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L'asta di arte precolombiana a Parigi non raggiunge le stime minime

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L'asta di arte precolombiana a Parigi non raggiunge le stime minime

  • –di Antonio Aimi


L'asta del Museo Barbier-Mueller d'Arte Precolombiana che si è tenuta a Parigi il 22 e il 23 marzo 2013 si è conclusa con un fatturato di 10.296.300 euro (13.330.002 $), che rappresenta il livello più alto mai realizzato dal precolombiano presso Sotheby's. Quattro pezzi hanno stabilito il record mondiale del loro settore: la figura femminile Chupicuaro con 2.001.500 euro (stima 2-3 milioni di euro) per le terrecotte, la divinità antropo-zoomorfa Diquís con 721.500 euro (stima 150.000-200.000 euro) per le opere del Costa Rica, una figurina olmeca con 481.000 euro (stima 150.000-200.000 euro) per la scultura in pietra olmeca e un'urna funeraria marajoara (cat. n. 144) con 325.000 euro (stima 300.000-400.000 euro) per le terrecotte sudamericane. Volendo, si potrebbe aggiungere all'elenco anche un quinto record, quello del secondo top lot dell'asta: l'anatra in volo tarasca, che, pur in assenza di dati ufficiali, ha senza dubbio raggiunto il valore più alto mai pagato per un reperto di questa cultura: 1.609.500 euro (stima 1,5-2 milioni di euro).


I dati complessivi sono dunque impressionanti e confermano l'importanza e il peso dell'arte precolombiana nel mondo dell'arte "altra" e, più in generale, nel mondo dell'arte. Tuttavia questi stessi dati mostrano che i risultati dell'asta sono chiaramente inferiori alle aspettative. In primo luogo occorre osservare che il fatturato si colloca ben al di sotto del valore complessivo dei pezzi offerti, che erano stati stimati tra i 13 e i 17 milioni di euro. Inoltre, gli stessi risultati di tre dei primi cinque top lots (la figura Chupicuaro, l'anatra tarasca e l'urna marajoara) mostrano che il prezzo di vendita si colloca sotto la media delle stime. Di ben 500.000 euro, nel caso della figura Chupicuaro e di 150.000 euro nel caso dell'anatra tarasca, che ha ridotto le distanze rispetto alla figurina tarasca, che ora la precede di 400.000 euro, invece, di 750.000 delle stime (coerentemente con le osservazioni fatte nell'articolo on line del 18 marzo, al quale si rinvia anche per le immagini dei top lots qui non pubblicati e di altri pezzi molto significativi).

Le percentuali del venduto come valore e come numero di pezzi rispettivamente sono del 65,2% e del 47%. Dati che sarebbero già bassi se si fosse trattato di un'asta normale, ma che diventano molto deludenti se si considera che si trattava dell'asta più importante mai tenuta nel campo del precolombiano e che anche i pezzi più modesti vantavano pedrigrees e curricula espositivi di tutto rilievo.
Delle ragioni di questo flop si discuterà a lungo. Sicuramente le incertezze della situazione economica hanno avuto un peso notevole. Come già anticipato nella breaking news di domenica sera un ruolo decisivo, tuttavia, dovrebbe aver avuto anche la richiesta di restituzione avanzata da diversi paesi esportatori (Perù, Ecuador, Costa Rica, Messico). Poiché l'asta si è tenuta normalmente, queste richieste sono state considerate prive di valore legale. Ciò non di meno, esse sono riuscite a spaventare i collezionisti creando le premesse di questo risultato deludente.
In questa situazione è difficile individuare la ratio delle scelte dei collezionisti. Anzi l'assenza di una ratio che spieghi alcuni clamorosi invenduti e alcuni exploits sorprendenti non sembra rinviare al mondo del collezionismo nel suo complesso, ma a una serie di realtà frammentate, quelle che probabilmente non si sono fatte intimorire dalla richiesta della repatriation.
In altro modo, ad esempio, non si riesce a spiegare come la divinità antropo-zoomorfa Diquís, un pezzo importante ma di una tipologia di nicchia che finora non aveva suscitato un grande appeal, sia stato venduto a 4,12 volte la stima di base, mentre altre tipologie molto più sexy, come il vaso maya codex (cat. n. 122) (stima 60.000-80.000 euro) o il personaggio Colima (cat. N. 25 e stima e 40.000-50.000 euro), siano rimaste invendute, pur con prezzi abbastanza ragionevoli. Ma a proposito di pezzi sexy e di scelte poco comprensibili da parte dei collezionisti non si capisce perché i reperti con le scene erotiche Moche e Huari, (cat. n. 82 e 83) venduti entrambi a 16.875 euro ed entrambi stimati 15.000-18.000 euro non si siano schiodati dalle stime abbastanza prudenti di Sotheby's.


Lo stesso discorso vale anche per gli ori dell'Area Intermedia, che, pur essendo un tradizionale bene rifugio, hanno avuto rivalutazioni modeste o inesistenti rispetto alle stime. Basti pensare che un pettorale Coclé e un pendente tairona (cat. n. 57 e 67) sono stati aggiudicati rispettivamente a 13.750 e 27.500 euro a partire da stime di 12.000-15.000 e 18.000-20.000 euro. E qui, di nuovo, appare sorprendente il risultato di una figurina preclassica del Michoacán (cat. n. 19), una tipologia molto di nicchia, che ha raggiunto livelli analoghi, essendo stata venduta a 21.250 euro, 3,86 volte la stima di 5.000-6.000 euro.


In questo frangente la buona notizia per i collezionisti è che molte opere del Barbier-Mueller piuttosto sottovalutate resteranno sul mercato per qualche tempo e che i prezzi del precolombiano resteranno a lungo depressi sia rispetto all'arte africana sia rispetto all'arte europea.

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