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La Bella Principessa un caso di studio, non tutti i musei l'accolgono…

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La Bella Principessa un caso di studio, non tutti i musei l'accolgono - Foto

  • –di Stefano Cosenz

Dopo 500 anni e più di storia turbolenta, La Bella Principessa, un magnifico ritratto della giovine Bianca Sforza, acquistato nel 1998 a un'asta Christie's di New York per 21.850 dollari da Kate Ganz, mercante d'arte americana, e poi venduta al collezionista canadese Peter Silverman, torna a vivere una sua seconda vita: è ospitata dal 6 dicembre al 18 gennaio 2015 nella mostra a cura di Vittorio Sgarbi (assessore alla cultura del Comune di Urbino) e Martin Kemp nella sala del trono del Palazzo Ducale di Urbino. È la prima tappa di un viaggio che riporterà La Bella Principessa anche a Milano, a Palazzo Bagatti Valsecchi, grazie sempre alle buone relazioni di Sgarbi, consigliere della Fondazione Bagatti Valsecchi. Infatti il ritratto (un disegno fatto con penna, inchiostro bruno e gessetti colorati su pergamena 330x239 mm) venduto nel 1998 come “opera di un artista tedesco sconosciuto del XIX secolo”, dopo approfonditi studi da parte del celebre storico Martin Kemp dell'Università di Oxford, è stato attribuito a Leonardo da Vinci.
Lo ha annunciato venerdì 28 novembre a Roma, presso la Sala Stampa Camera dei Deputati di Palazzo Montecitorio, Vittorio Sgarbi, che ha definito l'opera “schiettamente leonardesca, profondamente autentica”. Un'attribuzione che innanzitutto ha stravolto il sul valore economico: dai 21.850 dollari battuti nell'asta Christie's di antichi disegni a New York il 30 gennaio 1998, è ora valutata a Londra 130 milioni di sterline, valore comunque negoziato a 110 milioni di euro a fini assicurativi per il suo trasporto in Italia. Nel passato, nel mondo delle aste, due suoi disegni raffiguranti il primo un personaggio inginocchiato, rivolto verso sinistra (28,8x18,1 cm), e il secondo un personaggio in piedi (28,2 x18,1 cm), rivolto verso destra, del 1470-75, sono stati aggiudicati da Sotheby's a Montecarlo rispettivamente per oltre 5,9 e 5,2 milioni di dollari, mentre da Christie's a Londra nel 2001 un disegno 120x78 mm, Cavallo e Cavaliere, lavoro preparatorio del dipinto non finito L'adorazione dei Magi custodito negli Uffizi, è stato battuto per oltre 8,1 milioni di sterline.
L'opera, che come ha dichiarato Sgarbi è l'unico dipinto ancora in mani private (oltre al codice Hammer che non è un dipinto, venduto da Christie's a Bill Gates nel 1994 per oltre 30 milioni di dollari), continua a serbare incertezze dal mondo della critica. Prima della vendita da parte di Christie's fu di proprietà di Giannino Marchig, pittore e restauratore triestino, che riteneva l'opera del Ghirlandaio, mentre la mercante Kate Ganz, acquirente all'asta, non fu in grado di fare progressi in merito alla sua attribuzione e nel 2007 la pergamena venne acquistata dal collezionista Peter Silverman, convinto, invece, che l'opera fosse di Leonardo. Doveva essere esposta a Roma a Palazzo Braschi, ma come ha dichiarato ad ArtEconomy24 il prof. Claudio Parisi Preficce, Sovraintendente Capitolino ai Beni Culturali, che aveva dimostrato interesse all'opera, “eravamo disposti ad esporla a due condizioni, la prima che fosse coinvolto come promotore della mostra anche la Biblioteca nazionale di Varsavia che custodisce La Sforziade, l'incunabolo da cui proviene la pergamena, la seconda che la stessa pergamena fosse presentata come un caso di studio, ovvero un “possibile” Leonardo. A questa proposta non abbiamo avuto seguiti”.
