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Mercato dell'arte

La scena artistica di Teheran si apre all'arte internazionale secondo la storica dell'arte Hannah Jacobi

  • –di Silvia Anna Barillà

Storica dell'arte tedesca di origini iraniane, Hannah Jacobi, attraverso diversi viaggi in Iran e lo studio della lingua farsi, si è immersa nella scena artistica di Teheran. Attualmente lavora alla Casa delle culture del mondo di Berlino (HKW) e ha in preparazione un libro sull'arte contemporanea iraniana.

Siamo a Teheran. Quali sono le gallerie da conoscere?
Tra le gallerie più attive dal punto di vista del mercato e che rappresentano gli artisti più importanti ci sono Assar Art Gallery, Aaran Gallery, Etemad Gallery e Aun Gallery. Alcune di queste partecipano alle fiere internazionali. Etemad ha sede anche a Dubai, che è un centro molto importante per il mercato dell'arte iraniana, anche in considerazione del fatto che vi abitano tanti iraniani espatriati.

Da Teheran si vende arte anche all'estero?
Il mercato è prevalentemente nazionale e di dimensioni limitate, ma abbastanza forte da sostenere una scena artistica vivace. Spesso gli iraniani, quando vengono invitati all'apertura di una mostra, si sentono in dovere di comprare un'opera. La mia impressione è che anche le piccole gallerie vendano bene.

Chi sono i collezionisti iraniani?
È difficile conoscerli. Sono molto riservati. Collezionare è considerata una cosa molto privata. In genere si parla poco di mercato, ma ultimamente si sta affermando il trend di considerare l'arte come un investimento.

Ci sono musei d'arte contemporanea?
C'è il Museo d'arte contemporanea di Teheran, TMOCA, www.tmoca.com ma ha un rapporto complicato con la scena dell'arte contemporanea di Teheran. Intorno alla fine degli anni ‘90 e l'inizio del 2000, quando l'arte contemporanea iraniana iniziava ad avere più visibilità anche a livello internazionale, il museo rappresentava una piattaforma per le nuove tendenze, come l'arte concettuale. Allora veniva mostrata anche la collezione (nudi a parte). Poi nel 2005 è arrivato Ahmadinejad e la situazione è cambiata perché il museo dipende dal ministero della cultura ed è strettamente connesso alla politica.

Spieghiamo meglio. Che cosa ha favorito lo sviluppo della scena tra la fine degli anni ‘90 e l'inizio 2000?
Dal 1997 al 2005 il presidente era Mohammad Khatami, che era un riformista. Il direttore del museo era Alireza Sami Azar. È stato lui a favorire la visibilità internazionale dell'arte iraniana con il sostegno della politica. Per esempio, era in contatto con le prime case d'asta che hanno battuto l'arte iraniana a Dubai nel 2006 da Christie's (ora è anche in contatto con Teheran Auction, la casa d'asta che da qualche anno tiene le aste a Teheran). È stato sotto la sua guida che l'Iran è tornato a Venezia nel 2003. In quel periodo le gallerie cominciavano ad essere molto attive: c'erano già Assar Art Gallery, e Azad Art Gallery, che era un luogo d'incontro importante per gli artisti. All'estero c'è stata un'importante mostra di arte iraniana al Barbican Centre di Londra nel 2001, curata dalla gallerista londinese Rose Issa, specializzata in arte del Medio Oriente, con artisti come Farhad Moshiri e Khosrow Hassanzadeh. Questo è stato l'inizio della scena artistica contemporanea in Iran.

E poi nel 2005 che cosa è cambiato con l'arrivo di Mahmoud Ahmadinejad?
Il museo ha interrotto le attività, almeno per quanto riguarda l'arte contemporanea per come la intendiamo a livello internazionale. Continuava ad esistere un'attività artistica, ma il livello qualitativo era piuttosto basso. C'è sempre stata una dicotomia tra l'arte ufficiale, statale, e quella privata, libera. Per un certo periodo, fino al 2005, c'è stata una collaborazione fra le istituzioni statali e le gallerie private, che poi si è nuovamente interrotta. Nel 2009 durante le proteste del Movimento Verde, artisti, galleriste e curatori hanno firmato una petizione in cui hanno dichiarato che non avrebbero più cooperato con il museo e le istituzioni statali. Fino ad ora.

Com'è la situazione adesso?
Ora sono soprattutto le gallerie a fungere da promotori della scena artistica contemporanea. Si considerano non solo luoghi commerciali, ma assumono anche un ruolo istituzionale. Fanno un lavoro molto importante ed eccezionale, ma in questo modo secondo alcuni viene promossa un'arte più orientata al mercato, un'arte chiamata anche, in modo dispregiativo, “neo-orientalista” o “arte del velo”, perché soddisfa il gusto dei collezionisti, soprattutto a Dubai, ma anche dei curatori internazionali. In realtà, spesso le gallerie si mantengono grazie al mercato secondario, dove vendono opere d'arte iraniana moderna e calligrafica. Ma è anche vero che si diffondono sempre di più nuovi linguaggi e forme espressive, come la performance art.

