ArtEconomy24

Franco Marinotti: l'arte politica? La produco e la mostro

  • Abbonati
  • Accedi
In Primo Piano

Franco Marinotti: l'arte politica? La produco e la mostro

  • –Riccarda Mandrini





Imprenditore, esperto di finanza, ceo di riskart, ex gallerista Franco Marinotti, svizzero di origine italiane, porta con sé una preziosa storia familiare d'imprenditoria lunga quasi un secolo, nonché una passione per l'arte eredita dal padre. Per Marinotti occuparsi d'arte significa darle spazio, produrla, mostrarla senza mai possederla fisicamente. Il focus per lui è sempre stato quello dell'arte politica, tema all'oggetto dello speciale di ArtEconomy 24 di sabato 5 luglio. Lo abbiamo intervistato.


Non vuole essere considerato un collezionista, allora la consideriamo un appassionato d'arte, ma come i collezionisti investe in arte parecchio denaro?
Si ho fatto parecchi investimenti nell'arte. Ma c'è una distanza tra me e un collezionista. Se un progetto artistico mi piace lo produco. Il collezionista se ama un lavoro lo compra. La differenza sta nel fatto che io spendo ‘per' l'arte. il mio impegno è finalizzato a rendere possibile il progetto di un artista. Il collezionista, in genere, spende per sé stesso.

E quindi a lei fisicamente, nel tempo, non resta niente del suo lavoro? Al massimo una proustiana memoria?
Mi resta il piacere di averlo prodotto, che è un piacere immateriale. Ti dirò una cosa. Quando mi sono deciso a comperare un'opera d'arte, il piacere che mi dava l'opera, veniva appagato nel momento in cui la comperavo e il possesso non era essenziale. Mi è successo di comperare delle opere e i galleristi sono stati costretti a sollecitarmi più volte per ritirarle.
Degli anni in cui aprii la galleria a Berlino (Play Gallery For Still and Motion Pictures), conservo il piacere di avere fatto le mostre che avevo voglia di fare, di avere parlato d'arte, in modo non convenzionale (tra le mostre prodotte da Franco Marinotti, c'era il progetto ‘Disobedience', dedicato alle pratiche di disobbedienza in diverse parti del mondo e la mostra "Do It Right" dell'artista Anibal Lopez, ndr). Non ho venduto molte opere, non sono un art dealer.

Le opere che le sono rimaste dalla sua attività di gallerista non le ha offerte a un museo?
Sì in qualche occasione l'ho fatto. Molte altre sono nei miei depositi.

Da dove viene la sua passione per l'arte?
L'arte è da sempre una passione di famiglia. Mio padre è stato un grande collezionista (nella seconda metà degli anni ‘50 la famiglia Marinotti acquisì Palazzo Grassi a Venezia e, Paolo Marinotti, lo trasformò in un centro di esposizioni internazionale, appunto ‘il Centro delle Arti e del Costume'. Una parte del lavoro svolto dall'industriale Paolo Marino a Palazzo Grassi è raccolto nel libro scritto da Stefano Collicelli Cagol, ‘Venezia e la Vitalità del Contemporaneo'. Paolo Marinotti a Palazzo Grassi 1959-67, ndr). Ma non nel senso tradizionale del termine. Le opere che collezionava erano quasi tutti lavori di artisti che conosceva benissimo. Karel Appel (1921-2006) e Asger Jorn (1914-73) (Jorn visse molti anni ad Albissola, in provincia di Savona, dove lavorava con le manifatture di ceramica, allora tra le più importanti d'Europa. Tra i suoi amici e colleghi c'era anche Lucio Fontana. Nella cittadine ligure c'è ancora la sua casa, ndr), il gruppo tedesco Gruppe Spur, erano artisti che vivevano spesso con lunghi soggiorni a casa nostra. Stavano con noi a Milano, a Venezia e sul lago di Como.
Mio padre collezionava per passione, non ha utilizzato le strutture economiche per fare soldi con l'arte.
Poi, certo gli artisti con cui ha avuto rapporti sono diventati famosi e le loro opere fortemente ricercate.
Ma erano tempi diversi. Allora quello dell'arte non era un mercato borsistico. A volte, nei musei, compero dei cataloghi e ritrovo delle opere che sono state fatte a casa mia. Mi ricordo come sono nate, i discorsi che hanno originato quel lavoro.

Anche lei a modo suo fa un po' la stessa cosa, e comunque in arte investe molto?
Come dicevo il mondo di allora era diverso. Io ho investito molto in arte, come produttore.

Come il festival Fair_Play ?
Sì questo è uno.

Lei si occupa soprattutto di arte politica, cosa significa per lei?
Occuparsi di arte politica significa ricostruire una realtà sociale e politica in maniera diversa da come ci viene offerta dai media. Creare un'opera d'arte politica significa fare emergere la complessità delle cose, della realtà contemporanea, quella che non viene divulgata e che grazie al lavoro dell'artista assume quel valore aggiunto che solo l'arte riesce a dare alle cose.

Come ci è arrivato?
Il punto focale è stata la nascita della galleria di Berlino sono stati anni di lavoro intenso, che hanno visto una grande partecipazione di artisti, curatori e musei. Fare il gallerista però non era il mio lavoro, quindi ho smesso e in seguito ho raccolto, parte dei progetti realizzati per la galleria appunto nel Festival Fair Play, in Svizzera e nella stessa Berlino.

Come funziona il festival?
Ho lavorato in stretto contatto con un gruppo di curatori internazionali che operano in questo segmento di arte. Ad ognuno di loro veniva data la possibilità di invitare tre artisti, poi c'era una giuria che valutava le proposte presentate e formavano una antologia di lavori, tutti di arte politica.

È un'esperienza conclusa?
Non del tutto stiamo lavorando a un progetto su Venezia, ma ancora non posso dire niente.

Tra gli artisti che hanno lavorato con Franco Marinotti?
Oliver Ressler (foto, dai 6mila €, video 35mila €); Al Fadhil, Daria Martin, Ampelio Zappalorto, Manon de Boer, David Induini, Jona Freeman Armando Lulaj (foto, dai 5mila€, Video dai 30mila€); Deimantas Narkievicius (foto da 4mila, video dai 40mila, fino agli 80mila. Il video ‘Once in the XX Century è nella collezione del Moma – ); Koka Ramishvil (foto dai 5mila€, dai 25mila le tele a olio); Pavel Braila (è suo il progetto di allestimento del Padiglione Moldavo all'Expo 2015 di Milano. Foto da 7mila €, dai 25mila i video); Jaan Toomik (dipinti 15mila, video 20mila); Alejandro Vidal (foto 8-12mila, video 20mila).

© Riproduzione riservata