Il 7 febbraio 1963 un trafiletto del quotidiano milanese «Corriere d'Informazione» annuncia: «Un giovane pittore, Piero Manzoni, di trent'anni, è morto per paralisi cardiaca nel suo studio al pianterreno di via Fiori Chiari 16. Il giovane pittore è stato colto da malore, mentre era solo. Ha tentato forse di chiamare aiuto, ma non è riuscito a farsi sentire. Dopo sei ore è stato trovato morto dalla madre e dalla fidanzata che, dopo avergli telefonato, spaventate del lungo silenzio, sono accorse in via Fiori Chiari. Aperta la porta, hanno trovato Piero Manzoni ormai cadavere. Un medico ha fatto risalire la morte del giovane pittore a circa sei ore prima e l'ha attribuita a paralisi cardiaca. Il giovane soffriva da tempo di una forma cardiaca. Piero Manzoni era noto tra i pittori d'avanguardia». Allora la cronaca nera enunciava fatti, non faceva spettacolo.
Niente ricami: cronaca, appunto. Un ritratto fotografico d'archivio, una nota stringata e precisa, e un'altra esistenza si è conclusa: una vita tanto breve quanto bruciante, quella di uno dei grandi del l'arte europea del secondo dopoguerra. Questo il cronista non può saperlo. Così come ignora che giusto pochi mesi prima, il 6 giugno 1962, il cuore ha tradito anche Yves Klein, in una sorta di parallelismo beffardo nella tragedia. Il 25 gennaio si è inaugurata un'altra personale di Manzoni alla Galerie Smith di Bruxelles: ancora Achromes, compresa la serie recente delle sequenze di michette applicate al supporto. Il viaggio al nord l'artista l'ha fatto insieme a Nanda Vigo e ha comportato molte tappe, molti incontri con i vecchi amici, Goepfert, Vandercam, Verheyen, Peeters, Sonnenberg, e nuovi progetti. Tra le iniziative di cui si discorre spicca l'idea di realizzare una seconda mostra Nul, questa volta a Eindhoven, mentre a Berlino si va preparando la grande uscita del gruppo Zero alla Galerie Diogenes e Otto Piene lavora al manifesto Zero der neue Idealismus, in chiave di ufficializzazione ulteriore e già, anche, di autostoricizzazione.
Il 16 gennaio, intanto, anche l'italiana galleria Il Fiore di Firenze ha preso ad allinearsi, sia pur tardivamente, alla nuova tendenza internazionale, organizzando una «Mostra monocroma» imperniata intorno a Manzoni e Klein, accompagnata da musica sperimentale e reading poetici, anche se piuttosto squilibrata nelle presenze. Se questo è il tempo delle prime messe a punto retrospettive, anche Manzoni immagina di fissare dei punti inderogabili. Con Sonnenberg, l'amico di sempre, pensa che un catalogo sistematico di tutta la propria opera sia necessario sia in termini di informazione, sia di monumentalizzazione della sua figura. Del resto proprio a Rotterdam, al Kunstkring, si è tenuta nel 1958 la personale che ha annunciato in ambito internazionale la sua intuizione geniale dell'acromia. Sono passati quasi cinque anni, e il mondo dell'arte europea ne è uscito trasformato. Ormai Manzoni pensa pochissimo all'ambiente italiano. In realtà, pensa pochissimo a ogni milieu, a ogni circostanza. Vive una sorta di vitalismo frenetico, ma tutto finalizzato al lavoro, all'obiettivo di spostare ancora un po' il confine possibile del l'idea di arte. E Manzoni, ora. Manzoni che... «Non c'è nulla da dire: c'è solo da essere, c'è solo da vivere». Così ha scritto in Libera dimensione. Ci sarebbe da vivere, appunto. Ma i fatti decidono diversamente. Accade, infine, che un padre morale debba seppellire il proprio figlio morale. La trasmissione radiofonica della Rai «Il Gazzettino Padano» l'8 febbraio chiede a Lucio Fontana di testimoniare quale è stata l'importanza di Piero Manzoni per le nuove generazioni che operano nell'arte.
Fontana. Nella sua mostra che tuttora continua a Bruxelles il nostro povero amico Manzoni aveva esposto i risultati delle sue ultime ricerche, che si esprimevano nell'applicazione di nuovi materiali e delle sue teorie estetiche. Aveva usato questa volta fibre sintetiche, gessi, pani, cotone, tutto in una ossessione di bianco. Ma la scoperta più importante, direi eccezionale, di Piero Manzoni era la linea, che io ritengo un'invenzione artistica di portata internazionale.
Domanda. Fontana, questa linea di Piero Manzoni, morto ieri sera a Milano, era stata capita da tutti?
Fontana. Tutt'altro! Manzoni era un uomo di ricerca e la linea non era e non è facile da capire e da accettare, però io ho la ferma convinzione che la linea di Manzoni ha segnato un punto fondamentale nella storia dell'arte contemporanea.
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Ai primi di giugno sarà in libreria la biografia che Flaminio Gualdoni ha dedicato a Piero Manzoni (pagg. 256, € 27,00) edita da John & Levi nell'occasione del doppio anniversario della nascita (ottant'anni fa) e della morte, avvenuta cinquant'anni orsono. Piero Manzoni (1933-1963) è stato una delle figure cruciali della ricerca artistica del secondo dopoguerra: dagli Achromes alla Merda d'artista, dai Corpi d'aria alle Sculture viventi, le sue opere hanno segnato, alla fine degli anni Cinquanta, il passaggio definitivo al clima artistico fatto di pratiche concettuali e di impiego di materiali non tradizionali, di vere e proprie azioni e di enunciati teorici di forte impatto. Una biografia organica dell'artista – che desse conto non solo del Manzoni pubblico ma anche del personaggio privato – sino a ora non esisteva. Ed è merito di Flaminio Gualdoni aver ripercorso l'intera parabola dell'artista alla luce di molti documenti inediti. Qui sotto proponiamo il capitolo conclusivo del libro nei quale si narra della precoce morte del giovane maestro, passata pressocché sotto silenzio.
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