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Beni culturali, la riforma del Mibact punta a rendere efficiente il patrimonio

  • –di Marilena Pirrelli

Si presenta come una rivoluzione la riorganizzazione del Mibact del ministro Franceschini che riscrive il modello organizzativo dei beni culturali italiani. «L'amministrazione – sottolinea una nota del ministro - viene resa più snella, efficiente e meno costosa attraverso: l'ammodernamento della struttura centrale e la semplificazione di quella periferica; l'integrazione definitiva tra cultura e turismo; la valorizzazione dei musei italiani (20 musei di interesse nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche); il rilancio delle politiche di innovazione e formazione; la valorizzazione delle arti contemporanee; la revisione delle linee di comando tra centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) ed il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno). «Non si tratta di piccoli cambiamenti - ha detto il ministro Franceschini - gli italiani si aspettano da questo Governo riforme importanti e la riorganizzazione del Mibact é una grande rivoluzione che ci consentirà di investire sull'incredibile patrimonio culturale che possediamo».

In pratica in 20 grandi musei e aree archeologiche - tra cui il Colosseo, Pompei, gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera - oggi guidati da funzionari arriveranno dirigenti, anche stranieri, arruolati con concorso. Le direzioni regionali del Mibact sono trasformate in segretariati regionali, l'amministrazione delle biblioteche viene razionalizzata e per il sistema dei musei vi sarò una direzione dedicata, quella della Valorizazione diventa dei Musei. Le linee di comando per competenza amministrativa e scientifica separate e rese più dirette.

Nascono i segretariati regionali Mibact: le direzioni regionali del Mibact sono trasformate in segretariati regionali, con il compito di coordinare tutti gli uffici periferici del ministero operanti nella Regione. Viene così pienamente riconosciuto il ruolo amministrativo di tali uffici, tutti dirigenziali di II fascia, senza però sovrapporsi alle competenze tecnico-scientifiche delle Soprintendenze.

Sono semplificate le soprintendenze: la linea di comando tra amministrazione centrale e Soprintendenze è ridefinita e semplificata. In particolare, le Soprintendenze archeologiche
sono articolazioni periferiche della relativa Direzione centrale (fatta salva); quelle miste, belle arti e paesaggio, lo sono della relativa Direzione. Ma anche più spazio per arte e architettura contemporanea con l'arrivo di una direzione generale ad hoc.

Nel rispetto della distribuzione territoriale, sono quindi accorpate le Soprintendenze per i beni storico-artistici con quelle per i beni architettonici, come già avveniva in diversi casi e come già era e rimarrà al centro, con una sola Direzione centrale.

Punto chiave della riforma i musei: un punto dolente dell'amministrazione dei beni culturali in Italia è sempre stata la sottovalutazione dei musei: privi di effettiva autonomia, essi sono tutti, salvo casi sporadici e non legati a un disegno unitario, articolazioni delle soprintendenze e dunque privi di qualifica dirigenziale e di gestione economica. La riforma intende mutare radicalmente questo aspetto, assicurando al contempo che sia mantenuto il legame dei musei con il territorio e con le Soprintendenze e fatte salve le prioritarie esigenze di tutela e dell'unitarietà del patrimonio culturale della nazione. Innanzitutto è prevista una nuova Direzione generale musei, cui affidare il compito "di attuare politiche e strategie di fruizione a livello nazionale, favorire la costituzione di poli museali anche con Regioni ed enti locali, svolgere i compiti di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura, dettare le linee guida per le tariffe, gli ingressi e i servizi museali". Il provvedimento prevede di conferire a 20 musei la qualifica di ufficio dirigenziale riconoscendo così il massimo status amministrativo ai musei di rilevante interesse nazionale, i cui direttori potranno essere scelti tramite selezione pubblica tra interni o esterni all'amministrazione anche stranieri. Infine, creare in ogni Regione i poli museali regionali, articolazioni periferiche della Direzione generale musei, incaricati di promuovere gli accordi di valorizzazione previsti dal Codice e di favorire la creazione di un sistema museale tra musei statali e non statali, sia pubblici, sia privati.

Un altro punto della riforma riguarda le decisioni collegiali: la collegialità delle decisioni sul territorio è rafforzata, in quanto il comitato di coordinamento regionale, presieduto dal segretario regionale e composto dai soprintendenti, diviene il luogo in cui sono assunte le decisioni un tempo adottate dalla direzione regionale, come la dichiarazione e la verifica di interesse culturale.

Cambiano anche gli archivi: l'amministrazione dei beni archivistici è razionalizzata, prevedendo che i direttori degli archivi di Stato delle città capoluogo di Regione, tutti dirigenti di II fascia dipendenti dalla Direzione generale centrale Archivi, svolgano anche le funzioni di sovrintendente archivistico, anche avvalendosi dei direttori degli archivi di stato non dirigenziali, che conservano piena autonomia tecnico scientifica.

Cambiamenti anche per le biblioteche: l'amministrazione delle biblioteche è razionalizzata, da un lato, mantenendo l'autonomia scientifica degli istituti indipendente dalla loro natura dirigenziale; dall'altro, prevedendo che sia la Biblioteca nazionale centrale di Roma, sia la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, uffici dirigenziali di II fascia, svolgano anche le funzioni di poli bibliotecari comprendenti le biblioteche operanti nel territorio comunale, ferma restando la vigilanza della Direzione generale centrale Biblioteche, istituti culturali e diritto dell'autore.

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