Si espone arte internazionale a Teheran?
Sì, dal 2012-2013 ci sono sempre più mostre di arte internazionale.

Dove?
Nelle gallerie, o in nuove istituzioni che nascono sul modello occidentale. Per esempio, una è Sazmanab, fondata da un giovane artista. Un'altra è Mohsen, una galleria che lavora già da un paio di anni e che ha come focus i nuovi mezzi espressivi e organizza anche incontri e conferenze. Entrambe organizzano anche residenze per artisti.

E c'è anche mercato per l'arte internazionale a Teheran?
Iniziano ad esporre l'arte internazionale, e anche più spesso si vedono performance e new media, però non c'è ancora così tanto mercato per queste forme d'arte.

E qual è il rapporto tra l'arte nata in Iran e quella nata nella diaspora?
L'arte della diaspora è stata, per lungo tempo, separata dalla scena artistica e dal mercato di Teheran (anche se chiaramente un'artista come Shirin Neshat era nota anche in Iran), ma il pubblico internazionale spesso ha fatto confusione su questo punto. Inoltre, prima erano solo gli artisti di Teheran che arrivavano sulla scena internazionale, e non accadeva il contrario. Ora invece si vedono sempre di più artisti della diaspora che arrivano sulla scena iraniana, per esempio Shahram Entekhabi che ha avviato la sua carriera in Germania, e che adesso viene rappresentato da Aaran Gallerya Teheran, o Ghazel, un'artista iraniana a Parigi, che ora è rappresentata a Teheran da Azad Art Gallery. Anche altri artisti che hanno iniziato a Teheran ma poi sono emigrati, mantengono la loro galleria e Teheran, come Simin Keramati da Etemad.

Quali sono oggi gli artisti emergenti di Teheran più interessanti?
Ce ne sono tanti. Quelli che seguo, ancora giovani ma già con visibilità sia in Iran, che a livello internazionale, sono Nazgol Ansarinia, Ghazaleh Hedayat, Neda Razavipour, Jinoos Taghizadeh, Newsha Tavakolian, Barbad Golshiri, Mohammad Ghazali e Iman Afsarian.

Quali sono le fonti per informarsi sull'arte iraniana contemporanea?
Tra le riviste in farsi ci sono Herfeh Honarmand, Tandiz e c'era Art Tomorrow, in inglese e farsi, ma ha dovuto chiudere l'anno scorso. In inglese ci sono, per esempio, due riviste online, Tavoos e Underline Magazine, del British Council, per l'arte e cultura soprattutto a Teheran. Poi ci sono le riviste che riguardano l'arte del Medio Oriente in generale, come Bidoun e Canvas, e online REORIENT.

Ritorniamo per un attimo alla storia, com'era la scena artistica prima e dopo la rivoluzione?
Negli anni ‘70 l'imperatrice Farah Diba ha fatto moltissimo per l'arte e la cultura moderna in Iran, per esempio ha fondato il TMOCA. www.tmoca.com Inoltre c'era uno scambio vivace con l'estero: molti artisti iraniani trascorrevano periodi all'estero, come Parviz Tanavoli a Roma e Charles Hossein Zenderoudi a Parigi con una borsa di studio del governo iraniano, e poi riportavano in patria le novità. A Teheran c'erano anche molti istituti di cultura stranieri. Una figura importante dell'epoca è stata Abby Weed Grey, una collezionista che ha favorito lo scambio tra gli artisti iraniani e americani.

E dopo la rivoluzione?
Dopo la rivoluzione del 1979 tanti artisti sono usciti di scena o sono emigrati; poi c'è stata la guerra tra Iran e Iraq tra il 1980-88. C'erano alcuni artisti che insegnavano nelle università, ma erano soprattutto attivi nei loro studi, dove sostenevano l'arte astratta, in opposizione a quella ufficiale, più figurativa, tesa alla propaganda e all'idealismo islamista. Queste lezioni private presso gli studi degli artisti rimasti in Iran sono state molto importanti per rilanciare la scena dell'arte contemporanea all'inizio degli anni ‘90. Tuttora le lezioni private sono una parte importantissima della formazione di un artista. Anche all'epoca c'erano un paio di gallerie come la Golestan Gallery, fondata da Lili Golestan alla fine degli anni ‘80, e la galleria Seyhoun, fondata già nel 1966.

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