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In Primo Piano

Jean-Paul Getty
(1892-1976)
Arrivai con Federico Zeri in un trenino malandato ad una stazione in the middle of nowhere dove ci attendeva un'automobile anonima come l'autista che la guidava. Da lontano la casa, Sutton Place, nel Surrey, appariva solenne, fitti i boschi che l'avvolgevano, scarsi i fiori, l'atmosfera più cupa che festosa. Ci attendeva in biblioteca e non mi apparve antipatico ma nemmeno caloroso: assomigliava ad un segugio affaticato, l'occhio appannato ma lo sguardo inquisitorio. Ci offrì qualcosa da bere: uno sherry poco profumato, né caldo né freddo, e di lì a poco si passò a tavola. Una colazione insipida, poche parole, accorte. Federico parlava per tutti, esilarante. Il vecchio signore sorrideva e finì per ridere un paio di volte: i denti erano giallognoli ma in ordine. Mi chiese se conoscevo la sua raccolta e gli risposi che avevo visitato quel che era visibile qua e là, anche a Los Angeles: «Quale è il mio migliore mobile?» Gli risposi che era il doppio secrétaire fatto per le figlie di Luigi XV. E il secondo? E il terzo? Si andò avanti per un quarto d'ora.
Arrivò un terzo ospite, un uomo elegante camuffato da arabo che parlava l'inglese come Gielgud. Mi sembrava un attore ma mi venne presentato come un cugino di un sovrano mediorientale. Si parlò di grandi vini ma a tavola si servì un vin ordinaire e poi Mr. Getty mi affidò ad un segretario che mi fece fare il giro della casa e mi portò nella mia stanza – spoglia, fredda, con una stufetta elettrica e un bagno da convento: – «Non c'è telefono ma accanto all'ingresso c'è una cabina; se desidera il maggiordomo le darà i gettoni». Rimasi molto impressionato da una formidabile Allegoria della Fortuna di Salvatore Rosa che ora è nel Museo di Malibu; il resto della casa sembrava ispirato ad un racconto di Agatha Christie.
Il tè non fu gaio ma Mr. Getty fu loquace, il suo spirito era secco e senza friandises come il liquido che venne servito in tazze di maiolica bianca con teiera e vassoio in argento vittoriano ben lucidato. Mi fece poi accompagnare nel parco: «Le querce sono considerate fra le più antiche dell'Inghilterra». Pensai che forse "quelle sacre antiche piante" erano di epoca druidica come quelle di Norma. Poi fui portato a vedere un immenso leone che rosicchiava lo scheletro di un bue nella sua gabbia di ferro. I ruggiti, la notte non mi fecero dormire.
Elvina Pallavicini
(1914 - 2004)
Non era una storica dell'arte e nemmeno una collezionista vera e propria ma il suo ruolo nella vita artistica italiana incrociò spesso molti esponenti di quelle due inclinazioni intellettuali. La Principessa Pallavicini potrebbe essere considerata piuttosto come la direttrice di uno straordinario museo che fu in grado di difendere con coraggio, di amministrare con prudenza, di arricchire con giudizio. Infine consentì a tutti di ammirarlo e di poterlo studiare. Niente di simile era usuale nel mondo del quale faceva parte, interessato soprattutto a mantenere rango e privilegio più per diritto di nascita che per merito personale.
Alla sua chiaroveggenza si deve di avere commissionato negli anni Cinquanta il catalogo della collezione di famiglia a Federico Zeri. Questi, che allora faceva ancora parte dell'amministrazione pubblica, assolse il compito che gli era stato affidato con la sua proverbiale competenza e da subito ogni singola opera d'arte dei discendenti della famiglia di Clemente IX e di uno dei più facoltosi cardinali del Seicento, Lazzaro Pallavicini, venne schedata dal Gabinetto Fotografico Nazionale e messa a disposizione di chiunque. Erano gli anni in cui i membri di altri casati storici negavano spesso l'accesso, lo studio e la riproduzione fotografica delle opere d'arte da loro ereditate.
La Principessa fece di più, restaurando l'intero palazzo e il suo sterminato contenuto e mettendo anche ordine nell'archivio Pallavicini che rese accessibile a chi avesse motivi per consultarlo. Come accennavo immise nella raccolta alcuni dipinti importanti provenienti dalla propria famiglia, i Medici del Vascello, e acquistò mobili e oggetti d'arte favorendo quelli di provenienza romana: per questo nel Palazzo Pallavicini si trovano oggi alcuni dei più begli arredi appartenuti nel Settecento ai Chigi e ai Barberini.
