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Il punto di partenza della generazione delle immagini

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Mercato dell'arte

Il punto di partenza della generazione delle immagini

  • –di Sara Dolfi Agostini
Cindy Sherman. Untitled Film Still #17, 1978. Gelatin silver print. 8 x 10 inches. Edition of 10
Cindy Sherman. Untitled Film Still #17, 1978. Gelatin silver print. 8 x 10 inches. Edition of 10

L'arte dell'appropriazione, quella del camouflage semantico e tecnico, ha avuto il suo apice con la generazione delle immagini, che a metà degli anni '70 formò un nuovo vocabolario visivo sulla triangolazione di media, società e cultura pop. A teorizzare questo nuovo approccio estetico fu il critico americano Douglas Crimp; ad aprirgli le porte del mercato, invece, la galleria Metro Pictures , fondata da Helene Winer e Janelle Reiring nel 1980 nel quartiere newyorkese di SoHo. ArtEconomy24 ha intervistato in esclusiva una delle socie, Helene Winer, curatrice al Pomona College Museum of Art (1970-72) e poi direttrice di Artists Space, dove commissionò a Crimp quella mostra, Pictures, che è passata alla storia.

La generazione delle immagini, in inglese The Pictures Generation, è sbocciata all'interno di università e centri d'arte indipendenti americani. Penso a CalArts a Los Angeles, Pomona College Museum of Art , Hallwalls a Buffalo e Artists Space a New York. Era la fine degli anni '70, un periodo di recessione economica: fondare una galleria era un modo per assicurare una sostenibilità a questo nuovo progetto artistico diffuso?
Noi non abbiamo sentito la recessione e neanche gli artisti perché erano all'inizio della loro carriera. Spazi artistici alternativi emergevano perché c'erano pochissime gallerie e praticamente nessuna che mostrasse il lavoro dei giovani. La loro unica opportunità era in questi spazi oppure nel giro delle mostre autoprodotte. Quando io e Janelle Reiring abbiamo fondato Metro Pictures, gli artisti con cui volevamo lavorare avevamo chiaramente bisogno di una galleria che li sostenesse in modo continuato. C'era già un certo interesse diffuso nel loro lavoro, anche da parte di collezionisti, quindi ci aspettavamo che il progetto fosse sostenibile anche in quell'ambiente così poco accogliente. Tutti gli artisti, comunque, si dedicavano a un secondo lavoro per mantenersi: Cindy Sherman faceva la receptionista da Artists Space, Robert Longo guidava un taxi e poi curava performance a The Kitchen (spazio no profit newyorkese ndr), Jack Goldstein faceva il cuoco e poi si è messo a insegnare come David Salle, Sherrie Levine la cameriera in un hamburgheria della zona, Richard Prince si occupava di fotografia al New York Times o per qualche altra pubblicazione, lo stesso Barbara Kruger. I loro predecessori, artisti concettuali e impegnati in lavori effimeri, erano rappresentati da Castelli o Sonnabend, ma raramente vendevano un'opera. Così, quando all'inizio degli anni '80 io e Janelle abbiamo concepito una mostra dal titolo “dipinti” destinata ad accogliere tele atipiche per il pubblico americano, non siamo riuscite a trovare in prestito nemmeno un'opera di Gerhard Richter, anche se aveva già esposto a New York. L'acquisto di arte contemporanea in asta o per cifre di un certo peso specifico non veniva neanche preso in considerazione.

Quanto costava, allora, un'opera di Cindy Sherman, James Welling o Sherrie Levine?
C'era un entusiasmo diffuso per le opere degli artisti della generazione delle immagini, ma in termini di vendite la forbice era piuttosto aperta. Il primo ostacolo era dato da tecnica e supporto, superato inizialmente solo dai nuovi collezionisti, perché le opere avevano un immaginario attraente e originale. I collezionisti più conservatori, inclusi i musei, non avevano familiarità con le stampe fotografiche e non erano interessati a tecniche estranee ai linguaggi dei loro dipartimenti di disegno o pittura. Quindi i prezzi dovevano essere bassi, anche per quel periodo storico. Prima di aprire Metro Pictures, Cindy Sherman vendeva i Film Stills a 50 $, per questo abbiamo deciso di stare su 150 $ in un primo momento. Non ricordo i prezzi di Welling, Prince e Levine, ma insomma si vendeva poco o nulla. Al contrario, i grandi disegni di Longo costavano 6.000 $, stessa cifra per i dipinti di Goldstein. L'attenzione critica, combinata a una solida base dal punto di vista teoretico e concettuale, ha fornito con il tempo la credibilità e il consenso necessari al mondo del collezionismo.

