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La rivincita della Villa Reale

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In Primo Piano

La rivincita della Villa Reale

Il lungo e scenografico rettifilo che punta verso la Villa Reale di Monza offre da molti mesi uno spettacolo insolito e incoraggiante. La villa che si staglia alla fine del cannocchiale prospettico è avvolta nelle impalcature e una grande gru in movimento la sovrasta. La notizia merita di essere evidenziata perché significa che la villa si sta finalmente risvegliando dopo un secolo abbondante di deprimente decadenza.
La «casa di campagna» voluta dall'arciduca Ferdinando d'Asburgo nel 1777 ed eretta in soli tre anni da Giuseppe Piermarini presenta una pianta a U, con il corpo centrale caratterizzato da un grande salone da ballo a doppia altezza, affiancato al primo e al secondo piano nobile dagli appartamenti di rappresentanza. Due ali laterali e le parti rustiche completano l'immobile. Ferdinando d'Austria si godette la villa fino al 1796. Poi, arrivò Napoleone e la villa finì in dote al viceré Eugenio di Beauharnais che la arricchì di nuovi ambienti, ampliò i giardini e fece recintare il gigantesco parco. Con la caduta di Napoleone, il possedimento tornò alla corona austriaca e nel 1859 la villa e il parco passarono nel patrimonio dei Savoia. Il re Umberto I amò particolarmente la villa di Monza, tanto da farla radicalmente riadattare negli interni in istile neobarocco dagli architetti Achille Majnoni e Luigi Tarantola. Nella villa di Monza il sovrano trovò spazi adatti al riposo, alle cacce e alle scappatelle extraconiugali. Purtroppo, il 29 luglio 1900, il monarca trovò qui anche la morte per mano dell'anarchico Gaetano Bresci. Il regicidio sancì l'abbandono della residenza da parte della famiglia reale e segnò l'inizio del suo lento declino, fino agli esiti drammatici dei tempi recenti.
Infatti, a parte qualche importante intervento di salvaguardia e di recupero operato dalla Soprintendenza nel primo piano nobile, il resto della villa sembrava destinato a cascare letteralmente a pezzi. E questo non tanto per mancanza di fondi, quanto per mancanza di idee chiare e condivise sulla futura destinazione e gestione della villa.
Per fortuna, due anni fa, si è potuti uscire dall'enpasse. Nel 2011 la Regione Lombardia ha bandito un concorso per il restauro e la gestione dalla villa, che oggi appartiene a un ente pubblico, il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Ad aggiudicarsi la gara è stata una società creata "ad hoc", denominata Nuova Villa Reale Monza Spa, e composta da Italiana Costruzioni Spa di Roma, Malegori Comm. Erminio di Monza e Na.Gest. Global Service Srl.
La Nuova Villa Reale Monza Spa ha preso tre impegni precisi: il primo di recuperare l'ala centrale della villa affrontando il restauro di oltre 40 stanze, per un totale di circa 10mila metri quadri, con 3500 metri quadri di superfici da rinnovare, 1200 metri lineari di impianti da posizionare, 2000 metri quadri di parquet storici da recuperare e 800 metri quadri di superfici lapidee da risanare. Il valore complessivo dell'intervento di ristrutturazione è di 24,3 milioni di euro, di cui 20,2 milioni vengono finanziati dal soggetto pubblico e il rimanente dalla stessa Nuova Villa Reale Monza Spa. Il secondo impegno è quello di trovare alla Villa Reale una corretta e redditizia destinazione d'uso, dando vita a quello che è il primo caso in Italia di project financing di una società culturale. Terzo impegno, finire i lavori e aprire la villa al pubblico entro la primavera del 2014.
Ce la faranno i nostri eroi della Nuova Villa Reale Monza Spa a tener a testa a tutti questi impegni? «Senza dubbio» conferma Attilio Navarra, presidente di Italiana Costruzioni Spa, che mi invita a visitare il cantiere. La Italiana Costruzioni e la società controllata Fratelli Navarra srl, operante nel settore del restauro monumentale e dei beni architettonici, sono ben note nel campo del recupero di edifici storici e monumentali, avendo restaurato la Basilica del Santo a Padova, il Palazzo Ducale di Genova, il Palazzo della Ragione a Verona, la Villa Scheibler e il Castello Sforzesco a Milano. Attualmente sono impegnate anche nel recupero del Colonnato del Bernini a San Pietro.
