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La fiera 1:54 porta in primo piano l'arte africana, grande successo…

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Mercato dell'arte

La fiera 1:54 porta in primo piano l'arte africana, grande successo di vendite

  • –di Riccarda Mandrini

Il titolo è una sorta di codice numerico, 1:54 e, per esteso significa 1 paese, 54 stati. Il riferimento è alla fiera d'arte africana, svoltasi a Londra in parallelo con Frieze che ha chiuso la sua terza edizione domenica 18 ottobre. Nata nel 2013 grazie alla caparbia volontà di Touria El Glaoui (figlia del noto artista marocchino Hassan El Glaoui), 1:54 è diventata il punto di riferimento per l'arte africana contemporanea in Occidente.

“L'Africa è un paese che conosco bene. Nei miei viaggi d'affari ho avuto modo di rendermi conto della fertilità artistica del continente”. Riferisce El Glaoui “l'arte moderna e contemporanea africana però è pochissimo rappresentata sia internazionalmente sia nell' Africa stessa. In Africa mancano le infrastrutture, non vi è la minima traccia di un sistema dell'arte, di conseguenza le relazioni tra gli artisti e le gallerie internazionali sono sporadiche. In molti casi, inoltre, i paesi Occidentali hanno ancora un rapporto difficile con la cultura africana contemporanea.

Quello di cui c'era bisogno era qualcuno che avesse la volontà di raccogliere e mettere insieme le diverse istanze, quelle culturali e del mercato. Mi sono detta, perché non provarci, anche se quando ho iniziato non avevo alcun legame con l'art system”.

In primis è partita dalla ricerca di quello che già esisteva. Poi ha creato un comitato di esperti capace di indicare la giusta direzione. “L'idea della fiera d'arte africana – prosegue - raccolse immediatamente molti consensi. La parte più impegnativa era e resta quella di trovare lo sponsor. Per la prima edizione abbiamo avuto la BMCE (Banque Marocaine du Commerce Exterieur), mentre il secondo anno abbiamo goduto del supporto offerto dall'imprenditore e collezionista Sindica Dokolo. Quest'anno ne abbiamo diversi, ma niente è mai scontato. Nel 2015 abbiamo organizzato la prima edizione a New York.

Stiamo crescendo” aggiunge El Glaoui. Riguardo le gallerie africane “anche quest'anno, come nelle edizioni precedenti, ne abbiamo invitato diverse; non solo per farle partecipare, ma anche per insegnare loro cosa significa essere parte di una fiera d'arte internazionale. Abbiamo notato che, già nel giro di tre edizioni, alcune gallerie sono riuscite a partecipare senza essere invitate. E' un successo per tutti, significa che in fiera hanno sviluppato contatti internazionali che gli hanno permesso di crescere. Quest'anno abbiamo invitato cinque gallerie africane e, con le nostre risorse, siamo riuscite a portare qui l'arazzo di El Anatsui (già Leone d'Oro della Biennale di Venezia 2015) come prestito di Basmoca, la fondazione della collezionista saudita Basma Al Sulaiman”.

1:54 si tenuta come sempre a Sormeset House una nobile dimora cinquecentesca, con grande cortile interno dove nelle stanze delle diverse ‘wings' del palazzo hanno trovato posto le gallerie. Se il pubblico si è concentrato soprattutto nelle due giornate del fine settimana, le vendite, al contrario, sono cominciate già dalla sera dell'opening di mercoledì 14 ottobre.

Primo Marella, per la terza volta in fiera, ha riallestito tre volte lo stand. Tra gli artisti proposti Abdullayé Konaté (Mali, 1953), maestro riconosciuto nell'uso del medium tessile, di cui Marella ha venduto un arazzo (con scultura) della serie dei “Gris-Gris Blancs” allo Smithsonian Institution per 38mila £. Ceduti subito sempre la sera dell'opening i lavori su carta di Nidal Chamekh (Tunisia 1985) e Massinissa Selmani (Algeria 1980). Autori giovani, nei cui curricula è indicata la partecipazione alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Lione. Il range di prezzo delle loro opere varia dai 3.500 € ai 15mila €. Il lavoro di Selmani è stato acquisito dalla fondatrice della Biennale di Marrakesh.

Terzo anno a 1:54 anche per la galleria Apalazzo di Brescia, “perfettamente integrata nel mood della fiera”, che quest'anno, oltre al già noto Edson Chagas (Angola, 1977) premiato nel 2013 con un Leone d'Oro alla Biennale di Venezia per la miglior partecipazione nazionale, ha portato Sonya Boyce (Londra 1962), artista di origine afro caraibica e Ibrahim Mahama (Ghana 1987), entrambi presenti con i loro lavori alla Biennale di Venezia. Mahama è noto al pubblico per avere realizzato una delle l'installazioni più grandi nella storia della Biennale. L'artista ha infatti rivestito l'intero passaggio che affianca le Corderie con sacchi di tela (‘Out of Bound'), un frame dello stesso lavoro è stato proposto in fiera. Ceduti diversi lavori, tra cui quello di Chagas per un range attorno ai 6mila € e un'opera di Mahama per 20mila €.

I collezionisti, americani ed europei
Alla nostra domanda, chi sono i maggiori collezionisti d'arte africana, i galleristi ci hanno risposto convinti, soprattutto europei, francesi e belgi e americani. L'interesse dei collezionisti del Regno Unito per l'arte africana è ancora in una fase preliminare. Ampio, invece, il riscontro con le istituzioni e fondazioni private internazionali, i cui direttori e curatori erano in gran numero presenti in fiera.

