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Vedova detto il Tintoretto

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Vedova detto il Tintoretto

Oltre è il titolo degli otto grandi quadri di Emilio Vedova che intervallano con furenti vortici di colore lo spazio della sala terrena alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia, in occasione del raffinato omaggio che gli rende la mostra Vedova Tintoretto, aperta fino al 3 novembre. Sono grandi cerchi iscritti nel quadrato della tela con cui Vedova (Venezia 1919-2006) intitola la sua pulsione verso ciò che non finisce qui, né ora.
Gli Oltre sono un ciclo del 1985, e cadono in un momento di maturazione a cui giunge con una determinata cavalcata contro il caos che affronta, cercando di opporvisi con il suo violento gesto pittorico. Lo dichiara lui stesso nel 1954: «Tutto va rimesso in causa, oltre ogni apriorismo, oltre ogni presunzione di affrettati e superficiali nuovi ordini».
Quel maestro visionario che ha anticipato e scavalcato l'informale intende la propria arte come un «urto di verità, un catartico rovescio per un aprirsi di nuova coscienza». Tuttavia, non procede con fare da iconoclasta, ma pescando a piene mani nel passato. Si confronta con un altro visionario della sua città, Jacopo Tintoretto (1519-1594), dichiarandolo in molti appunti di studio del 1981 e 1991, e anche diversi anni prima, quando a cavallo tra il quarto e il quinto decennio del secolo, e poi ancora alla metà dei Cinquanta, studia e omaggia a un tempo il maestro antico con schizzi, disegni, tele. Nell'imponente vano superiore della Scuola Grande di San Rocco, dove il pittore tardo-manierista è all'opera dal 1564, la mostra curata da Germano Celant con Stefano Cecchetto propone il raffronto diretto tra i teleri cinquecenteschi e alcune tele o fogli di Vedova. Ha "interpretato" l'antico e lo ha "studiato", come esplicitano gli stessi titoli dei suoi lavori a tempera o inchiostro su carta o a olio su tela. Quelli esposti sono una quindicina, illustrati nel catalogo edito da Marsilio insieme ad altri dell'archivio della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova che palesano l'importanza e la reiterazione del dialogo con Tintoretto, capitolo centrale della ricerca artistica di Vedova.
È riduttivo pensare che Vedova abbia guardato a Tintoretto per la comune vocazione all'uso estremo del colore sotto l'impulso del gesto. Aspetto, questo, non secondario ma neppure esaustivo di quella liaison. «Tintoretto aveva i contenuti», appunta Vedova in un quaderno nel 1959. Non possiamo scindere quella pennellata violenta e decisa dal suo impegno etico, sociale, politico di ex partigiano. Come Tintoretto, entra nelle viscere della pittura, ma il suo astrattismo è paradossalmente carico di contenuti.
Difficile a dirsi, e forse anche a vedersi. Ma questa constatazione si palesa per ciò che i lavori di Vedova fanno sentire: passione e rabbia, fuse insieme dal colore.
Tra gli appuntamenti extra della Biennale ve ne sono altri dedicati all'artista e la sua città, che non arrivano però a rendere l'evidenza di un rapporto diretto e dichiarato con il passato come questo alla Scuola Grande di San Rocco. Con l'iniziativa Vedova plurimo i Musei Civici Veneziani, sempre sotto la regia di Germano Celant, hanno inserito opere nei diversi contesti museali del Correr, di Ca' Pesaro e di Ca' Rezzonico, in un'operazione più che sensata dal punto di vista concettuale e culturale, ma visivamente meno efficace. È appagante sotto ogni aspetto la visita alla sede della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova alle Zattere, che espone fino al 24 novembre i ... Cosiddetti carnevali. Si tratta di nove assemblaggi di carta, legno, plastica, carboni, tela, pastelli, pittura.
Realizzati tra il 1977 e il 1983, sono in parte inediti anche perchè Vedova non li ha intesi come opere da esporre; cosicché, non esibito, «questo ciclo non ha costituito un territorio condiviso, contestuale e relazionale», spiega Celant nel breve ma intenso testo introduttivo del catalogo edito da Skira. È stata una sorta di rimozione da parte dell'artista che lascia così aperta al critico e al fruitore la chiave di lettura di un tema che di per sé gioca sull'ambiguità: quello tutto veneziano della maschera e del carnevale.
A Venezia aveva riaperto solo nel 1979, dopo l'interruzione dovuta all'occupazione francese e austriaca; pertanto è prima il Carnevale di Rio de Janeiro, già nel 1954, a stimolare l'artista verso il tema. Col tempo lo sviluppa, nel gioco tutto vedoviano di contrasti tra polarità ostili di essere e apparire, forma e contenuto, vita e morte. Negli anni Ottanta, poi, la maschera assume per l'artista una valenza più critica, all'interno della sua denuncia per una pittura, e per una vita, fatte di futili apparenze. Quelle sagome informi, nel magma cromatico di bianco e nero in cui la maschera viene fagocitata, scandiscono il suggestivo Spazio Vedova di Renzo Piano. Qui, la Venezia di Vedova appare cupa e monocroma e il suo Carnevale si fa reiterato rito iniziatico di rigenerazione, attraverso la pittura e oltre la pittura.
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le mostre
Sono diverse le iniziative dedicata a Emilio Vedova (1919-2006) curate da Germano Celant e coordinate dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova.
I Musei Civici con «Vedova plurimo» inseriscono sue opere nei percorsi museali di Correr, Ca' Rezzonico e Ca' Pesaro (fino al 13 ottobre, info 041/2405211, www.visitmuve.it).
Nella sede della Fondazione alle Zattere, fino al 24 novembre, «Cosiddetti carnevali» (info 041/5201959; www.fondazionevedova.org ,
catalogo Skira).
Alla Scuola Grande di San Rocco
«Vedova Tintoretto»,
fino al 3 novembre
(info 041/2201268; www.scuolagrandedisanrocco.it . Catalogo Marsilio).

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