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Arte, liberalizzare conviene

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Arte, liberalizzare conviene
Intervista a Sonia Farsetti, presidente Anca, al suo quinto mandato

  • –di Marilena Pirrelli


Al suo quinto mandato da presidente dell'Associazione Nazionale delle Case d'Aste italiane (ANCA) Sonia Farsetti, è pronta ad una navigazione europea anche in qualità di vice presidente dell'European Federation of Auctioneers (Efa), la federazione che rappresenta gli interessi dei banditori d'asta europei davanti alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo. «Siamo partiti in sette nel 1995, i soci fondatori dell'Associazione erano Farsettiarte, Finarte, Pandolfini, Pitti, Il Ponte, Rubinacci e Sant'Agostino, e oggi siamo 16 associati. In questi anni abbiamo cercato di discutere problematiche comuni e risolverle, legate al mercato dell'arte. Oggi siamo chiamati a ragionare sulla direttiva Ue sulla normativa sul riciclaggio a livello internazionale e sulla Direttiva sul rientro nei singoli paesi delle opere trafugate.


E in Italia quali i problemi comuni?
L'applicazione del Diritto di seguito: è in corso una battaglia anche in seno all'Efa, per cercare di ridurre gli effetti del Diritto di seguito. Il nostro obiettivo è riaprire la Direttiva per far limitare il diritto agli artisti viventi e non agli eredi o quantomeno ridurre il compenso dai 70 anni dalla morte dell'artista a un termine più consono ai nostri tempi, tra 10-15 anni.


Perché?
In Svizzera non esiste affatto e l'applicazione del Dds non è uniforme in Europa.


Quali altri correttivi vorreste apportare?
Sulla trasparenza delle collecting society e sui criteri di distribuzione del diritto.


Ma chi deve pagare il Diritto?
L'associazione ha dato indicazione affinché lo si faccia pagare al venditore come prevede la Direttiva o, in alternativa, lo assolva direttamente la casa d'asta (come nel caso di Farsetti, ndr), che fa la dichiarazione alla Siae. In prevalenza in Italia paga chi vende, ma se si deroga a questa disposizione come fanno alcune case d'asta straniere, c'è chi rischia di pagarlo due volte prima quando compra e poi quando vende. La Commissione europea lo definisce effetto a cascata ed è un indirizzo da riformare. In Francia la Corte di Cassazione di Parigi ha chiesto un'interpretazione autentica alla Corte di Giustizia Ue sulla norma (art. 1 paragrafo 4) della Direttiva 2001/84/CE, che prevede che il Dds sia a carico del venditore, sulla scorta del caso Sna/Christie's France. Ora si attende.


E poi c'è il problema della circolazione delle opere d'arte?
Stiamo lavorando al problema delle licenze d'esportazione e sull'attestato di libera circolazione per le opere con più di 50 anni. Il problema è caldo e osserviamo una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni. In un mondo dove il web sposta i confini costantemente, l'Italia ha dei limiti fortissimi, anche per oggetti che non hanno la qualità di bene culturale. Per superare questi limiti abbiamo costituito un gruppo di lavoro insieme con antiquari, galleristi, le due case d'asta straniere presenti in Italia e Art Defender per arrivare ad un colloquio produttivo con gli organi competenti. Del resto i 18 uffici esportazione del Mibact, distribuiti su tutto il territorio, si trovano a lavorare in condizioni molto difficili, in virtù non solo del numero crescente di beni presentati all'esportazione, ma anche per la loro diversa tipologia: si va dai dipinti e mobili antichi al design e oggettistica di vario genere, cioè tutto ciò che è stato fatto prima del 1964. L'iter ormai è inefficiente. La legge (Circolare 18/5/1974 n. 2718) in materia d'esportazione di beni culturali va ritoccata e occorre trovare un compromesso virtuoso tra il mercato e la tutela degli uffici esportazione.


I 50 anni di un'opera, potenziale limite alla sua libera circolazione, oggi comprendono gran parte della produzione artistica post-war richiesta all'estero, cosa fare?
È un errore delle nostre istituzioni pensare che attraverso un protezionismo serrato si garantisca il patrimonio, questo può funzionare per evitare l'uscita di capolavori antichi, ma sul contemporaneo bisogna trovare dei sostituti alla legge dei 50 anni, affinché le opere post-war rimangano in Italia e svolgano un ruolo attrattivo nelle città. Le opere d'arte devono girare: se escono, entrano. Libertà di pensiero e libertà di mercato: oggi invece per paura della notifica le opere escono prima dei 50 anni senza più tornare con una perdita secca. Insomma non ci sentiamo trattati bene nel nostro paese, aiuterebbe il mercato italiano e lo stesso patrimonio culturale un incentivo a mantenere le opere in Italia.


Quali sono gli altri freni per il mercato?
Il regime fiscale: auspichiamo un occhio di riguardo sulla tassazione delle opere d'arte, non sono auto di lusso. Chiediamo un riconoscimento per chi compra in Italia per tenere le opere nel paese attraverso la defiscalizzazione o la riduzione dell'Iva: pensiamo di confrontarci con il Ministero delle finanze e l'Agenzia delle Entrate per trovare formule che possano essere d'aiuto al mercato. Del resto è mortificante vedere che un Castellani o un Fontana a Milano si vende alla metà del prezzo che può fare a Londra.


Nel 2013 le aste sono andate a gonfie vele: 14 case d'asta hanno aggiudicato 151,5 milioni € (+18,7%). Quale il trend da inizio anno?
Le case d'asta si stanno aprendo al design, all'arte orientale e alla fotografia. E poi nella cultura generale sta entrando la vendita all'asta come modo funzionale per una buona vendita. Le vendite vanno bene.


E con le gallerie come lavorate?
Non trovo rivalità tra case d'asta e gallerie perché sono lavori diversi, se c'è buona armonia nel mercato le attività non si danneggiano. La casa d'asta arriva dopo che le opere sono passate in galleria, ci può essere concorrenza, ma è un arricchimento per il mercato.


Sono cresciute le commissioni?
Un pochino sì, sono aumentate tra un range del 18-24% tutto compreso (Iva) sul compratore a causa dell'incidenza del Dds, forse all'estero arrivano fino al 25%. Mentre quelle sul venditore sono oggetto di trattativa.


Il web sta cambiando le aste?
È un'opportunità, tutti i siti delle case d'asta sono più interattivi. È un canale che sta crescendo e non possiamo prescindervi. Ci sono le aste a tempo di oggetti e opere minori. Abbiamo chiesto in Commissione Ue se le piattaforme, tipo eBay, fossero o no soggette al Dds. Sembrano orientati a rispondere di no, con un'evidente distorsione del mercato, poiché eBay vende pubblicità e non opere, che vengono scambiate tra due privati cittadini, che concordano la vendita, esente da Dds e Iva, attraverso la piattaforma.

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