Ritorno in fiera anche per Art Twenty One affermata galleria di Lagos (Nigeria), già presente nell'edizione di New York dello scorso maggio. Tra gli artisti proposti Demola Ogunajo (Nigeria 1973) autore che non ha mai esposto al di fuori della Nigeria; quindi l'affermato maestro nigeriano della scultura Olu Amoda (Nigeria 1959). Tra i lavori più noti di Amoda le serie dei ‘Sunflowers', opere realizzate con materiali di riciclo di uso quotidiano. Range di prezzi da 2.500 £ per le sculture di piccole dimensioni a 16.500 £ per le opere grandi. Amoda nel 2014 è stato insignito del premio Leopold Senghor alla Biennale di Dakar , le sue opere sono parte della collezione personale dell'artista El Anatsui.

Terzo anno a 1:54 anche per Cécile Fakhoury di Abidijan in Costa d'Avorio. “Per noi la fiera è un punto di riferimento importante. Ci ha permesso di creare moltissimi contatti e promuovere gli artisti della Costa d'Avorio. Il mercato dell'arte ad Abidijan ricomincia a muoversi. Abidijan, prima della guerra degli anni ‘90, aveva un proprio mercato dell'arte e oggi sta riprendendo. Le gallerie ricominciano ad aprire, gli artisti che vivevano all'estero ritorno in Costa d'Avorio. Possiamo anche contare sull'ottimo lavoro svolto dalla Fondation Donwahi. “I collezionisti locali ricominciano ad essere motivati e sostengono gli artisti africani” spiega la gallerista “come galleria noi vendiamo soprattutto all'estero, ma sono molto fiduciosa, credo che il mercato locale nel giro di qualche anno comincerà a trovare una propria struttura e una propria solidità” conclude. Tra gli artisti proposti da Fakhoury, molto l'interesse per le opere di Jams R. Koko Bi (Costa d'Avorio 1966), autore che ha rappresentato il padiglione della Costa d'Avorio alla Biennale di Venezia. Le sue opere hanno range di prezzi compreso tra le 3mila € per le piccole sculture e i 40mila € per le grandi installazioni.

Successo anche per la galleria londinese Vigo Gallery. Diverse opere sono state opzionate già la sera dell'opening, tra questi il lavoro di Zac Ové nato a Londra, classe 1966, ma di origini caraibiche. L'artista è noto al pubblico per via della installazione scultorea ‘Moko Jumbie' commissionata ed esposta al British Museum. Il prezzo della serie dei ‘Moko Jumbie' ha raggiunto i 40mila £.

Il direttore Toby Clarke ha confermato il successo, atteso, per le tele del maestro moderno sudanese Ibrahim El Salahi (Sudan 1930). Venduto un suo dipinto per 190mila £. Nel 2012 la Tate ha proposto una doppia personale dedicata a due artisti africani, Ibrahim El Salahi e Meschac Gaba (in fiera nello stand della galleria in Situ/ Fabienne Leclerc.
Positivo il giudizio di Selma Feriani, per la seconda volta in fiera. La gallerista di Tunisi ha scelto di presentare solo artisti tunisini e algerini. Accolta molto bene dal pubblico l'installazione della serie dei ‘Carnet de voyage – Memoires à toucher' un'opera da parete dove la giovane artista Lina Ben Rejab (Tunisia 1985) ha lavorato su un duplice media fondendo scultura e pittura. Per il ‘Carnet' il prezzo era di 7.500 £.

Venduti anche diversi disegni della serie delle ‘commodities' di Nidhal Chamekh (Tunisia 1985), con quotazione 2.500 £ l'uno. Molto l'attenzione per il lavoro di Yazid Oulab (Algeria 1958) già forte del successo della retrospettiva alla Frac di Marsiglia. L'opera di Oulab in mostra era titolata ‘Clou', un grande chiodo in metallo lucido di 200 x 40 cm attraverso il quale l'artista ha creato una connessione con la sua cultura araba. “In arabo, la parola ‘alif'”, chiarisce Feriani “contiene il simbolo di un chiodo e, al tempo stesso corrisponde alla prima lettera dell'alfabeto arabo. ‘Il chiodo' è anche il simbolo e l'elemento primario della scrittura arcaica, dove per incidere le lettere veniva usato un sottilissimo chiodo”. Il prezzo di ‘Clou' è 12mila €.

Da In situ – Fabienne Leclerc bene le vendite già in apertura di fiera. Molto l'interesse per la serie ‘Tresses', di Meschac Gaba (Cotonu, Benin 1961) opere scultoree realizzate seguendo il modello acconciature tradizionali africane: richiesti 20mila €.

Jerome Poggi, gallerista di Parigi ha voluto dedicare l'intero stand a Kapwani Kiwang (Canada 1978), l'artista di origini africane, che Poggi presenta anche a Fiac e indicata come focus dello special project per la prossima edizione di Armory Show. Jerome Poggi ha scelto 1:54 per introdurre la serie ‘Flowers for Africa', lavoro in progress composto solo da bouquet di fiori. “Si tratta di una serie di opere scultoree dove i protagonisti sono i fiori. Ogni bouquet corrisponde a un paese africano ed è legato alla sua indipendenza” spiega Poggi. “Si tratta di lavoro concettuale e vivo al tempo stesso, perché i fiori sono veri e appassiscono. Il bouquet che presentiamo a 1:54 è legato al Mozambico ed è stato ricreato sul modello del bouquet che c'era sulla tavola durante i negoziati tra le autorità del Mozambico e i portoghesi” spiega il gallerista. Kiwang da tempo, infatti, porta avanti una ricerca negli archivi storici e, dalle foto dell'epoca, ha ricavato alcuni elementi per ‘Flowers for Africa'. Il range di prezzo per le opere dell'artista varia dai 3mila ai 10mila €. Sette invece, il numero delle opere vendute dal gallerista in fiera.

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