La Seconda guerra mondiale scoppiò il 1° settembre 1939. Esattamente dieci giorni più tardi, l'11 settembre, la Madonna Sistina di Raffaello Sanzio – l'opera più celebre della Semper Galerie di Dresda, realizzata attorno al 1513 per la chiesa di San Sisto a Piacenza e venduta ad Augusto di Sassonia nel 1754 – venne preventivamente tolta dalla sua cornice e portata in uno scantinato sotto lo Zwinger. Fu subito chiaro però che quel nascondiglio in cantina, nel pieno centro della città, non poteva che essere provvisorio. I vertici della Galleria – allora diretta da Hans Posse – pensarono subito a una nuova e più adeguata collocazione optando per la Fortezza Albrecht a Meissen e qui, il 6 novembre 1939, la Madonna Sistina venne trasferita.
Morto il direttore Posse, Herman Voss prese il suo posto, entrando in servizio nel marzo del 1943. Giunto a Meissen per constatare di persona le condizioni della Madonna Sistina, il neodirettore Voss si rese conto della poca sicurezza del rifugio in caso d'attacco aereo, e a causa valori climatici costanti non garantiti e della scarsa segretezza del luogo, noto e accessibile a quasi tutta la popolazione di Meissen. E in pericolo non era solo la Madonna Sistina, ma anche le altre 427 opere d'arte chiuse in 60 casse affastellate attorno al capolavoro di Raffaello.
Il direttore pensò che l'unico posto sicuro sarebbe stata, a questo punto, una cavità sottoterra. Poiché per scavarne una apposita necessitavano tempi e mezzi ormai non più disponibili a quel punto del conflitto, alcuni esperti di mineralogia consigliarono a Voss di cercare un luogo adatto nei monti a sud della Sassonia. Nel maggio del 1943 venne identificato un tunnel ferroviario lungo circa 250 metri in disuso a Rottewerndorf, posto alla fine della linea ferroviaria Pirna-Gross Cotta. Quel tunnel fu ritenuto ideale.
Protetto da otto metri di roccia e sei metri di terra soprastanti, il tunnel garantiva totale sicurezza dai bombardamenti. Era necessario solo assicurare i giusti parametri interni di umidità e di aerazione. E per far questo i tedeschi misero in campo tutta la loro organizzazione: costruirono un vagone merci apposito dotato di pareti esterne doppie, ammortizzate con intercapedini di segatura, ma soprattutto dotato di un impianto interno di riscaldamento, aerazione e climatizzazione. Parallelamente alla costruzione del vagone, si predisposero lavori di muratura: l'apertura del tunnel verso la stazione di Gross Cotta venne sbarrata da un muro di mezzo metro di spessore; l'altra apertura venne serrata con due porte d'acciaio.
Il trasporto del Madonna Sistina all'interno del tunnel di Gross Cotta avvenne il 15 dicembre 1943, e assieme al capolavoro raffaellesco confluirono nel tunnel, uno dopo l'altro, i più preziosi dipinti della piacoteca di Dresda. Si arrivò a contarne 380 e gli ultimi invii giunsero pochi giorni prima dell'apocalisse di fuoco che i bombardieri alleati scatenarono su Dresda la notte tra il 13 e il 14 febbraio 1943, radendo al suolo la città.
Nel maggio del 1945 la Germania hitleriana collassò nella morsa delle truppe alleate e sovietiche. I russi giunsero alle porte Pirna l'8 maggio. Le guardie tedesche che fino al quel momento avevano presidiato il tunnel di Gross Cotta abbandonarono la postazione, bruciarono i documenti, gettarono armi e uniformi e si diedero alla macchia. Le opere d'arte restarono in custodia di due restauratori di Dresda, Alfred Unger e Alfred Heese, ma essendo venuta a mancare la corrente elettrica, i sistemi d'aerazione e climatizzazione del vagone si erano completamente bloccati.
Interrogando a Dresda alcuni funzionari tedeschi del ministero dell'Istruzione, i sovietici riuscirono a localizzare il nascondiglio di Gross Cotta il 12 maggio. Data la sua rilevanza, la scoperta del tunnel venne immediatamente riferita a Stalin, ma su chi fosse stato il vero responsabile del ritrovamento sorsero più tardi numerose leggende, poiché furono in molti a rivendicare a sé il primato della scoperta, in particolare il maresciallo Ivan Konev. In realtà fu il sottotenente Leonid Rabinovich l'autore del rinvenimento. Il 14 maggio Rabinovich entrò nel tunnel, aprì il vagone e individuò la cassa con la Madonna Sistina. Senza indugio la caricò su un camion e la riportò a Dresda. Gli altri dipinti del deposito rimasero nel tunnel ferroviario ma i russi fecero in modo che venisse ripristinata la corrente elettrica e con essa gli impianti d'aerazione e climatizzazione.
