ArtEconomy24

Il Brooklyn Museum compra gli artisti del Black Arts Movement

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Il Brooklyn Museum compra gli artisti del Black Arts Movement

  • –di Silvia Anna Barrilà

Lo scorso novembre il Brooklyn Museum di New York ha fatto parlare di sé per la vendita all'asta presso Christie's di un'opera di Yves Klein, una spugna blu del 1958 (cfr "ArtEconomy24" del 27 ottobre 2012). L'opera è passata di mano per 7,6 milioni di dollari (stima 7-10 milioni di dollari). Ai musei americani è concesso di vendere opere d'arte della collezione purché i proventi della vendita vengano reinvestiti in acquisizioni per la collezione permanente. E, infatti, ora il Brooklyn Museum torna alla ribalta con la notizia dell'acquisizione di 44 opere di 26 artisti del Black Arts Movement, un movimento artistico strettamente legato al Black Power Movement sviluppatosi tra la fine degli anni 60 e la prima metà degli anni 70 soprattutto a Chicago.

Al momento della vendita dell'opera di Klein il direttore del museo ha dichiarato che, nonostante l'importanza dell'opera, essa non trovava contesto all'interno della collezione del museo, e per questo era stata esposta solo una volta in due decenni. Ora non è detto che si tratti dei ricavi derivati dalla vendita dell'Yves Klein, ma è certamente interessante capire le scelte di gestione della collezione di un museo che può amministrare i suoi possedimenti.
Il museo non rilascia informazioni sull'entità dell'investimento, ma ha dichiarato che l'acquisto è avvenuto direttamente presso i collezionisti proprietari delle opere, i due ex galleristi di Chicago David Lusenhop e Melissa Azzi, utilizzando una combinazione di fondi dedicati alla collezione di arte americana del museo.

Si tratta di un'iniziativa importante per il valore del movimento, che verrà certamente rivalutato. "Dopo decenni passati senza trovare un mercato per le loro opere, che venivano piazzate principalmente tra gli amici" ha spiegato la curatrice Teresa A. Carbone "gli artisti del Black Arts Movement stanno finalmente ricevendo l'attenzione accademica e scientifica che riconfigurerà completamente la nostra comprensione del loro significato".
Il Brooklyn Museum sta lavorando attivamente alla costruzione della sua collezione di arte afro-americana e queste opere fungono da ponte tra le generazioni precedenti e gli artisti afro-americani contemporanei già presenti in collezione. Altre acquisizioni recenti sono quelle di opere di John Biggers (1924-2001), Sargent Johnson (1888-1967) e Lois Mailou Jones (1905-1998).

I due galleristi-collezionisti, Lusenhop e Azzi, hanno iniziato a collezionare le opere a partire dal 2001. Circa la metà di esse sono state comprate direttamente dagli artisti. Tra queste anche tre delle più importanti della collezione: "Revolutionary", un acrilico di grandi dimensioni del 1971 di Wadsworth Jarrell; "Wives of Shango", un acquarello del 1969 di Jeff Donaldson; e "Urban Wall Suit", dello stesso anno, di Jae Jarrell. Sono opere che affrontano i temi dell'identità nera e della liberazione dei neri e che utilizzano il linguaggio formale tipico del movimento, che include le tecniche del collage, della stampa serigrafica e dell'appropriazione di motivi.

Non sempre, però, fila tutto così liscio nella gestione della collezione, come rivela un articolo del "New York Times" di questi giorni che riguarda lo stesso Brooklyn Museum. Il museo possiede, infatti, un gruppo molto consistente di opere donate dal Colonnello Michael Friedsam nel 1932. Si tratta di dipinti fiamminghi e rinascimentali, porcellane cinesi, gioielli e mobili. Un quarto delle 926 opere si sono rivelate dei falsi o opere di scarsa qualità e il museo vorrebbe liberarsi di 229 pezzi, ma non può farlo per una clausola della donazione che vieta al museo di venderle. L'ultimo esecutore testamentario del colonnello è scomparso nel 1962. Un'altra clausola della donazione imponeva che, se il museo avesse voluto smembrare la collezione, essa sarebbe dovuta andare al cognato del colonnello e a due amici, per cui ora il museo si trova a dover trovare i loro discendenti, mettere in moto i suoi avvocati e sostenere le spese di mantenimento delle opere fasulle.

© Riproduzione riservata