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In Primo Piano

Era un'alba d'estate, il fiume in secca, le pietre come la fine di un ghiacciaio quando la neve scompare e la terra fatica a fiorire. Sullo sfondo, nel suo passato di proporzioni perfette, appare Firenze. In primo piano, in equilibrio tra le rocce, una venere bianca, in abito Valentino. Venere come Vera von Lehndorff, Vera che diventa Veruschka sotto lo sguardo di Johnny Moncada, uno dei più originali fotografi di moda italiani. Un uomo così sensibile da lasciare che una giovane donna, statuaria e fragile, selvatica e composta, non ancora simbolo della moda ma corpo in metamorfosi, gli fiorisse davanti agli occhi. E lui con lei. In pochi mesi tra il 1963 e il 1964, le immagini escono sulle pagine di Harper's Bazaar, Vera parte per New York, Johnny resta a Roma, il lavoro continua, i negativi tornano al buio, e quell'incontro miracoloso sembra svanire nella memoria. Fino a quando Valentina Moncada, storica dell'arte, gallerista cosmopolita, ma soprattutto figlia appassionata e delicatissima non lo riporta alla luce e lo incornicia in uno splendido volume, From Vera to Veruschka, The unseen photographs by Johnny Moncada, edito da Rizzoli International e a febbraio 2015 materia luminosa di una mostra a Milano.
Ma chi era Vera non ancora Veruschka, la figlia del conte Von Lehndorff, ufficiale prussiano tra gli ideatori dell'attentato a Hitler nel 1944, Vera, bambina di cinque anni, che dopo l'esecuzione del padre viene rinchiusa in un campo di concentramento insieme alla sorellina, Vera che a guerra finita è insultata nella stessa Germania perché ha il nome di un traditore, e ancora Vera, bellissima, ma fuori da ogni canone con il suo spettacolare metro e novanta e i suoi piedi grandi? Vera è tutto questo e per dare forma a un universo così doloroso, per avere presa su un reale che sembra respingerla, Vera a vent'anni sceglie la moda e nella moda si reinventa.
«Quasi nello stesso periodo, la metà degli anni Cinquanta, anche mio padre si reinventa», racconta Valentina Moncada nella sua galleria romana, esattamente sotto lo studio fotografico paterno e nello stesso complesso di atelier di artisti che suo trisnonno, il marchese Francesco Patrizi, aveva costruito tra il 53B e il 54 di Via Margutta, nel 1858. La trasformazione, come per Vera von Lehndorff che diventerà Veruschka, parte dal nome. Un taglio netto e Giovanni Luigi Moncada di Paternò, figlio del conte Corrado Moncada dei Principi di Paternò e di Teresa Patrizi, figlia del marchese Giuseppe Patrizi e Francesca Lee Cooper, discendente dei Lees of Virginia – due Lee sono tra le firme della Costituzione americana – diventa semplicemente Johnny Moncada, diventa fotografo e sposa Joan Whelan, meravigliosa modella americana e musa di Givenchy. La madre, che si faceva ritrarre da Ghitta Carell, che collezionava Vogue, e che dice Johnny, vuoi andare a Via Margutta? Ma gli artisti sono povera gente, si allontana dal figlio. In quel silenzio corre un'altra libertà. E quando si è liberi il destino sorride.
Joan Whelan ha un'amica, Denise Sarrault, anche lei modella di Givenchy, e Denise è amica di Vera, ai suoi primi servizi fotografici a Parigi. «Se vai in Italia, vai nello studio di Johnny Moncada», le suggerisce. Come per molti tedeschi, anche per Vera l'Italia è il paese dolce e selvaggio che scioglie ogni tabù. In Italia si può osare, si può essere se stessi. Ma a differenza di molti suoi conterranei, come il barone Wihelm von Gloeden che dominava dall'alto i soggetti dei suoi scatti, contadini e pastori, e dominandoli li trasforma nell'oscuro oggetto del desiderio omoerotico, la contessa Von Lehndorff cerca uno sguardo alla pari. Solo chi è socialmente e intimamente uguale a lei, e come lei si è liberato del passato, può aiutarla a cambiare e a raggiungere quell'energia, quella sensualità che illuminerà ogni sua immagine. Solo Johnny Moncada, aristocratico e uomo "nuovo", può prenderla per mano, e insieme attraversano il fiume, l'Arno, e sulla l'altra sponda c'è il mare e c'è un corpo che vibra.
«L'ho conosciuta a quattro anni. Lei e mio padre avevano lavorato tutto il giorno, ma quella sera Vera non voleva più tornare in albergo, aveva paura. Così i miei genitori le prepararono un letto nella nostra stanza dei giochi», racconta Valentina Moncada. «Io dormivo in camera con mia sorella più piccola, e improvvisamente di notte vedo una figura che si avvicina, altissima, sembrava un fantasma nella sua camicia bianca, e un attimo dopo Vera si siede vicino a me e singhiozza. Adesso lo so, mi faceva la guardia, come se fosse ancora in prigione e dovesse stare attenta che la sorellina non piangesse. Avevo una paura folle, ma non osavo dire nulla. Anche mio padre, fotografando Vera, aveva visto lo stesso dolore, ma lui le aveva permesso di esprimerlo e di uscire allo scoperto».
In una lettera alla madre, Vera scrive: «La tristezza nei miei occhi è un problema enorme in questo lavoro. Il mio sguardo è triste anche se sorrido nella foto, e io faccio di tutto per nasconderlo. Ma l'altro giorno ho lavorato con un fotografo che mi ha permesso di essere me stessa, anche se questo vuol dire essere triste. Non puoi immaginare che liberazione sia stata per me». Accettando la sua natura malinconica e accettando che un uomo pari a lei legga i suoi pensieri, Vera esce da sé ed entra nella natura grande, rigeneratrice, «quella natura romantica e così tedesca, la natura dell'uomo di Caspar Friedrich che volgendoci le spalle si perde nel l'infinito», aggiunge Valentina Moncada. Insieme, Johnny e Vera lasciano lo studio di Via Margutta e il fondale bianco dove il corpo è pura calligrafia, e viaggiano. A Firenze, sprofondando nel greto senza acqua, inizia la trasformazione e una bambina, in posa come Alice nel paese delle meraviglie, sta per diventare donna. A Capri per la prima volta Vera guarda nel l'obiettivo e la vita scorre intorno a lei, un gatto passeggia, una ragazzina beve alla fontana. In Sardegna Vera entra nel mare e si fonde tra le rocce, il suo corpo cambia pelle, si abbandona, sente. Vera è pronta. È viva. Un uomo l'ha messa al mondo. Altri, a New York, negli studi di Vogue, la chiameranno Veruschka.
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From Vera to Veruschka. The unseen photographs by Johnny Moncada, a cura di Valentina Moncada, Rizzoli International, New York, pagg. 160,
$ 75,00

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