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E Guerzoni è a Palazzo Pitti

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E Guerzoni è a Palazzo Pitti

«Una mostra d'autore» la definisce Pier Giovanni Castagnoli, che l'ha curata con Fabrizio D'Amico. È stato infatti Franco Guerzoni stesso a voler saldare in queste sale la prima e l'ultima stagione del suo lavoro, lasciando volutamente in ombra – in una sede tanto prestigiosa, di cui altri avrebbero approfittato per esibire tutto il loro percorso – decenni del suo lavoro. Tanto colto quanto schivo, lui del resto non ha mai cercato allori ma ha sempre preferito lavorare in silenzio (a Modena, dove è nato nel 1948 e dove continua a vivere), andando in cerca dei resti di un passato ora remoto ora recente, ma perduto, come accadeva nelle fotografie degli Affreschi, 1972, in mostra, in cui con l'amico Luigi Ghirri esplorava «il ventre nudo» delle case in demolizione, affascinato dalle «cicatrici di vite vissute fra quelle pareti superstiti».
Per tutti gli anni 70 ha lavorato con la fotografia e ha creato bellissimi lavori concettuali nei quali corrompeva la superficie con muffe, efflorescenze organiche, fuliggine, salnitro, mostrando sin d'allora la cifra che avrebbe segnato tutta la sua ricerca, sino a oggi: lo scavo nella memoria, compiuto con un'attitudine intesa da tutti i suoi interpreti come archeologica, sebbene di un'archeologia insieme fantastica e feriale, fatta di muri poveri, di reperti non abbastanza aulici da essere museificati ma preziosi ai suoi occhi perché intessuti anch'essi delle mille microstorie rimaste impigliate in essi. Da quelle fotografie si passa subito ai cicli più recenti (la ragione è evidente perché, pur così diversi, questi nuovi lavori sono i figli di quelli) e si arriva alle splendide opere polimateriche degli ultimi anni, con i bianchi calcinati della serie Museo ideale, i neri dei Piranesi e il ciclo Musivum, 2012, in cui modella nella materia povera e opaca della scagliola migliaia di tessere di immaginari mosaici di scavo.
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Franco Guerzoni, La parete dimenticata, Firenze, Palazzo Pitti, fino al 7 aprile. Catalogo Skira

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