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Per una messa a fuoco del pittore Gerrit van Honthorst, l’ampia (troppo) mostra a lui dedicata, abbisogna di una revisione lustrale di alcune attribuzioni. Ne uscirà, come merita, uno dei migliori e più precoci seguaci di Caravaggio. Nato a Utrecht, all’inizio del secondo decennio del Seicento lo troviamo già a Roma, dove apprese la lezione del Merisi. Osservando la produzione pittorica di quegli anni, è pressoché inevitabile cadere nel topos critico che ne enfatizza i contrappunti luminosi, ed è ai contrasti di luce e d’ombra che va accreditato il bel soprannome di Gherardo delle Notti, col quale il maestro olandese era noto in Italia. Nessuno quanto l’abate Lanzi, alla fine del Settecento, seppe sintetizzare i caratteri del suo stile:«Gherardo Hundhorst è detto Gherardo dalle notti perché non dipinse altro che oggetti coloriti da candela; in questo genere riuscì principe. Egli imitò il Caravaggio, traendone solo il meglio, la carnagione, le vivezze, le grandi masse di luce e di ombra; ma volle essere esatto nei contorni, scelto nelle forme, grazioso nelle mosse, e degno di rappresentare con decoro anche le sacre storie», parole nelle quali si annida qualche strascico di un giudizio moralistico, contro Caravaggio, di belloriana memoria.

A Roma Gherardo ebbe la ventura di entrare nelle grazie dei fratelli Giustiniani, collezioni di quadri caravaggeschi, e forse per il cardinale Benedetto, più scopertamente chiesastico di suo fratello il marchese Vincenzo, eseguì il Cristo davanti a Caifa oggi a Londra (esposto), che sul piano devozionale e drammatico, è molto espressivo. Faceva coppia con la Liberazione di San Pietro dal carcere, conservata a Berlino, che penetra nei precordi di Caravaggio con intensità maggiore del pendant. La produzione di Honthorst non fu di destinazione solamente privata. Per la chiesa di Santa Maria della Scala dipinse la bella Decollazione del Battista, dove «tutte le figure in bellissimo modo si rischiarano alla face notturna».

A Roma come a Firenze, il pittore olandese non si applicò unicamente ai temi sacri, ma anche a quelli realistici, alle “cene allegre”, che erano molto appetite dalla borghesia. Vi compaiono personaggi di varia estrazione, accomunati da istinti goderecci, giovani prostitute, anziane mezzane, cantautori e cavadenti. Agli Uffizi se ne conservano due, cui si aggiunge dello stesso Gherardo, la bellissima Adorazione del Bambino, che - come nota Gianni Papi curatore della rassegna - è un’immagine molto diffusa a livello popolare, per la dolcezza che la pervade. Agli Uffizi è ricoverata anche l’Adorazione dei pastori, quasi distrutta da un attentato mafioso nel 1993 e restaurata molto bene.

Terminato il soggiorno in Italia, nel 1620 Gherardo fece ritorno in Olanda. Liberatosi dei lumi caravaggeschi, mise mano a composizioni con personaggi ridanciani e atmosfere schiarite, come si nota ne L’allegro violinista, che dall’abito sfarzoso non si direbbe un ambulante qualunque.

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Gherardo delle Notti. Quadri bizzarrissimi e cene allegre, Firenze, Uffizi, fino al 24 maggio. Catalogo Giunti

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