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“Art/Commerce. The Convergence of Art and Marketing in Contemporary Culture” di Maria A. Slowinska

  • –di Silvia Simoncelli

I processi di commercializzazione dell'arte contemporanea, il suo divenire merce all'interno di un mercato in costante espansione, sono al centro del testo di Maria A. Slowinska, “Art/Commerce. The Convergence of Art and Marketing in Contemporary Culture”. Il punto di vista dell'autrice prova a ribaltare la percezione diffusa che sia il mercato a mettere a repentaglio l'autonomia dell'oggetto artistico: al contrario, analizzando i movimenti artistici che hanno caratterizzato la seconda metà del XX secolo, Slowinska mette in luce il modo in cui i cambiamenti nel linguaggio artistico hanno posto le basi per un approssimarsi dell'arte al linguaggio del commercio, in un processo di influenza vicendevole. Il volume è diviso in tre parti, che si concentrano sulla relazione tra spazi espositivi e spazi commerciali, sulla trasformazione dell'opera d'arte in "brand product" e dell'artista in imprenditore. Il testo intreccia filosofia, critica d'arte, testimonianze di artisti, a teorie economiche e di marketing, proponendo - il più delle volte in modo convincete - una lettura dell'evoluzione dei linguaggi artistici come anticipazioni o coerenti risposte ai cambiamenti del sistema capitalista, nella transizione da un'economia basata sul prodotto a un'economia basata sull'esperienza, sulla circolazione di informazioni, sulla valorizzazione della creatività, sull’immaterialità del prodotto.

Il primo capitolo ruota intorno a un'opera emblematica degli anni 2000, "Prada Marfa", del duo danese Elmgreen & Dragset: un'installazione permanente sulla Highway 90 in Texas, che riproduce un negozio del noto brand, utilizzandone non solo il logo, ma anche una serie di prodotti - borse e scarpe - della stagione 2005, anno della sua realizzazione. Il corto circuito provocato dall'opera, indistinguibile da una boutique se non per la posizione geografica fuori contesto e per la totale mancanza di attività commerciale, fornisce a Slowinska il pretesto per una discussione sulla relazione tra spazi espositivi e spazi commerciali. Richiamando le teorie di O'Doherty sul "white cube" e di Michael Fried sull'arte minimal, l'autrice traccia un percorso storico di "estetizzazione" degli spazi commerciali. Come nel caso degli store dei brand di moda internazionali, caratterizzati a partire dagli anni '90 da un uso dello spazio che sembra derivare direttamente dalla lezione di artisti come Robert Morris e di arredi - nel caso di Calvin Klein progettati da Donald Judd - che dissimulano il carattere mercantile del luogo, spostando l'accento sull'esperienza estetica del visitatore-consumatore.

Passando ad analizzare la relazione tra opera d'arte e "brand product" Slowinska focalizza di nuovo sul tema dell'esperienza estetica, seguendo questa volta le teorie di John Dewey. Il filosofo americano mette in secondo piano l'oggetto, e fa dipendere l'esperienza estetica interamente dalla predisposizione dell'osservatore. Una visione che secondo l'autrice trova un parallelo nella produzione degli artisti concettuali, che abbandonano l'interesse per l'oggetto-opera, per spostare l'attenzione sull'idea e sull'esperienza individuale dello spettatore. A questo slittamento - illustrato da lavori di Joseph Kosuth e Laurence Weiner - l'autrice lega un analogo cambiamento nella sfera dei consumi, che proprio a partire dagli anni '60 diventano più rapidi e immateriali, spostandosi dall'oggetto alla sua immagine, nella pubblicità così come nelle tecniche di brand marketing. Senza dimenticare le collaborazioni tra artisti e dipartimenti pubblicitari di grandi aziende, come nel caso del progetto BMW Art Car, che dal 1975 coinvolge artisti nella produzione di esemplari unici di autovetture che vengono esposte tanto in contesti commerciali che museali.

L'ultima parte del volume prende in considerazione la figura dell'artista come imprenditore. Andy Warhol ovviamente è individuato come il primo e più influente esempio di artista in grado di gestire il proprio lavoro e la propria immagine in modo professionale. Slowinska discute il ruolo della Factory tracciando un interessante parallelo tra le capacità manageriali dimostrate da Warhol e la fascinazione per la figura professionale del manager nell'America del dopoguerra. E a questa attribuisce in buona parte anche il successo di mercato della Pop Art presso la classe dei "nuovi ricchi" - che provengono negli anni '60 in massima parte proprio da posizioni direzionali in grandi aziende. Non sarebbe tanto l'interesse per l'oggetto artistico in sé, ma un rispecchiamento professionale tra collezionista e artista che segnerebbe la fortuna commerciale del movimento.
Il testo è di piacevole lettura, anche se in alcuni punti l'autrice sembra indulgere eccessivamente nella trattazione teorica del proprio soggetto, mentre sono proprio le parti in cui le opere guidano il suo ragionamento a risultare più convincenti e precise. Senza prendere esplicitamente posizione nei confronti del proprio soggetto, Slowinska analizza senza eccessi di entusiasmo o pessimismo un tema rilevante, da una prospettiva originale e provocatoriamente interessante.







Titolo: Art/Commerce. The Convergence of Art and Marketing in Contemporary Culture
Autore: Maria A. Slowinska
Casa editrice: Transcript Verlag, Bielefeld
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo di copertina: 34,99 €
Codice ISBN: 978-3837626193














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