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In Primo Piano

La mostra allestita a Palazzo Fava fino al 17 maggio, a cura di Vittorio Sgarbi, e dedicata alla grande epopea dell’arte bolognese dal Duecento al Novecento è un’esposizione vasta e complessa. Affrontarla da soli è possibile ma solo se si è laureati in storia dell’arte, ex borsisti della Fondazione Longhi, appassionati collezionisti o mercanti di lungo corso. A tutti gli altri visitatori - vista la totale mancanza di apparati didascalici fissi - si consiglia vivamente di armarsi di audioguida (appena sarà pronta) e di approfittare delle numerose visite guidate previste dall’organizzazione di Palazzo Fava, sede espositiva di Genus Bononiae, istituzione presieduta da Fabio Roversi Monaco.

La mostra vuol essere un omaggio a Roberto Longhi, che nel 1934 giunse a Bologna per assumere la cattedra di storia dell’arte all’Alma Mater Studiorum. Sin dalle sue prime lezioni, Longhi affrontò la grande tradizione dell’arte bolognese, allora poco valorizzata e riconosciuta, allargando le sue indagini dal Medioevo al Novecento. Lo fece con lezioni rimaste memorabili e con scritti che, in parte, Gianfranco Contini convogliò in un volume dal titolo Da Cimabue a Morandi (Meridiani Mondadori) dal quale deriva il titolo della mostra. Anche il sottotitolo della rassegna viene da una dotta citazione: Felsina pittrice è il titolo di un libro di Carlo Cesare Malvasia, vale a dire della fonte più importante e autorevole per la storia della pittura bolognese dal Medioevo all’età barocca, data alle stampe nel 1678.

La sede della manifestazione si inserisce d’autorità nel tema dell’esposizione: la mostra si svolge infatti nelle splendide sale di Palazzo Fava, dove i cugini Ludovico, Agostino e Annibale Carracci ricevettero nel 1583 dal conte Filippo Fava l’incarico di realizzare le decorazioni ad affresco.

Sotto gli affreschi dei Carracci e della loro scuola al piano nobile - e poi nei successivi due piani superiori - si dipana l’impegnativa cavalcata nella storia dell’arte a Bologna, proposta attraverso una selezione di oltre centosettanta opere, tra dipinti e sculture, provenienti da chiese, musei, istituzioni e collezioni private (tra cui quella del curatore stesso).

Le opere di maggior richiamo esposte a Palazzo Fava sono capolavori celeberrimi presenti a Bologna da secoli: la Madonna in trono di Cimabue della Chiesa dei Servi, L’estasi di San Cecilia di Raffaello della Pinacoteca Nazionale di Bologna, il busto di San Domenico di Niccolò dell’Arca del Museo di San Domenico (al quale il curatore affianca una versione di sua proprietà).

Attorno ai capolavori di questi tre illustri «forastieri» - che tanto incisero sulla cultura artistica bolognese - si dipana l’impegnativo percorso della mostra che vede presenti, attraverso sette secoli di storia, alcuni dei più grandi artisti bolognesi o attivi in città. Ci si imbatte in Giovanni di Balduccio e Vitale da Bologna, in Marco Zoppo ed Ercole de’ Roberti. Ci vengono incontro Parmigianino e Aspertini, Bartolomeo Passerotti e l’intero clan dei Carracci. Ovviamente non mancano Reni, Domenichino, Guercino e Mastelletta, ai quali fanno ala Cantarini, Cagnacci, Cignani, Burrini, Franceschini, Creti, Crespi, i Gandolfi, Basoli, Faccioli, Bertelli e Corsi. L’agognata vista delle bottiglie di Giorgio Morandi rianima il provato visitatore. Significa che la maratona è finita e il premio imminente: una bella merenda nel nuovo bar di Palazzo Fava.

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Da Cimabue a Giotto. Felsina pittrice, Bologna, Palazzo Fava, Pinacoteca Nazionale, fino al 17 maggio.
Catalogo Bononia University Press

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