Rabinovich consegnò la Madonna Sistina al Quartier generale russo, ospitato nel Mattatorio della città, uno dei pochi edifici di Dresda rimasti in piedi dopo l'ecatombe del bombardamento. Qui, la cassa con la pala venne piazzata in un'anticamera poco illuminata, su un pavimento cosparso di bottiglie vuote e mozziconi di sigarette. Raffaello rimase in quel "macello" fino al 22 maggio. Poi, la tela venne portata nel Castello Pillnitz lungo l'Elba, luogo che era diventato il deposito centrale della commissione «Trofei di Guerra» dell'Armata Rossa. A Pillnitz giunsero poco dopo alcuni funzionari sovietici delle Belle Arti – tra cui il vice direttore dell'Ermitage Michail Dobroklonki – incaricati di scegliere alcuni "trofei" artistici da inviare a Mosca. E Dobroklonki non poté fare a meno di selezionare la celeberrima Madonna Sistina.
Il 30 luglio 1945 un primo treno con opere d'arte delle collezioni di Dresda lasciò in totale riservatezza Pillnitz con destinazione Mosca. Il 10 agosto un aereo di alzò in volo da Dresda con medesima destinazione. Giunto nella capitale russa, il "carico" venne destinato al Museo Puskin, luogo scelto per il deposito dei "bottini" sovietici.
Intanto in Germania ci si cominciò a interrogare sul destino dei capolavori di Dresda (e in particolare della Madonna Sistina) che sembravano spariti nel nulla. Il 6 dicembre 1945 alcuni giornali tedeschi – sulla base di un'agenzia svedese bene informata – pubblicarono la notizia che opere d'arte dei musei tedeschi – e la Madonna di Raffaello – erano probabilmente state trasferite al Museo Puskin di Mosca. Ma i russi smentirono la notizia mentendo senza alcuna reticenza. Il quadro, invece, si trovava sul serio nascosto nei depositi del museo moscovita, ed era interdetto alla vista di chiunque per ordine diretto di Stalin. La Madonna Sistina "sparì" letteralmente per quasi dieci anni.
Solo nella primavera del 1955 le autorità sovietiche, per bocca di Molotov, ammisero di possederla. Il mutamento del clima politico sopraggiunto dopo la morte di Stalin (che si era spento nel 1953) innestò questa fase d'apertura e trasparenza. Tuttavia, per giustificare il lungo oblio dell'opera, i russi fecero circolare la leggenda del "salvataggio", secondo la quale durante la Seconda Guerra Mondiale le opere d'arte erano state conservate dai tedeschi in condizioni così disastrose da aver reso necessario e urgente il trasferimento in Russia della Madonna Sistina per sottoporla a un lunghissimo restauro. Un curioso dipinto realizzato da Mikhail Kornetsky, oggi conservato nel Museo Nazionale di Riga, mette in scena l'improbabile restauro della Madonna Sistina affidata alle amorevoli mani di una restauratrice russa che sta lavorando sotto gli occhi vigili di due soldati dell'Armata sovietica. In realtà, la Madonna Sistina era riuscita a sopravvivere alla guerra in discrete condizioni di conservazione.
Il 3 marzo 1955 il governo sovietico ufficializzò la restituzione delle opere d'arte "restaurate" ai "fratelli" della Germania del l'Est, in occasione della firma imminente del Patto di Varsavia (14 maggio). A partire dal 2 maggio la Madonna Sistina venne tolta dai depositi e "ricomparve" nelle sale del Museo Puskin, assieme ad altri 515 dipinti. La mostra che si approntò per mostrare questi "trofei" rimase aperta fino al 20 agosto e riscosse un consenso di pubblico così imponente che fu necessario organizzarsi per renderla accessibile dalle 7 del mattino alle 23 della sera. L'esposizione venne visitata da un milione e 200mila persone, e tutti si fermarono, naturalmente, davanti alla "star" dell'evento: la Madonna di Raffaello.
Finita la rassegna, una delegazione capitanata dal ministro degli Esteri della DDR Lothar Bolz venne a prendere in consegna le opere di Dresda e le caricò su un treno speciale. Il convoglio raggiunse Berlino il 16 ottobre 1955 e qui venne allestita una nuova mostra delle opere "restaurate" alla National Galerie che aprì i battenti il 27 novembre e li chiuse il 23 aprile 1956. Il 27 aprile 1956 la Madonna Sistina venne messa su un camion e portata finalmente a Dresda. ll 3 giugno avvenne la solenne cerimonia di collocazione del quadro nella Galleria di Semper. Le peripezie del dipinto erano finite, giusto in tempo per festeggiare i 750 anni della fondazione della Firenze sull'Elba.
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libro & presentazione
Piacenza celebra il suo capolavoro
La Banca di Piacenza celebra con un libro strenna uno dei capolavori più noti della pittura italiana. Il volume «Raffaello. La Madonna Sistina», redatto da Marco Carminati, Antonella Gigli e Stefano Zuffi ed edito da Umberto Allemandi, viene presentato domani a Piacenza nella Sala Convegni Banca di Piacenza (via 1° Maggio 37, ore 18) dal presidente della Banca Luciano Gobbi, dagli autori e dall'editore Umberto Allemandi. Il libro narra la storia e le vicissitudini del celebre dipinto, realizzato su ordine di Giulio II per Piacenza tra il 1512 e il 1513, venduto nel 1754 ad Augusto III (che lo portò a Dresda) e sopravvissuto a viaggi e conflitti, come racconta Marco Carminati nel capitolo qui riprodotto, dedicato agli anni 1939-1955.
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