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In Primo Piano

Il Chiostro del Bramante a Roma ospita fino al 5 giugno una raffinata selezione di dipinti dalla collezione di Juan Antonio Pérez Simón. Tra le oltre 1500 opere dell'eclettica raccolta dell'imprenditore di origine spagnola, socio del milionario messicano Carlos Slim Helú, conservata a Città del Messico e costituita negli ultimi trent'anni, non è stato difficile proporre un percorso curato da Véronique Gerard-Powell intorno ad «Alma-Tadema e i pittori dell'800 inglese» (prodotta con Arthemnisia Group, catalogo Silvana Editoriale).
Questo il titolo della mostra che, nella sequenza irregolare delle piccole stanze di quel gioiello di architettura rinascimentale nel cuore della Capitale, offre una forte sensazione di spaesamento. Un immediato invito all'evasione, per la capacità di quelle piccole tele di raccontare, in punta di pennello, come sottovoce, di profumi, musiche dolci, paesaggi o interni, sospesi in biblico tra la quotidianità e il mito.
Maestro insuperabile, tra i tanti nomi inglesi o stranieri attivi in Inghilterra nel l'epoca della regina Vittoria (1837-1901) e del figlio Edoardo VII (1901-1910), è certamente Sir Lawrence Alma-Tadema (1836-1912), originario dei Paesi Bassi, ma dal 1873 cittadino britannico. Si lascia guardare, e gustare, ogni suo millimetro dipinto, in ben tredici opere esposte, che sono distillati di qualità: è innegabile la loro perfezione formale e la forza evocatrice di atmosfere e sottili declinazioni sentimentali.
Gli fanno da corollario, senza nessuna caduta qualitativa, artisti a noi meno noti, ma invece molto apprezzati dal collezionismo che ebbe per protagonisti molti imprenditori e uomini d'affari inglesi.
L'amore per l'Italia e per il passato è condiviso da due generazioni di artisti, molti nella «Confraternita dei Preraffaellita» fondata da Dante Gabriele Rossetti, in mostra con un suggestivo pastello con Venus Vertordia. Poesia e pittura si fondono nelle opere esposte, in una sfilata di donne angeliche, suadenti, fiabesche, che accompagnano il visitatore verso il capolavoro che chiude la mostra: la grande tela Le rose di Eliogabalo di Alma-Tadema, summa di edonismo, simbolismo, estetismo. Manifesto di quell'epoca, dunque, o meglio dell'illusione di allora di poter vivere in un sogno.
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