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Biennale Italia-Cina, invasione artistica

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Biennale Italia-Cina, invasione artistica

Per la prima Biennale Italia-Cina, quest'ultima ha scelto il parco recintato più vasto d'Europa. Sapevamo di averlo a Monza, in quella Villa Reale che, costruita in tre anni per la Regina Margherita, la ospitò solo per qualche pomeriggio? A noi non era molto chiaro, dal momento che la struttura neoclassica, un patrimonio mozzafiato di potenzialità enormi, viene da anni restaurata col contagocce. Ma a chi pensa per grandi dimensioni è risultato palese. Chi ascolta Radio Globale si sta familiarizzando con la volontà della repubblica Popolare di comunicare se stessa e di ricostruirsi, dopo averlo distrutto scientemente, un profilo storico e culturale. Chi si interessa ai programmi di spesa nazionali, sa che il comunismo capitalista ha deciso di dedicare alla cultura, nei prossimi cinque anni, un impegno economico superiore a quello che intende rivolgere a qualsiasi altro settore. Chi lavora da anni a Shanghai o a Pechino, e sono molti anche tra gli italiani, sa che non c'è ritorno.
La mostra, 120 artisti tra italiani e cinesi, intende invadere il territorio con operazioni satellite a Palazzo Lombardia e a Palazzo Isimbardi a Milano, al Museo d'Arte Contemporanea di Lissone e a Palazzo Te di Mantova. Se ne evince la necessità di superare anche un'empasse fatto di censura. Il bubbone più noto sono gli atti intimidatori perpetrati ai danni di Ai WeiWei, l'artista-vittima che qualcuno, peraltro, racconta come un uomo di marketing capace di usare le conseguenze del suo dissenso politico. Fatto sta che sono sue frasi come questa, tratta dal blog che ha iniziato nel 2006 e che è stato chiuso con la forza nel 2009: «Sono stato testimone di un terrore e di una sofferenza infinite. Oggi non possiamo ancora sapere chi ci ha lasciato per il terremoto. Perché quei bambini se ne sono andati, e come sono stati presi. Non sapremo mai come si sono sentiti mentre giacevano aspettando sotto le macerie».
Trasformato in un libro da Mit Press nel 2011, il blog è stato tradotto da Johan & Levi a cura di Stefano Chiodi. Guarda caso, la sua presentazione al pubblico di Lissone, avvenuta il 27 novembre, è parte integrante del programma di eventi collaterali: l'ufficialità sta già accogliendo, fagocitando, usando le critiche che le sono state mosse, e non è strano che lo stesso Ai WeiWei sia stato arruolato nel team di artisti che animerà il padiglione tedesco della Biennale di Venezia 2013, insieme all'indiana Dayanita Singh, al sudafricano Santu Mokofeng e al tedesco Romuald Karmakar.
Già nella Biennale del 1997 i Paesi Nordici ospitarono una piccola mostra internazionale, quindi non possiamo parlare di prima volta. La novità sta proprio nella penetrazione di un nome cinese in un padiglione ai Giardini. È un assaggio: da anni il grande paese insiste per avere un posto d'onore a Venezia, insoddisfatto dello spazio che gli è stato assegnato all'Arsenale. C'è da scommettere che, nonostante i no reiterati, anche questa battaglia sarà vinta.
Ma ritorniamo a Monza. Le opere permeano la Villa e il suo giardino in modo inesorabile: pannelli nel Serrone, sculture monumentali all'aperto, interventi tra gli alberi e nella cappella. Tra cornici e pannelli, tra immaginario pop e gigantismo, c'è ancora molta strada da fare per arrivare agli standard di allestimento a cui ci hanno abituato i curatori più sofisticati. Possiamo prenderla come un'esercitazione, un passo verso il sicuro affinamento dei mezzi.
Lo si capisce dall'apparato imponente che sta alla base dell'organizzazione, condotta da Aikal in collaborazione con Ebland, l'Associazione internazionale per la promozione e lo sviluppo di progetti e programmi inerenti gli obiettivi di Expo 2015. L'ideazione generale è di Paolo Mozzo, la direzione artistica di Sandro Orlandi con la collaborazione di Ivan Quaroni, Wang Chunchen e Mian Bu. L'evento è patrocinato da un vasto schieramento che comprende la Fondazione Italia Cina, l'Istituto Italo Cinese, la Regione Lombardia, il Comune di Milano, la Provincia di Monza e l'Istituto Confucio. E ancora, compaiono tra i sostenitori Monte Paschi di Siena, Rottapharm Madaus, Artisti del Caffé, Antesis e il main sponsor Artantide.com.
Un grande pool, insomma, anche se molte istituzioni italiane sanno che tra promettere e dare c'è una certa distanza: la capacità cinese di rispettare gli accordi è ancora decisamente aleatoria e proprio sull'incertezza delle transazioni, anche a causa di una disparità linguistica ancora insormontabile, insisteva l'illuminante volume La Cina non è per tutti di Maria Weber (Edizioni Olivares, Milano 2005).
Tra le opere esposte c'è la foto The baby leaves away from the earth, scelta come copertina per la versione italiana dell'ultimo romanzo del Premio Nobel Mo Yan, e ancora quadri, installazioni e sculture di Lu Peng, Li Wei, Feng Zhengjie, Chang Xin, Yang Shaobin. Per l'Italia campeggiano il Cracking Art Group, con un'installazione all'ingresso, Fabrizio Plessi, Valerio Berruti, Nicola Verlato e molti altri, in un insieme che si ispira al rapporto mente-natura ma che ha, soprattutto, un soffuso e diffuso senso pop. Con qualche asimmetria: il gigantesco mercato interno cinese fa sì che molti degli artisti che protegge abbiano quotazioni milionarie, obiettivo che agli italiani è precluso. È lecito pensare che per ora noi siamo ospiti tollerati, soprattutto in virtù della necessità di tenere in vita ben altri settori di scambio oltre a quello dell'arte. Ma attendiamo con pazienza che anche queste manifestazioni diventino più piccole e più belle, smettendo di ispirarsi a un modello visivo occidentale per raccontarci davvero, senza strategia, chi sono stati e chi sono i nostri nuovi compagni di strada.
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Ai Wei Wei. Biennale Italia-Cina, Monza,Villa Reale, fino al 16 dicembre
Ai Wei Wei. Il blog a cura di Stefano Chiodi, Johan & Levi, 2012, pagg. 392,
€ 20,00

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