richiesti delle Combustioni, ora non è più così. Il mercato delle Combustioni è solidissimo, come mostrano i risultati d'asta degli ultimi due anni: 1,5 milioni di euro per «Rosso Plastica» del 1962 da Christie's nel maggio 2011; 3,9 milioni per «Combustione legno» del 1957 e 2,5 milioni per «Rosso Plastica L.A.» del 1963 da Sotheby's nell'ottobre 2011; e 2,6 milioni per «Nero Plastica» del 1965 da Sotheby's nel febbraio 2012. In galleria si va da 350mila ai 2-3 milioni per le combustioni su plastica, mentre quelle su carta più piccole partono da qualche centinaio di migliaio di euro.
Accanto a Burri, i primi a usare il fuoco nell'arte contemporanea sono stati Yves Klein e Arman. Nel caso di Klein i grandi risultati d'asta sono prevalentemente legati ai monocromi, poiché persiste ancora l'identificazione di Klein con il blu. Ma i dipinti col fuoco stanno ottenendo sempre maggiori riconoscimenti. Si pensi al record di 37 milioni di dollari segnato l'8 maggio a New York per "FC 1". «Yves Klein ha creato i dipinti col fuoco alla fine della sua carriera, nel 1961-62» racconta Daniel Moquay, responsabile dell'archivio di Klein. «In totale i dipinti col fuoco sono circa 120, mentre quelli col fuoco e il colore insieme sono circa 35. Il fuoco è per Klein un elemento importante perché rappresenta la creazione dell'umanità, l'energia, la civilizzazione, la Rivoluzione industriale». Il successo di queste opere non è stato immediato perché Klein è morto subito dopo la loro realizzazione e non ha avuto modo di "difenderle" così come ha fatto con i monocromi e le antropometrie. «L'approvazione da parte di pubblico e collezionisti è arrivata nel 2006 con la mostra al Pompidou – continua Moquay –. La stanza con le opere col fuoco ha suscitato grande ammirazione poiché i visitatori non conoscevano queste opere». Ma il rilancio era stato avviato già un paio di anni prima, con una mostra di grande successo organizzata dalla Galerie de France.
Il mercato di Arman è più altalenante poiché c'è grande abbondanza di sue opere, soprattutto di quelle degli anni 80-90 che rappresentano una produzione più seriale. Di maggior valore sono, invece, le cosiddette "collere" degli anni 60-70, violini e contrabbassi bruciati in segno di ribellione nei confronti del padre musicista. Il valore è tra i 400mila e i 500mila euro.
L'esempio di questi tre maestri del fuoco è stato seguito da molti artisti che ora sono raccolti in una mostra nella sede parigina della galleria italiana Tornabuoni, intitolata «Tout feu tout flamme» e curata da Daniel Abadie (fino al 22 dicembre).
«Dicendo che sono tutti artisti che utilizzano il fuoco, si potrebbe pensare che facciano tutti la stessa cosa – precisa il curatore – e, invece, i risultati sono estremamente differenti. Il fuoco funziona come uno specchio che riflette la parte più profonda dell'anima dell'artista». Molto varie anche le quotazioni: si va dalle opere degli anni 60-70 di Bernard Aubertin tra i 10-12mila euro, a quelle milionarie di Burri.
Tra i seguaci del fuoco ci sono gli esponenti dell'Arte povera come Kounellis e Calzolari, che usa le candele per sottolineare un altro aspetto dell'elemento, quello della luce (300mila euro). Anche Boltanski usa le candele, ma nel suo caso al centro della riflessione ci sono le ombre proiettate sulle pareti (75mila euro).
Poi c'è Mario Ceroli, un artista che ha gravitato attorno all'Arte Povera e che fino a qualche anno fa aveva un mercato per lo più italiano. Oggi riceve sempre più attenzioni internazionali, tanto che è prossimo l'ingresso nella collezione Pompidou. Le sue opere quotano intorno ai 120mila euro. In mostra da Tornabuoni c'è una gabbia con all'interno carbone bruciato, parte di una performance svolta sul ghiaccio, intitolata «Io» (250mila euro).
Claudio Parmiggiani sfrutta il terzo stadio della combustione, il fumo. È esposto un lavoro degli anni 80 da 150mila euro: una tela imbevuta di fuliggine grigia su cui lascia delle impronte come dei simulacri. Le opere del cinese Chen Zhen, invece, usano la cenere e rimandano così a una frase dello stesso Yves Klein, che ha detto: «I miei quadri non sono che la cenere della mia arte».
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