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Adrian Paci, artista migrante

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Adrian Paci, artista migrante

Adrian Paci è cresciuto nell'Albania comunista di Enver Hoxha e negli anni Novanta, mentre il caos s'impadroniva del suo paese, lui si trasferiva in Italia e scopriva le contraddizioni di una società consumista, individualista e massificata.
Forse per questo le grandi dichiarazioni non gli sono proprie, le mode non lo impressionano, le posizioni astratte e universali gli ispirano diffidenza. D'altra parte la contingenza non è sufficiente ad appagarlo. Piuttosto, ad attrarlo, sono temi specifici, attuali, nei quali però sia possibile leggere l'intera storia dell'uomo. Gesti come una stretta di mano, l'espressione tesa di una sposa che saluta i familiari da cui il matrimonio la separerà, gli uomini in attesa, giorno dopo giorno, di un datore di lavoro. O dei cavatori mentre estraggono dalla montagna un grande blocco di marmo.
Figlio di un pittore dotato di una rigorosa ma superata preparazione accademica, Adrian Paci ha cominciato a sperimentare tecniche diverse: video, fotografia, installazione e performance. E nell'atto di migrare (personalmente esperito) e nella necessità di riaggiustare continuamente lo sguardo, Paci finisce per individuare la dimensione più propria dell'uomo e dell'artista.
Il viaggio, l'attraversamento, il rapporto profondo con il luogo d'origine che non è tanto luogo fisico al quale tornare, ma dimensione profonda da portare con sé; la precarietà che spinge a immaginare nuovi modi di vivere, nuove forme di relazione con il contesto, ma anche nuovi linguaggi artistici con i quali esprimersi. A tutto questo fa riferimento la mostra del PAC di Milano dal titolo «Adrian Paci. Vite in transito».
Dalle opere esposte emerge un senso di umanità e di rispetto. Vi vediamo gli uomini in attesa di un aereo che non arriva in Centro di Permanenza Temporanea; una schiera di disoccupati ma carichi di potenzialità ma bloccati in silenziosa attesa in Turn On; i volti estatici dei fedeli raccolti di fronte all'icona sacra in PilgrIMAGES e una prefica che, in Vajtojca, celebra un momento di passaggio cantando sia il lutto per quanto si è lasciato, sia la gioia per le nuove possibilità che si aprono. Assistiamo, con The Circle, al rituale enigmatico tramite il quale una donna e un cavallo accordano il passo creando uno spazio di intesa e di comunicazione. Immagini chiare, fortemente iconiche, che parlano del mondo di oggi, ma si offrono anche a una visione contemplativa.
Al centro dello spazio espositivo si trova, allungata in orizzontale, una possente colonna in marmo; è uno degli elementi che compongono The Column, il progetto più recente di Paci. L'opera racconta di un blocco di marmo estratto da una cava cinese, caricato su una nave cargo e lavorato a bordo fino a prendere la forma di colonna. La rotta è ignota. Se l'immagine della nave che solca il mare e da cui il materiale grezzo esce trasformato in prezioso manufatto è legata all'immaginario fantastico del viaggio, l'opera fa anche riferimento alle strategie economiche espanse della società odierna, ai traffici commerciali e alla drammatica realtà delle navi-fabbriche, al senso del lavoro, al valore della cultura classica, rappresentata in uno dei suoi elementi emblematici, la colonna, appunto. Pur nell'essenzialità delle immagini, Paci insiste sui dettagli, sui primi piani, su frammenti della vita quotidiana che si svolge a bordo della nave. Come in altre opere, lo vediamo indugiare sui volti, sugli sguardi, con un'attenzione che non nasce da un'attitudine descrittiva, ma è atto di rispetto per l'individuo. In questa, come nelle altre opere dell'artista, il senso scaturisce dalla coesistenza di circostanza e di universalità, di compartecipazione e di distanza, di poesia e di critica: una critica che si fa continua asserzione del valore fondamentale della dignità. Ma il viaggio per mare assume anche un carattere epico: l'immagine dei raggi di sole che, alla fine del video, accarezzano la colonna, ne sanciscono la dimensione simbolica. Così, narrando di viaggi e di trasferimenti, dell'orientamento globale e delle dinamiche interculturali che ci riguardano, Paci esprime, con la sua opera densa e stratificata, i cambiamenti profondi del nostro tempo. Un messaggio che passa attraverso le grandi produzioni, come The Column, ma anche attraverso pitture e disegni, presenti in ampio numero nella mostra di Milano. In questo, infatti, la mostra si differenzia rispetto alla versione precedente, presentata mesi fa al Jeu de Paume. E anzi, proprio dalla decisione di esporre un nucleo di disegni inediti, provenienti dalla collezione privata di una persona a lui vicina sin dall'arrivo a Milano, nasce la parte più originale della mostra. Si tratta di un contributo di tipo installativo, una serie di "tavoli" appositamente concepiti su cui i disegni si innestano come se ne facessero parte. L'intervento è stato realizzato da Giovanni De Lazzari, artista formatosi con Adrian Paci durante gli anni del suo insegnamento all'Accademia di Belle Arti di Bergamo. Se i disegni raccontano saggi e sperimentazioni di Paci nel primo periodo trascorso in Italia, la scelta di esporli proprio nella città che lo ha accolto, insieme all'intervento poetico e sottile di De Lazzari, genera un circuito, una sorta di triangolazione che parla di solidarietà, di scambio, di una trasmissione preziosa in termini di crescita artistica e di rapporti umani.
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Adrian Paci. Vite in transito, Milano PAC fino al 6 gennaio 2014

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