E a Monza, dottor Navarra, che cosa state combinando? «Venga che le mostro». Avvicinandoci al corpo centrale della villa ci rende subito conto che tutto il piano terra è oggetto di un'impressionante opera di consolidamento strutturale. «Questo è il punto della villa dove stiamo intervenendo in modo più radicale. Il nemico da combattere è la risalita dell'umidità che compromette le fondamenta. Alla fine dei lavori questo sarà l'ingresso alla villa, qui ci saranno i servizi d'accoglienza e un ristorante. Ma venga, saliamo al primo piano nobile».
Mi trovo nella grandiosa sala da ballo, che come le sale attigue è coperta di ponteggi. «In questo piano il grosso del lavoro è già stato fatto tra il 2004 e il 2009. Noi ci limitiamo a piccoli interventi. Interessante sarà la destinazione d'uso: tutto questo piano sarà dato in subconcessione per 20 anni a una società di Monza che curerà in proprio l'organizzazione di mostre, cerimonie, concerti, cene di gala ed eventi aziendali. Ovviamente un comitato scientifico da noi istituito, composto da esperti d'arte, musica e alta cucina, assicurerà che le manifestazioni siano adatte e in armonia con gli ambienti».
Saliamo lo scalone per raggiungere il secondo piano nobile, il più colpito dal degrado. In effetti, qui si assiste, non senza stupore, alla vera rivincita della villa: le volte, un tempo miseramente sfondate, sono state tutte recuperate con gli stucchi tardo ottocenteschi, e in parte s'è potuta recuperare anche l'antica decorazione neoclassica del Piermarini. Uno spettacolo a parte è rappresentato dai parquet, un tempo deturpati e divelti, che si presentano ora, dopo il passaggio dei restauratori, di una bellezza e di un varietà di forme davvero incredibili. Il loro recupero non mancherà di stupire i futuri visitatori. In questi mesi, chini sui pavimenti della reggia, ci sono gli studenti dell'Istituto Terragni di Meda che affiancati dal loro docente si esercitano in questo cantiere all'arte del commesso ligneo e del suo restauro.
Dottor Navarra, una volta finiti i lavori, a che cosa sarà destinato questo piano? «Ci sarà un'esposizione permanente di alto antiquariato. Il presidente della Fima (Federazione Italiana Mercanti d'Arte) Carlo Teardo ha accettato con entusiasmo questa idea, e abbiamo già 80 antiquari italiani e stranieri pronti ad aggiudicarsi con un canone gli appartamenti reali della villa per arredarli con dipinti, sculture, mobili e suppellettili di loro proprietà. Una commissione selezionerà gli oggetti, e gli allestimenti (che sono previsti a tema) cambieranno periodicamente. Le opere d'arte saranno tutte in vendita, il prezzo sarà ben definito e visibile e non ci saranno pericoli di notifiche successive, perché prima di ogni nuova esposizione la Sovrintendenza verificherà i pezzi uno ad uno».
E all'ultimo piano – chiamato Belvedere – che cosa ci metterete? «Saliamo che le mostro» dice Attilio Navarra. I sottotetti sono decisamente spettacolari per ampiezza e ariosità, per la complessità delle travature lignee e per gli sconfinati panorami sul parco che offrono le finestre. Gli ambienti appaiono come grandi open space e non rivelano vincoli artistici.
«Infatti – sottolinea Navarra – qui stiamo pensando a una destinazione più moderna, che abbia a che fare con la progettazione e la produzione del design contemporaneo. Tra poco decideremo la strada da percorrere e adegueremo questi bellissimi spazi alla loro nuova destinazione d'uso».
Dalla Villa Reale si esce impolverati ma felici, e soprattutto ottimisti che la formula di recupero e di rilancio qui sperimentata possa davvero essere un modello da usare altrove per rimettere in moto l'Italia partendo dalla sua ricchezza più vera e autentica: l'immane patrimonio artistico e culturale.
«Il caso della Villa Reale – conclude Attilio Navarra – testimonia come sia possibile creare valore superando i conflitti tra pubblico e privato con un privato che opera per il bene pubblico, responsabilizzandosi nella conservazione dei beni culturali; e con un pubblico che ricorre al privato ed a nuovi strumenti come il project financing, per raggiungere risultati che, da solo, non potrebbe conseguire».
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