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Tutto Sol in mezzo al Madre

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Tutto Sol in mezzo al Madre

Sono cinque, datati 2007, ed erano inediti fino a pochi giorni fa: intrichi di segni a matita più o meno densi e chiaroscurati a seconda dei punti, a formare grandi quadrati sul muro bianco. Fanno parte degli Scribbles, l'ultimo ciclo di wall drawings di Sol LeWitt, e sono stati scelti per aprire una mostra dedicata all'artista presso il museo Madre di Napoli. Sono accompagnati da una serie di disegni, gouaches e sculture realizzati da LeWitt dagli esordi, nel '68, fino al 2007, anno della sua morte.
Quasi tutte le opere di questa parte della mostra appartengono a collezioni napoletane. Per l'artista l'Italia fu infatti un punto di riferimento. La sua frequentazione del Paese fu assidua sin dal 1967, anno in cui, giunto a Roma, ebbe occasione di vedere, non senza sorpresa, la storica mostra in cui Jannis Kounellis presentava, presso la galleria L'Attico di Fabio Sargentini, dodici cavalli vivi. Di lì a poco sarà lui stesso a esporre presso L'Attico. Poi, nel 1975, con la mostra alla Modern Art Agency di Lucio Amelio iniziarono le sue frequentazioni napoletane; negli anni Ottanta si trasferirà con la famiglia a Spoleto. La moglie, Carol Androccio, è del resto originaria di Praiano.
Non è dunque un caso che in Italia, e a Napoli in particolare, si trovino diverse delle sue opere. A Napoli sue pitture murali sono visibili, oltre che al Madre, al Museo di Capodimonte, in una sala che gli è stata interamente dedicata, nella stazione della Metropolitana Materdei, dove vediamo una grande installazione a bande colorate, e nella sede della Fondazione Morra Greco dove il grande lavoro in bianco e nero rappresenta senz'altro un momento di particolare intensità. Uno dei pregi della mostra del Madre è proprio nel fatto che invita a visitare queste opere dislocate nella città come momenti di un corpus unitario di lavori.
Sol LeWitt non realizzava i wall drawings personalmente; i suoi pattern venivano tracciati sulla base di precise istruzioni da assistenti e volontari preventivamente preparati. Un metodo definito su base concettuale: a se stesso l'artista attribuiva infatti il ruolo di un compositore, le cui partiture possono essere interpretate nel presente, ma anche in futuro; e se la partitura, ossia il concetto, resta costante, il risultato varierà leggermente a ogni realizzazione. «Ogni singola persona traccia una linea in modo diverso», osservò LeWitt stesso nel 1971. Si trattava quindi di reinventare il processo artistico conferendo un senso di pluralità e di inclusione a un lavoro germinato in un ambiente minimal e concettuale; e di attivare un modo nuovo di pensare alla questione della permanenza dell'arte e della sua trasmissione di generazioni in generazione. Del resto, al tema dell'eredità artistica LeWitt era sensibile: «Mi piacerebbe produrre qualcosa che non mi vergognerei di mostrare a Giotto», affermava, chiarendo così quanto l'arte italiana, soprattutto gli affreschi del XIII e XIV secolo e l'architettura del primo Rinascimento, avesse influenzato le sue scelte.
La sua sensibilità non si rivolgeva solo al contesto storico-artistico; grande era anche la sua attenzione nei confronti di ciò che lo circondava. Ne testimonia la terza, ampia e sorprendente sezione di questa mostra, in cui si presenta la sua collezione personale di opere di altri artisti. Sin dagli anni Sessanta, infatti, l'artista aveva cominciato a raccogliere opere, fino ad annoverarne migliaia: ne riceveva, ne scambiava, ma soprattutto ne acquistava. Non si trattava di un hobby; LeWitt collezionava con impegno pari a quello che metteva nel realizzare la propria opera. Eppure, da tanto zelo, nelle sue scelte emergono una curiosità, una duttilità, uno sguardo trasversale che dicono l'interesse per la ricerca, per la riflessione e per l'immaginazione al di là di qualsiasi categoria prefissata. La collezione comprende opere dal più diverso carattere; vi figurano, naturalmente, quelle di coloro che l'artista annovera tra i propri compagni di strada: artisti minimalisti e concettuali europei e statunitensi, da Dan Flavin a Donald Judd, a Eva Hesse; quelle degli amici italiani, da Zorio a Nannucci, da Boetti a Paolini. Ma ci sono presenze molto diverse, da Muybridge a Shirin Neshat, dai popartisti alla transavanguardia, da Hans Haacke a Eleanor Antin. Nell'insieme la sezione della mostra dedicata alla collezione trasmette un senso di straordinaria apertura e di felice libertà.
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Sol LeWitt. L'artista e i suoi artisti, a cura di Adachiara Zevi, Napoli, Museo Madre, fino al 1º aprile.
In occasione della mostra è stato pubblicato il volume L'Italia nei wall drawings di Sol LeWitt, di Adachiara Zevi, Electa, Milano, pagg. 272, € 42,00

la sede
Nei suoi sette anni di vita, il Madre ha vissuto traversie non da poco. Giusto un anno fa rischiava la chiusura. Ora ha un nuovo direttore pronto a entrare in azione con un incarico di cinque anni; si tratta di Andrea Viliani, figura di credibilità internazionale, selezionata nell'ambito di un concorso a evidenza pubblica in base a capacità curatoriali già comprovate presso la Galleria Civica di Trento, di cui è stato direttore, e nell'ambito della partecipazione come "agente" alla tredicesima Documenta di Kassel. Il direttore amministrativo è invece Gianni Limone.
I fondi, di origine regionale ed europea, paiono essere stati assicurati.
Gli indirizzi strategici sono dettati dalla Fondazione Donnaregina, presieduta da Pierpaolo Forte, interessata, tra l'altro, ad attivare una serie di progetti di dimensione urbana e regionale, e già attiva in questo senso, in collaborazione con la Fondazione Morra Greco: attualmente in corso la bella mostra di Jimmie Durham organizzata di concerto presso Palazzo Reale.
Per Viliani l'azione sarà orientata anzitutto a corroborare la collezione, importante in quanto patrimonio pubblico e nucleo stabile del museo; a riportare il pubblico al centro del museo stesso, sviluppando in questo senso attività e servizi; a raccogliere la reputazione che il museo ha saputo creare nei suoi anni di attività, e rilanciare, impegnandosi a fare del museo un luogo di confronto tra passato e presente, e tra istituzioni diverse, in Italia, in Europa e oltre.
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