Una grande mostra antologica, The Pictures Generation, 1974-1984, è stata realizzata dal Metropolitan Museum of Art di New York nel 2009, quando il mercato era già ampliamente esploso. Il primo record in asta di Richard Prince è del 2004. A cosa attribuisce il merito di questo boom commerciale?
Il cambiamento è stato quasi impercettibile. Richard Prince era già tenuto in considerazione da colleghi e critici molto prima di raggiungere simili risultati di mercato, e gli artisti della generazione delle immagini che - come lui - avevano determinato una nuova prospettiva in arte, erano già stati invitati in contesti espositivi di alto profilo internazionale, come Documenta o la Biennale del Whitney. La mostra del Metropolitan arrivò quando l'influenza e l'importanza del loro lavoro era consolidata e il curatore, Douglas Eklund, propose una panoramica più ampia della scena post concettuale intorno cui gravitavano. Questo perché già all'alba degli anni 2000 era chiaro che il loro lavoro e l'apporto critico che avevano generato aveva prodotto un'influenza su tutti coloro che erano arrivati dopo.

La Pictures Generation è anche il primo e unico movimento nella storia dell'arte americana dove le donne hanno un ruolo più che centrale, direi dominante; ironia della sorte, questo movimento ha incontrato il successo commerciale attraverso Metro Pictures, società fondata da due galleriste. Non un caso, immagino?
No, infatti. Non potevamo ignorare un fatto così atipico: era la prima volta che le artiste avevano una visibilità e nessuno faceva niente per alimentarla, per quanto il contenuto fosse esplicitamente femminista, come nell'opera di Kruger o Sherman. Senza particolare sforzo da parte mia, le mostre ad Artists Space nella seconda metà degli anni '70 erano al 50% femminili, mentre soli due anni prima al Pomona College Museum of Art non c'era neanche una donna nel programma espositivo. Me ne accorsi tardi e con grande imbarazzo. Io e Janine stavamo assistendo a una rivoluzione generazionale: le artiste avevamo cambiato atteggiamento nei confronti del loro lavoro e nessun ruolo imposto dalla società avrebbe più avuto alcun effetto sulla loro volontà di andare avanti. Sono state la prima generazione di artiste a beneficiare dall'attivismo femminista degli anni '60 e '70. Nessuna sorpresa che il loro lavoro e quello dei colleghi uomini non abbia perseguito quella tradizione pittorica e scultorea che aveva storicamente escluso ogni apporto femminile. Certo i loro colleghi non hanno rinunciato immediatamente al machismo da “boys club”.

L'artista di maggiore successo, a livello di mercato, è Cindy Sherman, che Metro Pictures rappresenta dagli albori della sua carriera. Ve lo aspettavate? Come avete reagito?
Il successo di Sherman è stato improvviso, tanto per una giovane artista quanto per una figura ormai affermata. Di solito i record in asta sono considerati alla stregua di anomalie nella costruzione di una piattaforma di sostegno all'artista il più possibile ampia e solida. Nel caso delle fotografie più famose di Sherman, però, i record sono stati numerosi e i prezzi sarebbero stati simili anche nel caso di vendita a privato tramite il canale della galleria. Non adattiamo i nostri prezzi a quelli delle aste, ma ci sono stati degli aggiustamenti, dovuti anche a due fatti concomitanti: da una parte, l'entusiasmo mediatico e commerciale dovuto a mostre di rilievo internazionale; dall'altra la sempre minore disponibilità delle sue opere nel mercato.

L'appropriazione di immaginari pre-esistenti, strategia assai diffusa tra gli artisti della generazione delle immagini, ha rappresentato un problema dal punto di vista legale?
Generalmente gallerie e musei sono preparati in materia di proprietà intellettuale. Il rischio di incorrere in una violazione è tenuto in considerazione da artisti già in possesso di una certa visibilità internazionale, ed è pratica chiedere un permesso preventivo in caso di necessità. Tuttavia, con l'abbondanza di immagini disponibili e facili da scaricare online, il conflitto tra riproduzione e distribuzione aperta non è più un tema al centro del dibattito.

Qual è la sua visione sul futuro della generazione delle immagini?
Gli artisti di quella generazione e lo scollamento che hanno provocato in arte, da un approccio formale a uno più speculativo (“from form to forum” ndr), hanno un posto sicuro nella storia. Fino a poco tempo le idee che avevano formulato sono state accolte dalle generazioni successive, tanto come un riferimento che come una base per muoversi verso nuovi territori, sempre più complessi. L'arte che sta emergendo adesso, invece, sembra rompere con questa linea e operare al di fuori di un dialogo esplicito con il passato. È finalmente il prodotto di esperienze altre.

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