Anche il personaggio privato era fuori dal comune, e non confondeva mai le sue simpatie con i doveri che riteneva appaiati alla sua posizione sociale per quanto fosse sempre possibile indovinare ciò che pensava e ciò che sentiva. Ogni suo atto sembrava guidato da una curiosità inappagabile: intendeva vedere coi propri occhi e non solo con quegli degli altri. Volle assolutamente capire come vivevo e date le sue condizioni fisiche, che la costringevano su una sedia a rotelle, inviò un suo impiegato per verificare se le dimensioni del mio ascensore le consentissero di salire all'ultimo piano dell'edificio in cui abitavo. Venne a ispezionare ogni cosa, a vedere dove scrivevo e come studiavo. Quando si trattava di visitare una mostra riusciva a farsi trasportare in luoghi di non facile accesso dove giungeva issata come in una sedia gestatoria, imperterrita, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. Ero commosso da questa sua assoluta determinazione. Credo che si fidasse di pochi individui e non penso che riuscisse a dimenticare quasi nulla, nel bene e nel male. Sapeva chi era e non consentì mai ad alcuno di ignorare ciò che riteneva le fosse dovuto senza però trascurare quel che a suo modo di intendere era giusto mettere a disposizione degli altri. Mi ha sempre ricordato un personaggio di Proust, gentile col prossimo non tanto per considerazione quanto per rispetto di sé stessa: sono regole che si imparano alla nursery come si memorizzano le date delle battaglie, i nomi delle dinastie e dei papi e la declinazione delle parole latine. Alla sua morte il palazzo e la collezione erano di gran lunga in migliore stato di quanto lo fossero quando vi entrò poco prima della guerra nel 1939.
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il libro
Immaginiamo Alvar González-Palacios, uno dei grandi storici dell'arte del nostro tempo, che ci aspetta all'ingresso di una fastosa galleria per accompagnarci nella visita. Alle pareti sono appesi settanta ritratti, disposti in ordine cronologico, e ci sono anche due vedute di città (una di Genova e una di Napoli). Fatto singolare: la nostra "guida" è anche l'autore dei quadri.
Intitolato «Persona e maschera. Collezionisti, antiquari, storici dell'arte», l'ultimo libro di Alvar González-Palacios (edito da Rosellina Archinto e in libreria dal 12 marzo) si configura come il brillante catalogo di una galleria di ritratti. Si tratta di ritratti di personaggi assolutamente fuori dal comune, geniali, eccentrici, contraddittori, legati dalla passione per la conoscenza e per il collezionismo delle opere d'arte, che l'autore del libro – in virtù del suo mestiere – ha potuto conoscere personalmente a partire alla metà degli anni Cinquanta sino ad oggi.
Scorrono sotto i nostri occhi i "prìncipi della storia dell'arte" (Berenson, Longhi, Briganti, Zeri, Chastel, Pope-Hennessy, Haskell), i prìncipi veri (Filippo d'Assia ed Elvina Pallavicini), i grandi collezionisti (Cini, Getty, Magnani, Bardi, Rothschild, Guggenheim), i grandi mercanti (Nicolas Landau, Jacques Kugel, Daniel Wildenstein, Mario Tazzoli, Sandro Orsi, Fabrizio Apolloni), gli scrittori (Praz, Jullian, Arbasino) e gli editori d'arte (Dino Fabbri, Mario Spagnol).
In un italiano cesellato e prezioso, l'autore racconta i suoi incontri ravvicinati con notevole capacità di osservazione e introspezione, dimostrando ammirazione, curiosità e affetto ma anche scoccando giudizi taglienti, mitigati un poco (ma poco) dall'indulgenza maturata verso le umane debolezze. E poi ci sono ironia e umorismo. Leggendo si sorride. Come quando ci si imbatte nel mercante «in grado di far sentire intelligenti i ricchi» o in quello che ha allenato il cane a chiudere con un balzo i cassetti dei mobili antichi. Sul fronte dello snobismo rifulge l'immagine dell'aristocratico che si fa stirare il giornale ogni mattina prima di sfogliarlo. Mentre sul fronte della taccagneria consigliamo di leggere il ritratto di Jean Paul Getty che viene anticipato in questa pagina – assieme al ritratto di Elvina Pallavicini – per gentile concessione dell'autore e dell'editore. Altri due ritratti (di Jullian e Pérez Sánchez) usciranno il 16 e il 23 marzo.
Marco Carminati
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Alvar González-Palacios, Persona e maschera. Collezionisti, antiquari e storici dell'arte, Archinto, Milano, pagg.266, € 20,00

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