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Firenze, alla Biennale la riforma di Apollo 2 si prenota sul Ddl Cultura

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Firenze, alla Biennale la riforma di Apollo 2 si prenota sul Ddl Cultura

  • –di Marina Mojana

La giornata clou della XXIX edizione di Biaf – Biennale Internazionale dell'Antiquariato di Firenze – (26 settembre - 4 ottobre) è stata venerdì 2 ottobre. Al mattino, infatti, si svolgeva un importante incontro sul tema “Il mercato d'arte in Italia, risorsa non sfruttata. Un progetto di riforma”, mentre al pomeriggio arrivava in visita il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, tallonato dall'inizio alla fine del percorso tra gli 88 stand dal sindaco di Firenze Dario Nardella, dal segretario generale di Biaf Fabrizio Moretti e dal presidente dell'Associazione Antiquari d'Italia Carlo Orsi. Ma procediamo con ordine.

Con un ritardo di oltre venti minuti sul ruolino di marcia per aspettare uno dei relatori, il critico d'arte Philippe Daverio (arriva sempre in ritardo perché è un generoso e per strada saluta tutti quelli che lo fermano) prende il via l'incontro tanto atteso sul progetto di riforma del mercato dell'arte in Italia (se ne discute da 25 anni): un settore d'impresa non sfruttato nella sua potenzialità. In una sala superaffollata si notano, tra gli altri Sonia Farsetti presidente Anca (Associazione nazionale Case d'Aste) e Pietro De Bernardi, ad della fiorentina Pandolfini. A fare da moderatore lo storico dell'arte Leonardo Piccinini; sul banco dei relatori, con Daverio anche l'avvocato Giuseppe Calabi, esperto di diritto dell'arte e senior dello Studio CBM & Partners di Milano e la giornalista inglese Anna Somers Cocks, direttore esecutivo di The Art Newspaper.

Promosso dall'Associazione degli Antiquari e dei Galleristi d'Arte Moderna e Contemporanea d'Italia, l'incontro viene introdotto da un saluto di Carlo Orsi (AAI) e di Annamaria Gambuzzi (ANGAMC), che spiegano il senso e l'urgenza di questa cordata di operatori del mercato in Italia – case d'asta comprese. Loro portavoce è l'avvocato Calabi, che entra subito nel vivo della questione sintetizzando in quattro punti il progetto di riforma “Apollo 2”, presentato un anno fa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai consiglieri e collaboratori del ministro Franceschini.

«È una riforma moderata, per nulla eversiva – anticipa Calabi – e dopo un anno di dialogo con i rappresentanti del MiBACT i punti principali sono ormai condivisi. La nostra proposta di riforma sarà inserita nel futuro Disegno di legge governativo sulla cultura (Ddl Cultura) che a breve dovrebbe essere presentato in Parlamento».

I punti sono:
1) L'introduzione anche in Italia delle soglie di valore previste dal Regolamento (CE) n. 116/2009 sia per le esportazioni fuori dal territorio Ue che all'interno del territorio europeo. Finora l'Italia non ha recepito la direttiva che consentirebbe l'uscita, sulla base di una semplice autocertificazione, di dipinti fino ad un valore di 150.000 € e di libri e sculture fino ad un valore di 50.000 €.
2) Innalzare la soglia temporale di rilevanza - al fine della tutela - da 50 anni a 100 anni dalla data della creazione dell'opera.
3) Velocizzare i termini per l'accoglimento o il diniego della richiesta di esportazione e dell'acquisto coattivo, quale onere dello Stato in caso di diniego all'esportazione. Attualmente lo Stato ha 40 giorni di tempo (raramente rispettati) per esprimersi; con la riforma si chiede, invece, l'introduzione di un termine perentorio. Su questo punto, però, Calabri ha trovato scarsa condivisione con i rappresentanti delle istituzioni.
4) Riformare la circolare del 1974 rivedendone i criteri sia per i permessi all'esportazione che per la notifica, attualmente affidata alla discrezionalità e all'arbitrio dei singoli funzionari. Quarant'anni fa la circolare fu emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione; oggi esiste il MiBACT e ad esso si chiedono criteri più oggettivi, affidabili e credibili, da applicare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

«Si prenda ad esempio la Gran Bretagna – gli fa eco Anna Somers Cocks –. Nel mio Paese, fin dal 1950, un'opera d'arte non può espatriare se risponde ad almeno uno di questi tre criteri: 1) è un'opera importantissima per la storia nazionale; 2) è importantissima per lo studio di quel settore; 3) è di notevole qualità e importanza artistica. Attualmente in Gran Bretagna sono soltanto quattro le opere sospese dal diritto di esportazione e nella commissione che dovrà decidere il da farsi ci sono anche operatori del mercato». La direttrice di The Art Newspaper, inoltre, trova opportuno, in casi estremi, ricorrere alla Corte di Giustizia europea, come suggerisce anche l'art. 36 del Trattato sulla libera circolazione. Emblematico il caso, ancora da dirimere, della collezionista italiana che vorrebbe vendere il suo Salvador Dalì al Museo Dalì di Barcellona, ma non ha il permesso dei funzionari italiani. Come spiega Calabi «un'opera straniera non potrà più essere bloccata semplicemente perché si tratta di “un bell'oggetto” (parafrasando una nota sentenza del TAR Lazio (24 marzo 2011, n. 2659), ovvero perché assente nelle collezioni pubbliche italiane, ma dovrà essere individuato un legame di più stringente pertinenza con il patrimonio culturale italiano».

«In un mondo dove si spostano flussi impressionanti di migranti è assurdo non riuscire a fare viaggiare le opere d'arte» incalza Philippe Daverio, tuttavia il critico (che si definisce un antropologo culturale) è pessimista sul futuro del nostro mercato, soffocato da montagne di carte e di burocrazia e chiosa con una battuta di Ennio Flaiano «In Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco».

Nella foto: Biennale di Firenze - tavola rotonda Il mercato d'arte in Italia risorsa non sfruttata. Con Carlo Orsi, Philippe Daverio, Annamaria Gambuzzi, Leonardo Piccinini, Anna Somers Cocks, Giuseppe Calabi

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