ArtEconomy24 ha chiesto il parere sull'opera anche al prof. Antonio Paolucci, il celebre direttore dei Musei Vaticani, membro del comitato scientifico della mostra su Leonardo organizzata a Milano a Palazzo Reale dal 15 aprile al 19 luglio 2015, in occasione dell'Expo che così ha risposto: “è un pezzo bello di grande qualità, persino troppo bello, così lo hanno giudicato anche altri storici, tale da far nascere una domanda: è originale o un meraviglioso ed eccellente falso di tempi più recenti? Il bisogno di capire di più sull'autenticità dell'opera non ha reso possibile la sua accoglienza nella mostra a Palazzo Reale”. Anche quindi il comitato scientifico di Palazzo Reale ha preferito non attribuire l'autenticità con la certificazione dell'opera in mostra.
La storia di questa pergamena è ricca di avventura. L'opera si rivelò essere un'illustrazione appartenuta a un prezioso incunabolo, la cosiddetta Sforziade di Varsavia, decorato da uno dei più affascinanti miniatori del Rinascimento, Giovanni Pietro Birago, e composta dall'umanista Giovanni Simonetta, realizzato per il matrimonio della giovanissima nobile Bianca Sforza, figlia illegittima di Ludovico Sforza, andata in sposa a Galeazzo Sanseverino, l'aristocratico capitano delle forze di Ludovico, e morta tragicamente all'età di 13 o 14 anni nel 1496. Della Sforziade ne esistono quattro versioni superstiti, di cui tre realizzate tra il 1455 e il 1490 e questa, detta di Varsavia, consegnata non prima della morte di Galeazzo avvenuta nell'ottobre 1494, quindi verso il 1495. Non si sa esattamente come la Sforziade sia arrivata in Polonia, tuttavia nel XVI secolo esistevano collegamenti dinastici tra Varsavia e Milano. Si sa comunque che il volume finì nella Biblioteca Nazionale di Varsavia, dove peraltro sopravvive a un incendio appiccato dagli occupanti nazisti. Gli studi effettuati da Pascal Cotte e da Martin Kemp sia sul volume che sulla pergamena, hanno rilevato lo stesso tipo di materiale e dimostrato che la pergamena venne rimossa da questo volume al quale era cucita, con la presenza di cinque fori da ago nel primo quaderno del volume corrispondenti approssimativamente ai tre fori appena visibili sul margine del foglio nel quale è stato eseguito il ritratto. L'inserimento di un facsimile del disegno nel punto in cui sarebbe dovuto essere ne ha dato la conferma.
Gli studi effettuati sul ritratto da Martin Kemp confermano che il ritratto è quello di una giovane donna, dall'aspetto delicato, identificata come un membro della corte sforzesca, con i capelli elegantemente acconciati e raccolti indietro in una coda legata stretta, diventato d'obbligo alla corte di Milano. L'abito è semplice, ma ornato alla maniera allora in voga con un motivo geometrico a nodi. La donna è appena giunta alla soglia della pubertà, il che significa che può passare moglie di un aristocratico, in linea con l'identificazione della modella con Bianca Sforza, data in moglie a Galeazzo Sanseverino. Gli studi hanno dimostrato che il profilo è stato eseguito a inchiostro, con una perfezione minuziosa e sensibile. I toni dell'incarnato, finemente modulati, sono stati ottenuti dalla sovrapposizione dei gessetti bianco e rosso e risultano sfumati con la mano dell'artista, tecnica riconoscibile nelle abitudini di Leonardo. I capelli raccolti della modella, ritoccati in parte successivamente, sono resi in morbide onde nella maniera tipica di Leonardo e la loro finezza è tale da permettere di intuire l'orecchio sottostante.
“Tutti si chiedono se dietro La Bella Principessa c'è la mano di Leonardo. Per me la domanda è: autentica o falso?” precisa Vittorio Sgarbi. “È l'unica opera vera emersa negli ultimi dieci anni, nei quali abbiamo vissuto una spasmodica ricerca dell'attribuzione a fini speculativi e di scoop mediatici. Non ci sono documenti che comprovano la paternità anagrafica e artistica, ma la pertinenza è indubitabile, come la qualità dell'opera” conclude l'assessore alla cultura del Comune di Urbino.
Per saperne di più: Scripta Maneant, editore del catalogo della mostra con introduzione di Vittorio Sgarbi, tel. 051 223535 numero verde 800 144 944

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